L’ombra della Spagna che dominava Alessandria nel romanzo storico di Simonetta Gorsegno e Gianni Cellè.

Eh sì, stavolta mi han proprio messo in mezzo…letteralmente, perchè alla presentazione del romanzo storico di Simonetta Gorsegno e Gianni Cellè, “La Capitagna e il Glifo“, da poco uscito per i tipi di Sisifo Edizioni (ma se il titolo è assai oscuro, il sottotitolo meglio ci spiega che siamo ad Alessandria, Anno Domini 1589), io stavo proprio in mezzo a loro, a fare da moderatore, a fare le domande, a cercare di trovare il giusto equilibrio fra quello che del romanzo si poteva dire e quello che invece conveniva tacere, per non svelare troppo. Una bella responsabilità, no? Me lo aveva chiesto Simonetta, qualche mese fa, con il suo ineffabile sorriso che sembrava dirmi: “Ti ho messo in trappola e non puoi tirati indietro!“.

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E allora eccoci al Museo della Gambarina, che ci ha così gentilmente ospitati, alle 17 di sabato 17 settembre (e per chi fosse superstizioso, è tutto dire) a parlare, davanti ad un pubblico davvero numeroso, attento, partecipe, di questo particolare romanzo: particolare perché è un romanzo avventuroso e movimentato, fra amori sbagliati e fughe precipitose, che quindi ci racconta una storia, con la “s” minuscola, fatta di vicende di persone che faticano, lottano, amano, subiscono la violenza del potere e cercano salvezza, come capita  anche oggi, no? Come è sempre capitato. Ma ci narra tutto questo dentro una grande costruzione, che è la Storia, con la “S” maiuscola, perchè questo libro è anche una finestra aperta sulla Storia di Alessandria dell’anno 1589, anno di dominazione spagnola e di tribolazioni del popolo alessandrino.

Eh si, perchè molti non lo sanno o non lo ricordano (me compreso), ma per ben 170 anni circa, Alessandria subì la dominazione spagnola, la stessa del Ducato di Milano (intorno alle fortune del quale ruotavano anche le fortune di Alessandria). Ed era una vera e propria depredazione, fatta di angherie, elevatissima tassazione, controlli puntigliosi e continui da parte dei “Giudici”: c’era quello delle strade, quello delle vettovaglie e così via. Erano in sostanza degli occhiuti ed implacabili strumenti del potere spagnolo che tutto dominava. Vi propongo alla lettura un breve inciso dall’introduzione, che bene chiarisce, in poche parole, la situazione: “la storia di Alessandria, in questo particolare momento storico è quella che più o meno vissero tutte le città d’Italia cadute sotto la dominazione spagnola, storia più triste che lieta, di decadenza più che di progresso.” Pensate, ad esempio, in merito al metodo spagnolo: alla costruzione delle fortificazioni cittadine erano obbligati a partecipare, economicamente e con maestranze, anche i paesi intorno, come Felizzano, Oviglio etc., ma che poi rimanevano del tutto indifesi FUORI dalle mura, quindi il danno e la beffa, no?

Ed è proprio questa la cornice storica, assolutamente rigorosa e realistica, che l’Architetto e ricercatore storico Gianni Cellè (che è una persona straordinariamente appassionata della sua attività di storico) ha proposto come base di lavoro a Simonetta Gorsegno, per il loro romanzo. I due hanno avuto l’idea di un’intrigante invenzione narrativa: il ritrovamento di un antico baule con una serie di carte e lettere, che formano una sorta di diario narrante di accadimenti del 1589. In realtà l’idea originaria nasce da un avvenimento archeologico reale e concreto: nel 1986 in Piazza Libertà, di fronte a Via dei Martiri, durante i lavori di scavo della rete idrica, tornò alla luce una vera e propria galleria realizzata in mattoni di notevoli dimensioni, almeno due metri di larghezza e altrettanto in altezza. Forse i resti di una rete di antichi canali sotterranei. E la vicenda a questo punto passa dalla Storia al Romanzo, basandosi sull’invenzione del ritrovamento di “Lettere il cui contenuto descriveva intrighi di corte, ricatti e ritorsioni, compromessi non troppo limpidi, un tasso di mortalità di molti ecclesiastici che sale a livelli preoccupanti. Altre missive raccontavano di rocamboleschi inseguimenti attraverso pertugi e camminamenti sotterranei che collegavano i vari monasteri e palazzi nobiliari.”

E credetemi, visto che io l’ho letto (e anche riletto, in vista di questa presentazione), il romanzo, vi posso confermare che il tutto è davvero estremamente efficace, e funziona! Perché il lettore si trova sì in mano un romanzo d’avventura, che si legge d’un fiato, denso di colpi di scena e di suspence, ma anche un testo dove, come in filigrana, si compongono vicende e panorami di un’Alessandria lontana nel tempo, ma che fa parte del vissuto della città. E sarà un po’ automatico, per tutti voi che avrete il piacere di leggere il romanzo, fare confronti fra quel modo di vivere e quello che invece viviamo quotidianamente noi. Eh sì, all’inizio della mia presentazione, ieri, ho citato Kipling (quello del Libro della Giungla, si) che ha scritto: “Se la storia fosse stata insegnata sotto forma di racconto, non sarebbe stata mai dimenticata“. Così accade con questo romanzo, che forse possiamo definire come un’avventurosa immersione nella Storia di una dominazione. Trascinante, indimenticabile.

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E adesso concludo con alcune curiosità, una senza risposta, l’altra invece con una risposta piena di entusiasmo. La prima è il titolo. Quando ieri ho chiesto a Simonetta di svelarcene il senso, lei, con il suo ineffabile sorriso che ho citato l’inizio di questo articolo, ha semplicemente detto: “Non intendo svelarlo, perchè dovrei spiegare troppe cose della vicenda, quindi solo chi leggerà il libro ne comprenderà il significato“…e amen. Invece alla mia richiesta se, visto che il finale del romanzo è decisamente molto “aperto”, i due scrittori intendessero proporre un seguito al tutto, la risposta è stata entusiasticamente confermativa, soprattutto da parte di Gianni Cellè, che entusiasta lo è di temperamento, direi, mentre Simonetta a dire il vero aveva uno sguardo molto più perplesso…ma l’idea che mi sono fatto è che lo faranno, questo secondo romanzo ambientato in questa strana Spagna alessandrina…e non vedo l’ora di leggerlo!

 

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