Quegli “Spazi di movimento” che ci accompagnano verso la bellezza: la mostra di Iris Devasini e Chiara Galliano al Golf Club Margara di Fubine.

È ormai trascorsa circa una quindicina di giorni, da quando sono stato al Margara di Fubine per le tre giornate di Arte, Letteratura, Musica…e Golf, dall’intrigante titolo Margara racconta il Monferrato. E se era bello il titolo, forse lo era ancor di più il sottotitolo: Festival di promozione della Letteratura e delle Arti con il Monferrato al centro. Manifestazione, anno primo, voluta ed organizzata da Gian Marco Griffi, che io ho conosciuto in quanto creatore di quello straordinario romanzo che è Ferrovie del Messico, ma che è, incidentalmente, anche il Direttore dello stesso Golf Club Margara. Per chi fosse interessato, può trovare la mia cronaca del primo giorno al Margara al link https://www.alessandria24.com/2023/06/06/vivere-una-giornata-di-letteratura-ed-arte-in-unoasi-di-bellezza-al-golf-club-margara-di-fubine-per-imparare-il-monferrato/.

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In quell’articolo, più che analizzare, accennavo alla mostra d’arte, allestita da due Artiste del Monferrato, Iris Devasini e Chiara Galliano, negli spazi interni ed esterni nel Margara, dal suggestivo titolo Spatia Motus (mi vien da tradurlo spazi di movimento). In quel primo giorno ho evitato approfondimenti, ma contavo di tornare il giorno dopo. E così ho fatto: sono tornato al Margara, ho ascoltato le due artiste parlare, anche con profonda commozione, del loro lavoro, ho parlato con loro, le ho osservate ed ascoltate, ho scrutato con attenzione e quindi ammirato tanto le loro opere personali che le installazioni realizzate a quattro mani…e mi sono piaciute molto, tanto le opere quanto le artiste. Così, anche se ormai la mostra al Margara, della vita intensa ma purtroppo effimera, è conclusa da diversi giorni, ve ne voglio lo stesso parlare, di queste artiste e di questa mostra, semplicemente perché reputo importante parlarvene, anche a qualche giorno di distanza, per la grande bellezza che l’ha pervasa. Con un piccolo sogno personale: che si possa proporre la loro creatività, tanto singola che insieme, negli spazi della Casa dell’Artista di Portacomaro. Se è solo un sogno oppure qualcosa di realizzabile, sarà il tempo poi a dirlo.

Però vorrei per prima cosa parlarvi delle due artiste, dalle loro caratteristiche personali. anche perché sono fra loro diversissime. Visto che io, mea culpa, non conoscevo le loro diverse peculiarità, confesso che, prima di vedere la mostra, avevo la fallace idea che le due protagoniste della stessa fossero orientate ad operare con finalità e tecniche similari, e quindi avessero semplicemente presentato una mostra in due…devo dire che mi sbagliavo completamente…beh, per mia fortuna e per quella di tutti coloro che hanno potuto ammirarla, la mostra. Lasciate che vi parli, allora, della loro intensa e coinvolgente poetica, estremamente personale ed enormemente diversa l’una dall’altra, che – e questo è un po’ il miracolo dell’Arte – Iris e Chiara cono riuscite, più che ad unire semplicemente, a far interagire fra loro, con maestria straordinaria, suscitando in me che le ho ammirate, le loro opere, intensa emozione e altrettanta ammirazione.

Lasciate che vi parli di Chiara Galliano, allora, del suo progetto che si chiama Inside Beauty. Lo vogliamo tradurre come La bellezza dentro? Oppure Dentro la bellezza? O magari La bellezza interiore? Io per me lo declino in tutti e tre i modi. Perché anche nella pluralità di significati sta la creatività di Chiara. E allora, come ci ha narrato lei stessa, andiamola a cercare, la bellezza dentro, quella che ci circonda, fra le colline in fiore del Monferrato, sua – nostra – terra dell’anima, mettiamoci a guardare dal punto di vista di un’ape, di una libellula, apriamo allora i nostri minuscoli occhi…

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Ed eccola lì, la Bellezza dentro: di un fiore, e poi di un altro fiore, e poi ancora…in una vertigine inebriante di colori che di solito non riusciamo a vedere, non così…con ciascuno la sua propria luminosità fatta di infinite sfumature… Ed ecco allora che le sue foto appaiono come opere astratte, ma in realtà la sua macrofotografia cerca la realtà…solo che è una realtà che di solito sfugge ai nostri sensi…Chiara ce la dispiega nelle sue opere, e al Margara la racconta con un suo modo di fare e di parlare sommesso, delicatissimo, come i suoi scatti…che esprimono una fantasmagoria cromatica che avvolge in una calda ed accogliente bellezza…Fantastico…

Ora che vi ho descritto la raffinata e profonda poetica di Chiara, lasciate che vi parli dell’Arte di Iris Devasini. Che è incredibilmente diversa da quella di Chiara Galliano, eppure altrettanto interessante, altrettanto intrigante. Anche perché la sua creatività si incanala in due direzioni tra loro distinte ed apparentemente tra loro distanti: perché dal punto di vista figurativo Iris è un’artista convintamente ed ardentemente materica. Conversando con lei, le ho accennato, come sua ispirazione, all’arte del grande Burri: le si sono accesi gli occhi e me ne ha parlato in modo decisamente entusiastico. Del resto, basta leggere le prime strofe di una poesia che Iris ha dedicato a Burri, per capirne la fascinazione: Morirò qui, / dentro le crepe / dei tuoi labirintici spazi, / in un susseguirsi di passi / nei sentieri di materia vivente. Io ho trovato le sue opere esposte a Fubine davvero molto suggestive, costruite spesso in un chiaroscuro potente e drammatico, ma non necessariamente doloroso. Nella foto sotto osservate il suo Attraverso il bosco, in tecnica mista legno, zinco e rame. Qui Iris si rifà al concetto, ben saldo nella cultura nipponica, dello Shinrin-Yoku: l’arte di camminare in un bosco senza fretta, lasciandosi guidare solo dagli odori e colori della natura. Ma Iris è anche una poetessa, che sa esprimere anche in quel linguaggio notevoli emozioni e sentimenti.

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Essendo poi sinceramente appassionata del Giappone e della sua civiltà, così diversa dalla nostra, ma nella quale possiamo, Iris ne è convinta, specchiarci e confrontarci con gioia, si esprime anche nella particolare forma poetica dell’Haiku. Gli Haiku sono brevi ma intensi componimenti composti da tre soli versi, autoconclusivi, che derivano dal mondo dello Zen…ma una disamina di tutto ciò ci porterebbe troppo lontano, per cui fermiamoci qui…ma vi invito ad ammirare l’opera sottostante, L’opposto riflesso, in tecnica mista legno, acciaio e polveri, espressione della possibilità di unire mondi lontani, come il nostro e quello giapponese…o come quelli di Chiara e Iris…

Ma quello di cui è necessario parlare è il piccolo miracolo artistico che deriva dall’unione, dal confronto, dalla sinergia (insomma, chiamatela come volete, il senso è quello) delle loro due personalità. Già due modi di fare l’Arte così apparentemente distanti che invece raggiungono, nelle tre installazioni proposte in questa mostra, risultati davvero notevolissimi. C’è stato un momento, bello e commovente, nel pomeriggio del secondo giorno di mostra, che ora vi narro per farvi capire meglio quanto Iris e Chiara si siano sentite unite in questo loro lavoro congiunto…un momento lontano dai discorsi e dalle ufficialità, un momento rubato dal mio occhio di cronista…intanto dovete sapere che quel pomeriggio, mentre parlavo con Iris della sua poetica, di Burri, di molto altro, mi è caduta una prima goccia d’acqua sulla mano…seguita de un incredibile nubifragio…quindi dopo aver coperto con un telo l’installazione, tutti dentro, in una autunnale penombra, a parlare con loro, e con Piergiorgio Panelli, artista e critico d’Arte, con cui  è subito nato un dialogo di notevole empatia, parlando appunto d’Arte e bellezza e della bravura di Chiara e Iris. Ad un certo momento, mentre nessuno le guardava, le due artiste si sono avvicinate l’una all’altra e….si sono abbracciate, gli sguardi pieni di commozione…un attimo sospeso nel temporale, un attimo di immensa tenerezza…le ho fotografate, ma non inserirò quella foto nell’articolo, perché appartiene solo a loro, e basta.  Ma credo sia la più bella metafora di quella loro collaborazione, di quel loro fare arte insieme.

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E allora parliamone, di queste loro splendide installazioni. Inizio volutamente da quella nel salone del Golf Club, Germogli d’umanità, perché penso che sia l’opera che più icasticamente abbia saputo esprimere la loro poetica, così come da trasformarsi plasticamente da creatività personale a lavoro di insieme. Intanto il colore preponderante dell’opera tutta è quello del rame, che è simbolo di femminilità. E allora su una lunga passatoia nera primo viene il germoglio, un alberello di rame, germoglio di un’umanità in nuce…che ancora ha molta strada da percorrere…poi vengono le foto di Chiara, che costruiscono, nell’entrare, appunto Inside beauty, dentro la bellezza, un percorso macrofotografico che è anche trasmutazione del timbro coloristico fra i colori più tenui all’inizio del percorso a quelli densi e quasi corruschi della fine, quando da germoglio.

Sino a che il germoglio iniziale diventa una splendida rosa (in rame?, dalla quale ha generazione una danzatrice che a sua volta ha al guinzaglio una libellula, simbolo sia della forza e del coraggio femminile nell’affrontare le curve dell’esistenza, sia, come Iris ci ha spiegato, dell’amato Giappone. Il rispecchiarsi, dunque, di bellezza e femminilità, che si generano e crescono insieme…Ma non è finita, perché sopra a tutto sboccia anche…la Poesia, ovvero la composizione di Iris, che vi trascrivo interamente: Germogli fecondi d’umanità / Sbocciano attimi di bellezza. / C’è ancora / una rara speranza / che attende mani. E come non far affiorare alla mente la dostoevskiana frase La bellezza salverà il mondo?

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Le altre due installazioni sono in esterno. La prima è proprio quella che ha inaugurato la manifestazione, in un luogo en plein air che loro, al Margara, chiamano la Bouvette percorso la Guazzetta, ma che per me, che non conosco modi e luoghi del Margara, è semplicemente un laghetto fra gli alberi, spazio rilassante che dona serenità. In questo luogo Chiara e Iris hanno portato la loro poetica. Che è ancora una volta e ancora di più, la bellezza: Custode della tua bellezza è infatti il titolo di un’opera che vuole armonizzare Arte e Natura. Un grande occhio in lamiera, che intreccia l’albero e dall’albero viene abbracciato, dai colori freddi: occhio primordiale di una natura che diventa umanità, o dove la natura si specchia, dal quale escono delle coloratissime farfalle. E qui davvero chiedersi cosa sia di Iris e cosa di Chiara è certo scontato, ma soprattutto insensato: è sic et simpliciter di entrambe, quest’opera riuscitissima.

Infine, last but not least, l’installazione sulla terrazza del Margara. Apoteosi, a mio avviso, del loro straordinario lavoro di insieme. Su un parallelepipedo nero, una figurina color del rame, china su sé stessa…i tratti abbozzati…una creatura incompiuta…ma dotata di due splendide ali, non ripiegate ma puntate verso l’altro…la creatura è circondata da una sorta di nido in fil di ferro, parte prigione, parte protezione…come tutti i nidi, forse. Intorno a questa struttura, le foto di Chiara, foto a terra che hanno fotografato il cielo, chiaro, bellissimo, accogliente…ma mischiati a queste foto, frammenti di uno specchio che lo riflettono quel cielo, ma a fatica, a frammenti, appunto. È un tempo sospeso, fra cielo e terra. Osservo la creatura alata, mi chiedo se saprà staccarsi da quel nido che la rinchiude e la protegge, raggiungere nel volo quella via di mezzo fra terra e cielo che possa consentirle di ricostruire, dalla giusta altezza, quel cielo che da terra si vede solo a frammenti…sto interpretando troppo? Forse.

Ma oltre ogni mia interpretazione, più o meno peregrina, resterà in me la fascinazione per l’opera di due artiste che ho avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare, nell’incantevole spazio del Margara, tanto nelle loro notevoli individualità quanto nelle loro bellissime istallazioni a quattro mani.

 

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