Nel cuore della poesia, nel cuore della gioia: il surrealismo di Joan Miró a Cherasco.

Eh sì, davvero uno splendido Piemonte, che non solo è bello, bellissimo, di suo, ma anche straordinario per le splendide cose che riesce ad organizzare. Prendiamo Cherasco. A Cherasco ci son stato davvero poche volte, anche se l’ho costeggiato moltissime volte, perché appena sotto Cherasco c’è l’imbocco dell’autostrada che porta fino a Cuneo: l’ultimo troncone di quell’autostrada sempre incompiuta, che tutti i ministri dei trasporti degli ultimi vent’anni han promesso avrebbero terminato, ma…ma se devi andare da Asti a Cuneo ti tocca uscire ad Alba, costeggiare le colline passando accanto al nuovissimo ospedale di Verduno, raggiungere Pollenzo, girare verso Bra e poi andare, appunto, sotto Cherasco, a riprendere l’autostrada…il tutto sull’orlo di una crisi di nervi per via del traffico pesantissimo che tocca ogni volta dribblare. Che tutto questo poi non c’entra nulla con Cherasco e Miró, ma è una cosa che la volevo dire, amen.

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Prendiamo, invece, Cherasco, paesone di circa 9000 abitanti, piuttosto bello di suo, ricco di storia e arte…e locali dove si possono gustare cibi e vini di Langa. Paesone di chiese, portici e castelli, da visitare certamente, magari in abbinamento ad una bella mostra come questa di cui vi parlo. Ma anche di Cherasco e delle sue tante bellezze piemontesi vi parlerò, in un apposito articolo. Per ora consentitemi di restare in uno splendido palazzo, di Cherasco, il Palazzo Salmatoris. Che di suo è luogo di straordinario valore architettonico e storico, degno figlio di un’Italia davvero incredibile. Perché questo palazzo, dove a Cherasco hanno organizzato la mostra su Miró, si trova nel cuore della città e prende il nome dal nobile locale Giovanni di Audino Salmatoris, che lo fece costruire nel 1620. Lo chiamano palazzo della Pace, a ben ragione, perché qui furono firmati gli accordi che posero fine alla Guerra di successione di Mantova e del Monferrato nell’aprile 1631. Ma anche quelli dell’armistizio tra Napoleone e il regno sabaudo nel 1796 (ricordata, appunto, come Pace di Cherasco). Mica male, no, in quanto a Storia, con la S maiuscola? Ma non solo: proprio qui venne custodita la Sacra Sindone, nel 1706, nella stupenda saletta chiamata “del Silenzio”, appositamente affrescata da Sebastiano Taricco. Ora questa dimora, così bella e carica di eventi storici, è stata acquisita nel 1983 dall’amministrazione comunale e quindi ottimamente restaurato negli anni ’90…e ci organizzano delle mostre bellissime, come questa di cui vi parlo.

Che è dedicata a Joan Miró, ma non solo a lui, perché nel percorso della mostra troviamo tutta una serie di altre opere davvero notevoli, che vanno da De Chirico a Fontana, da Burri ad Emilio Vedova. Ora, ve lo dico senza problemi: se la pittura surrealista e astratta non vi piace per nulla…allora venite a visitare questa mostra, e forse imparerete ad amarla…perché la gioia davvero straordinaria che Miró riesce ad infondere nella sua arte così astratta, ma così affascinate e viva, credo sia una gioia contagiosa, che crea unione e comunione nel sorriso della bellezza. Perché Miró, artista assai longevo, che ha attraversato tutto il ‘900, essendo nato Barcellona, il 20 aprile 1893 e morto a Palma di Maiorca novant’anni dopo, il 25 dicembre 1983, costruisce opere aperte, piene di luce, disposte a farsi interpretare in mille modi, ma sempre coinvolgenti, al di là di generi predefiniti e sterili classificazioni. Basta lasciarsi attrarre dalla sua incredibile capacità di trasformare tutto ciò che lo circonda, la nuda e cruda realtà, in qualcosa di incredibilmente colorato e fantasmagorico.

C’è una frase, in uno dei pannelli della mastra, che esprime meravigliosamente questo concetto di trasformazione, direi di trasfigurazione, della realtà attraverso l’arte, e la dice lunga, quindi, sul modo di vivere l’arte che aveva Miró. La frase è di Joan Prats, gallerista di Barcellona, suo caro amico e curatore artistico: “Quando io raccolgo un sasso, è un sasso. Quando lo raccoglie Miró, è un Miró” Meglio non si potrebbe dire. O forse meglio si potrebbe dire con le stesse parole di Miró, le stesse che danno il titolo a questo articolo: dipingere nel cuore della poesia, nel cuore della gioia.

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E allora, in questa straordinaria mostra, ci si può far trascinare dalle coloratissime litografie per il testo dell’Ubu Roi, un’opera teatrale di Alfred Jarry, rappresentata per la prima volta il 9 dicembre 1896. Un’opera che è considerata un’anticipazione del movimento surrealista e del teatro dell’assurdo. Nel 1966 ne venne stampata un’edizione resa assolutamente unica e memorabile dalle incredibili fantasmagorie dei colori di Miró: litografie che sono una sorta di fantasia timbrica di colori pieni di luce ed immaginazione.

Ma è anche possibile lasciarsi affascinare, e molto, dalla sublime eleganza di dipinti stupendi come Femmes, oppure Le essenze della terra. O magari lasciarsi intrigare dal tappeto dal titolo Danseuse Espagnole. E poi il ciclo davvero particolare, tanto attraente quanto enigmatico, delle incisioni ad acquatinta dal titolo complessivo di Lapidari. Il Lapidario, in questo caso l’artista ne illustra uno del XV Secolo, sono trattati sulle caratteristiche delle pietre. Miró ci propone due grandi pagine affiancate, sulla sinistra una sorta di ideogramma, nero su bianco, sulla destra, segni ed immagini che paiono incise sulla pietra.

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La mostra, come ho detto all’inizio, aggiunge a Miró svariate altre opere del ‘900, da un paio di De Chirico, fra cui lo stupendo Ettore e Andromaca, su su, fino al ‘900 più vicino a noi, dall’espressionismo di Calder o Scanavino (con la sua inquietante Immagine a forma di gobba), passando per una piccola ceramica di Picasso per arrivare al dadaismo di Baruchello e poi all’Hommage au President, decollage su tela, di Mimmo Rotella, e sino alle Attese di Lucio Fontana. Una sorta di grande cornice artistica che ha lo scopo di circondare l’insieme delle opere di Miró introducendole con maestria ed attenzione in quel mondo complesso e variegato, ma anche molto stimolante ed affascinante, che è l’arte figurativa del ‘900. Tra gli scaloni e le stanze del bellissimo Palazzo Salmatoris, Cherasco mi ha donato davvero un bellissimo percorso artistico. Visto che la mostra, che doveva terminare il 22 gennaio, è stata prorogata sino al 19 febbraio, la consiglio davvero caldamente, come altrettanto caldamente consiglio una passeggiata fra le bellezze artistiche di Cherasco. Eh sì, davvero uno splendido Piemonte.

 

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