L’ultimo grande regalo musicale 2023 di Novi Ligure: il Gala d’Inverno alla Chiesa di San Nicolò.

Novi Ligure mi ha regalato un anno di splendida musica. Sarò per sempre riconoscente alla Signora Patrizia Orsini dell’Associazione Novi Musica e Cultura, per avermi invitato con calore ai vari concerti che si sono dipanati durante l’anno. Dagli strepitosi Quintetti per clarinetto di Brahms e Mozart alla Confraternita della Maddalena alla serata Mozartiana (e dintorni) al Teatro Giacometti con Fabio Biondi e l’Orchestra del Carlo Felice, dal musicalissimo virtuosismo del giovane pianista Guido Orso Coppin alla divertentissima serata della Rovereto Wind Orchestra. Per ognuno di loro ho scritto un articolo pieno di grande e convinto entusiasmo, dedicato sia alla qualità musicale che a quella organizzativa delle varie serate che si sono susseguite. E a leggere il programma della serata del 27 Dicembre, mi pareva evidente che anche questa volta la proposta fosse di altissimo livello. Unica cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso era il luogo del concerto. Perché di solito il Gala si fa a teatro, e a me risultava che il Teatro dedicato a Romualdo Marenco – splendido Teatro a Palchetti all’Italiana, dall’acustica semplicemente perfetta – fosse ormai del tutto agibile…perché allora la scelta della grande Chiesa – Barocca – di San Nicolò, splendida davvero nell’espansione architettonica e nella bellezza del contenuto…ma certo per una compagine come quella del 27, di stile cameristico, con una cubatura un tantino più dispersiva che in Teatro…più adatta alla grandiosità di una Messa con Soli, Coro e Orchestra (tipo la Missa Solemnis di Beethoven, per intenderci), che a musica di concertismo barocco? Non lo so e forse non lo saprò mai, ma tant’è. Inoltre tengo a sottolineare, da appassionato e vecchio fruitore di Musica Classica, che nella soluzione della Chiesa, i musicisti erano necessariamente posizionati alla stessa altezza del pubblico, e non ben visibili in altro come accadrebbe sul palco di un teatro. Quindi, a parte forse le primissime file, tutti gli altri intravvedevano, spesso appena appena, più che vedere, sbirciando fra la folla, i musicisti che suonavano. Un peccato.

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Fatte queste doverose osservazioni, c’è da dire che quella che vi ho esposto è stata, però, l’unica perplessità di una serata, quella del 27 dicembre 2023, davvero indimenticabile. Tanto per la bellezza delle proposte musicali, quanto per l’alto livello interpretativo di quanto presentato. Intanto occorre tessere le lodi dell’orchestra d’archi. la Ensemble I Cameristi Cromatici. Che utilizza strumenti moderni in un repertorio Barocco, ma lo fa con musicalità e perizia davvero ragguardevoli. Il suono è compatto e terso, ma sempre assai melodioso e molto elegante, capace di costruire un ambiente sonoro corposo e coinvolgente. Davvero notevoli. Poi sono stati diretti dal Maestro Maurizio Billi, musicista sopraffino che ho ascoltato in tantissimi concerti, che ha guidato l’Ensemble con tempi abbastanza ampi, facendo letteralmente cantare la musica, senza accelerazioni e senza il minimo effetto fisarmonica che può suscitare la musica Barocca se mal interpretata. Ha quindi saputo sfruttare al massimo le potenzialità di una compagine davvero notevole. Io ricordo bene un concerto diretto dal Maestro Billi, con una compagine dell’Est…poco preparata e che tendeva a sbandare, letteralmente. Il Maestro era totalmente disgustato, lo si vedeva bene, e non concesse neppure un bis. Invece, in questa occasione, il suo umore era l’esatto contrario: sorridente e felice di poter dirigere un gruppo orchestrale compatto e musicalissimo. Peraltro con la sola orchestra nella prima composizione proposta, e dopo con solisti notevolissimi. Ma andiamo per gradi…consentitemi una breve analisi dei vari momenti musicali che abbiamo vissuto.

Si è iniziato, magnificamente, senza solisti, con il Concerto grosso in sol minore op. 6 n. 8 fatto per la notte di Natale di Arcangelo Corelli. Corelli, nato a Fusignano nel 1653 e morto a Roma nel 1713, è stato uno dei più importanti compositori del periodo barocco, maestro nella forma musicale del Concerto Grosso, ovvero quella forma concertante in cui è previsto un concertino formato da due violini e violoncello e un ripieno a quattro parti (due violini, viola e basso continuo). Musica affascinante e molto avvolgente, che letteralmente incanta. Poi qui il titolo è assai pertinente, perché il movimento Vivace che normalmente costituisce il finale, è in questo caso assai breve, per dare spazio ad un ulteriore movimento il cui corpo è un Allegro il cui vero cuore è però la famosa Pastorale, che evoca con sagacia i suoni dei pastori del presepio, è caratterizzata da un andamento in terzine con oscillazioni tra tonalità maggiore e minore, proprio come le cornamuse dei pastori. E siamo così stati avvolti, grazie al magistero interpretativo del M. Billi e dell’Ensemble, da un’atmosfera autenticamente natalizia, sognante e nostalgica. Bellissimo.

Ma questo splendido Concerto era solo il magnifico preludio ad una serata musicale strepitosa. Perché accanto a Maurizio Billi è arrivato, all’oboe, il Maestro Carlo Romano. E hanno eseguito uno dei brani che è a mio avviso uno dei più affascinanti di tutto il barocco, ovvero il Concerto per Oboe in do minore di Alessandro Marcello. Che era un nobile veneziano (nato e morto a Venezia, 1673-1747) e quindi non componeva per denaro ma per diletto. Tre movimenti stupendi, sinuosi e resi dolcissimi dalla voce nasale ma tenerissima dell’oboe che dipana le sue melodie su un tappeto armonico degli archi davvero magistrale. Con una perla assoluta che è il movimento centrale, incredibilmente malinconico e struggente. L’interpretazione che i nostri ci hanno proposto ha trasportato il concerto in una temperie un poco romantica, con un approccio alla melodia ampio e quasi solenne, assolutamente appagante timbricamente. Quando il Concerto è finito, eravamo tutti sospesi in una dimensione di indicibile bellezza.

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Dopo questa meraviglia, siamo rimasti nella Venezia più musicale possibile: Vivaldi e le sue davvero celeberrime Quattro Stagioni. A sostituire l’oboe è giunto il Violino solista di Giuseppe Gibboni. Che ha scatenato nel finale del concerto – con Paganini – il suo virtuosismo impressionante, ma che nelle stagioni vivaldiane ha soprattutto esibito la sua immensa musicalità e grandi doti di interprete. Perfettamente in sincrono e sinergia con l’Ensemble che, sotto la direzione di Maurizio Billi, ha letteralmente avvolto il suono straripante del violino di Gibboni in un’atmosfera incantata – nei movimenti lenti dei quattro concerti delle stagioni – come il Largo dell’Inverno, con la pioggia che cade lenta sul terreno ghiacciato, davvero un momento magico, e poi davvero trascinante nei movimenti veloci, come nel Presto dell’Estate, con la violenza sprigionata dallo scatenarsi del temporale in azione. Un’interpretazione ampia, che non è andata mai di corsa, che ci ha consentito di apprezzare tutte le sfumature e le nuance di questa che è una delle composizioni fra le più belle e famose di tutta la Storia della Musica.

Lo scenario barocco si è concluso con una vera chicca: l’Adagio dal Concerto in re per due violini e orchestra di Bach, che ha visto Giuseppe Gibboni affiancato da Costantin Beschieru, in un’interpretazione lenta e solenne…molto affascinante. Ed eccoci al virtuosismo di Paganini, con il celeberrimo Rondò, terzo movimento dal Concerto n.2 per violino e orchestra detto la campanella per gli incredibili suoni – quasi metafisici – che Paganini ha inventato per il suo violino. Che dire? Giuseppe Gibboni ha superato senza batter ciglio tutte le immense difficoltà tecniche della partitura, proponendo però anche, da quel grande musicista che di fatto è, una grande espressività musicale…nulla è stato sorvolato, nulla tirato via. Eravamo alla fine del brano tutti senza fiato. Applauso felice e liberatorio. Ma poi ancora due bis, un movimento dalle stagioni e un capriccio di Paganini. Qui il violino, finalmente solo e libero, ha scatenato tutto il suo diabolico – ma anche fantasmagorico – virtuosismo.

Mi pare doveroso aggiungere che in una pausa della serata è stato conferito il riconoscimento Excelsior d’oro 2023 all’Onorevole Sandro Bondi. Per chi non lo sapesse, ricordo che il Ballo Excelsior è un gran ballo di Luigi Manzotti su musica di Romualdo Marenco, la cui prima avvenne al Teatro alla Scala di Milano l’11 gennaio 1881.

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La motivazione della premiazione mi ha lasciato un poco perplesso: Per aver contribuito a valorizzare la vena innovativa ed unica del grande compositore Romualdo Marenco, impegnandosi a sostenere il pregevole restauro conservativo del Teatro intitolato al brillante Maestro novese. Ma allora, premesso che va benissimo e sono felicissimo dell’evento, qui torno al discorso iniziale. Perché, data la selva di gente davanti a me, di questa premiazione solenne fatto a terra e non su un palco di teatro, non ho visto che pochi sprazzi e capito meno ancora. Accanto e intorno a me tutti quanti si guardavano fra loro un po’ sconcertati, visto che per tutti non si vedeva e quindi non si capiva un granché di quello che stava accadendo. L’anno prossimo, speriamo davvero che il pregevole restauro effettuato ci consenta di godere della meraviglia di un concerto come questo in un più consona ambiente…il Teatro Marenco, appunto.

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