Quello che fu la Cittadella: la complicata storia di “Bergolium” – e di Alessandria – nel bellissimo libro di Gianfranco Calorio.

Devo un mio rinnovato interesse per la Storia di Alessandria ad un libro e a una conoscenza, legata a quel libro. Anche perché a me è capitato – magari anche a voi – di studiare la Storia d’Italia, sin dalle elementari e fino alle superiori, certo, ma con uno scarsissimo, se non inesistente, approfondimento della Storia locale…so più cose su Pirro, cugino di Alessandro Magno, che portò qualche elefante a morire in Italia, combattendo contro la Repubblica Romana, di quante ne sappia di…Bergolium, ovvero di quel popoloso borgo di Alessandria (Bergoglio, Borgoglio? Vedete voi) che venne radicalmente raso al suolo per farne la Cittadella.

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Mi sono reso conto della mia ignoranza quando ho letto – e poi presentato in pubblico in svariate occasioni – il libro scritto da Simonetta Gorsegno e Gianni Cellè, La Capitagna e il Glifo , dove ho ri-scoperto una Alessandria dominata dagli Spagnoli…e lo è stata per 170 anni! Non ricordavo minimamente di aver studiato a scuola di tale dominazione. Mia scarsa memoria o totale indifferenza delle istituzioni scolastiche per le vicende storiche locali? In un articolo dello scorso anno, avevo accennato al fatto che gli studenti monferrini conoscono certamente le vicende della – mitica – nascita di Roma, ma non le vicende, altrettanto mitiche, certo, ma straordinariamente affascinanti, della fondazione del Monferrato dovuta alla cavalcata di Aleramo. E allora, visto che Gianni Cellè, uno dei due autori, è un appassionato storico locale, ho scoperto, conversando con lui, l’esistenza di un libro che definirei semplicemente fondamentale per la conoscenza storica del territorio alessandrino. Lui si chiamava Gianfranco Calorio e il libro ha titolo, semplicemente Bergolium, ma con un sottotitolo complesso e molto esplicativo: Ricostruzione storico-iconografica del Borgo antico di Alessandria prima della costruzione della Cittadella. Doveva essere un’opera in due volumi, e questo è il primo, dedicato a Il territorio e l’abitato…purtroppo primo e unico, perché prima di poter completare il secondo volume, Gianfranco Calorio è mancato.

Ora, vi debbo fare una confessione: dato che il libro è praticamente introvabile, io l’ho chiesto in prestito alla Biblioteca dell’Istituto Storia della Resistenza di Alessandria, di Via Guasco…e l’ho tenuto parecchio di più del mese previsto, tanto l’ho letto e studiato, e ripreso e rivisto, data l’immensa quantità di notizie storiche che porta in sé. Spero mi perdoneranno, ma solo di passione storica si è trattato, non di un indebito appropriarsi per sempre di questo volume, grosso, pieno di immagini, dotato di una ferrea cronologia di eventi che mi han fatto conoscere una storia – di Bergolium, di Alessandria – da me spesso poco, pochissimo, conosciuta. Del resto è stato Socrate a dire: l’unica cosa che so è che so di non sapere… se lo diceva lui, figuriamoci io, no?

Per farvi capire la filosofia divulgativa di Gianfranco Calorio, vi propongo uno stralcio della sua introduzione al volume: (…) è eccitante tentare di ricostruire quella consistente parte di Alessandria, oggi scomparsa, che si univa all’attuale tramite il ponte coperto sul Tanaro. È come cercare di comporre un grande puzzle che fa parte della nostra Storia e Cultura: qualche tassello o frammento di tessera ci è stato tramandato, altri sono stati scoperti e aggiunti, altri ancora mancano al completamento, per ora introvabili, ma non per questo necessariamente perduti. Ecco: mi pare che, per uno storico, migliore manifesto programmatico non si potrebbe dare: Storia come un’eccitante ricerca di tasselli mancanti, di ricostruzione di un puzzle. Bellissimo.

In questo primo volume Calorio parte proprio dalle origini. Origini legate ad un punto interrogativo…perché accanto ad “epoca romana”, quello c’è: un bel punto interrogativo. Del tempo delle origini si scopre che in realtà questo borgo, esistente ben prima della fondazione di Alessandria, non era mica dov’è adesso: subito dopo l’anno 1000, gli storici lo situano ai piedi della collina sulla via di Valenza, e lo definiscono Borgo Vecchio di Borgoglio. Anche sul nome gli storici sono di pareri diversi, che vanno – ma anche altre sono le ipotesi – da un Burg che in tedesco sarebbe fortezza, ad un latino corrotto di borgo, Borgolia=piccolo borgo. Insomma, certezze, nessuna. Del resto trovo in Bergolium che le prime notizie storiche di questa nostra zona di Alessandria risalgono al IX Secolo, dove si dice dei sette borghi, che insieme alle quaranta famiglie di Quargnento, andranno a costruire la nuova città di Alessandria, e sono, oltre appunto a Bergoglio, Rovereto, Gamondio, Marengo, Villa del Foro, Solero e Oviglio.

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Da qui parte una lunghissima serie di eventi collegati ad una data più o meno precisa, corredati da tantissima iconografia, e dove si fanno scoperte davvero notevoli. Come quella di un personaggio storico come Scipione Guasco, che nel 1094, da Bergoglio va in Palestina per partecipare alla prima Crociata, e viene cantato dal Tasso nella Gerusalemme Liberata. Oppure si viene a sapere che Bergoglio, a dimostrazione del fatto che fosse già un centro assai importante, nel 1116 accoglie ed ospita nientepopodimeno che l’Imperatore germanico Enrico V con tutta la famiglia. E pensate che qui siamo ancora al vecchio Borgo, al tempo delle origini. Poi c’è l’abbandono del vecchio borgo e la costruzione dell’insediamento sull’altra sponda del Tanaro. E le lotte contro questo e contro quello, a volte anche contro gli altri quartieri della stessa Alessandria. E così via, in una straordinaria messe di notizie ed episodi di ogni genere, tra alluvioni distruttive (nel 1486 quattro su undici archi del ponte sul Tanaro crollarono per una piena), epidemie di peste, dominazioni spagnole, monferrine, francesi e tedesche, in tutto corredato da tantissime piantine topografiche, mappe, foto di ogni genere, con una larga parte legata al territorio, dentro e fuori le mura. Troviamo storie curiose e boccaccesche, come il Memoriale della città di Alessandria, del 1476, che chiede di essere rimborsata del danno che arrecano ragazzi e ragazze disoneste, specie di Bergolio, al seguito dei soldati! Oppure quella, siamo nel 1607, che vede protagonista Giovanni Chiapponi, priore della Chiesa di S. Pietro in Bergoglio, che aveva fondato una presunta setta eretica che era piuttosto orgiastica…tanto che il sacerdote venne condannato dall’Inquisizione all’ergastolo. Sino al momento della dominazione dei Savoia (1714), decisa molto lontano da Alessandria.

In Olanda, ad Utrecht, vennero firmati, nel 1713, dai rappresentanti di Luigi XIV di Francia e Filippo V di Spagna da una parte, e la Regina Anna di Gran Bretagna, la Repubblica delle Sette Province Unite e il Ducato di Savoia dall’altra, i trattati che sancirono tutta una serie di divisione dell’Europa, fra cui il passaggio di Alessandria ai Savoia. Che si dedicarono alacremente alla distruzione del quartiere di Bergolio, e all’edificazione della Cittadella, il tutto avvenuto dopo un’allucinate distruzione di un intero e popoloso borgo, intorno al 1728, che è stata stigmatizzata dagli storici come (…) una mutilazione brutale, che travolse la struttura funzionale di Alessandria e ci privò del nucleo storicamente più interessante (…) perché Bergoglio era mezza città, con centinaia di case, 17 chiese, conventi, palazzi nobiliari, monumenti antichi (…) e poi, la popolazione: 4000 abitanti dispersi nella campagna, senza una casa, da un giorno all’altro (…) perché sulla distruzione di Bergoglio è caduto il silenzio e l’oblio?

Una domanda un po’ inquietante, che si potrebbe estendere un po’ a tutto il nostro passato di cittadini: perché il popolo Italiano ha spesso una memoria breve e irrisolta? Perché su tanta e tanta della nostra Storia è caduto il silenzio e l’oblio?

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