Si brajòn ad si fransesòn

In questi giorni è molto frequente sentire fra la gente ordinaria delle fortissime critiche a danno dei nostri “cugini francesi”, accusati di essere da un lato troppo nazionalisti, ma anche egoisti fino all’eccesso. Non si tratta solo della vicenda dei migranti che è stata strumentalizzata prima di tutto da una parte di noi. Ricordiamoci che non appena il loro presidente Macron fece un gesto di buona volontà, sincero o meno, nell’accoglienza di quella famosa nave, sperando forse che il peso della notizia non venisse troppo diffuso fra i media del suo paese per non essere attaccato dalla sua opposizione interna, appena un’ora dopo venne diffuso un tweet di tracotante esultanza da parte del nostro vicecapo del governo, con l’unico scopo di intestarsi un punto di vittoria a favore.

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I commentatori neutrali alla fine hanno dovuto riconoscere che lo scontro con i francesi ce lo siamo andati a cercare e ciò ha messo in difficoltà anche la nostra premier.

Purtroppo lo scontro non è destinato a sparire nel giro di poco tempo e purtroppo noi italiani non lo vinceremo anche questa volta. Non è la prima volta che ci becchiamo con i nostri vicini, spesso per motivi che travalicano i nostri interessi più veri e consolidati. I francesi non ce l’hanno con noi perché siamo italiani, anzi amano l’Italia come paese, ammirano ed invidiano le nostre bellezze, la nostra arte, la nostra musica, la nostra letteratura, ma non amano quasi mai la nostra politica.

Noi italiani, d’altra parte, abbiamo spesse volte trovato rifugio nel loro paese, sia come rifugiati (da almeno duecento anni a questa parte) sia come uomini d’arte e di pensiero (cito solo alcuni esempi in epoca contemporanea: Umberto Eco, Renzo Piano, Paolo Conte, Gian Maria Testa e tantissimi altri.) Loro per la verità sono troppo esageratamente orgogliosi ed arrivano a chiamare “gallo-romana” la civiltà che hanno ricevuto da noi, che era greco-romana e basta.

Abbiamo vecchi e consolidati interessi comuni in vastissimi campi economici, in campo alimentare (Lactalis-Parmalat eccetera) come in campo ferroviario (Officine di Savigliano eccetera) in campo strategico-militare (Aviazione sia civile che da guerra) ed in molti altri settori di avanguardia, e quindi non possiamo davanti a loro gonfiare più di tanto il petto per far vedere che siamo potenti e bravi più di loro.

Prima di tutto dobbiamo prendere atto di alcuni retro-fatti storici che ci hanno condannati davanti alla storia, come la famosa “pugnalata alla schiena” inferta al loro esercito quando ormai i nostri alleati tedeschi erano già entrati a Parigi, e poi non dobbiamo dimenticare due o tre “cosette” importanti che vorrei qui riassumere:

  • Loro hanno da lungo tempo a disposizione l’energia nucleare sia per fini civili che militari e possono far parte della ristretta cerchia delle cosiddette “Potenze atomiche” mondiali.
  • Hanno un seggio permanente in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU e dispongono del diritto di veto sulle questioni basilari del mondo, come USA, Russia, Cina e Gran Bretagna.
  • Hanno un debito pubblico di gran lunga inferiore al nostro
  • Hanno un numero di turisti complessivo superiore al nostro, pur disponendo di un patrimonio d’arte e storia inferiore (fino a poco tempo fa i dati ufficiali segnalavano che il Louvre di Parigi da solo vantava più visitatori di tutti i musei italiani messi insieme). Il motivo? Lascio a voi.

Non occorre quindi essere un genio della politica per capire che con la Francia sarebbe meglio andare d’accordo. Lo hanno capito sia il Presidente Mattarella che l’ex premier Draghi, ma qualche fenomeno nostrano no.

Per esperienza diretta, come mi pare abbia già spiegato in un altro mio scritto di qualche tempo fa, devo riconoscere che l’organizzazione amministrativa dello Stato francese è di gran lunga più pronta ed efficiente del nostro. Anni fa ottenni un rimborso in poco più di venti giorni dal Fisco d’Oltralpe.

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In questi giorni invece ho accertato il contrario per quello italiano. Ho ricevuto una raccomandata (e per venirne in possesso ho dovuto tribolare alcuni giorni di fila con le Poste) che mi invita a pagare una differenza fra ciò che ho denunciato nelle mie dichiarazioni dei redditi degli anni 2018-2019 e quello accertato dal loro puntuale controllo. Quando ho letto la cifra contestata non ho potuto fare a meno di accasciarmi su una sedia. Infatti mi chiedono ben 25, 89 euro di sanzione. Non ho neppure informato il mio commercialista ed ho pagato subito sputando però per terra dalla rabbia. Come può uno Stato, oberato da miliardi di evasione fiscale perdere del tempo a perseguire un contribuente onesto come me? Col tempo che hanno perso e quello che hanno fatto perdere alle Poste!

Ma non si vergognano? La Republique française si sarebbe comportata sicuramente in modo diverso. Ah, se Napoleone si fosse fermato in tempo, noi di Alessandria saremmo stati cittadini francesi ancora adesso nel Departemènt de Marengô.

Luigi Timo – Castelceriolo

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