Cine-turismo ovvero il futuro del turismo è nell’industria cine-televisiva

Comunicare un territorio, un luogo, un monumento, una chiesa, un museo, la strada di una città, un ristorante, un albergo si rivela scelta vincente, anzi una prassi che deriva dalla letteratura, considerando che nei secoli scorsi i viaggi in Italia e i relativi resoconti di grandi scrittori, spesso in forma di romanzo, diedero vita al “Grand tour” (viaggi organizzati da aristocratici a partire del XVII Secolo); ma nel cinema (di conseguenza anche per televisione e web) i risvolti economici e promozionali hanno una leva importante nel “product placement” e nel “city placement”.

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Il turismo, per questi aspetti, ha senza dubbio una possibilità di sviluppo, fenomeno del nostro tempo che addirittura recupera come novità i prodotti cinematografici del passato come accade a Brescello, luogo delle vicende cinematografiche di Peppone e Don Camillo, ancor oggi vengono accolti non meno di 60mila visitatori all’anno in pellegrinaggio sui set.

Un professionista di relazioni pubbliche non può più ignorare la potenza evocativa e attraente dell’immagine dove sia ben congegnato il rapporto territorio-narrazione: un tema che andrebbe approfondito anche dal punto di vista del marketing territoriale/urbano.

Quella che nel nostro Paese era niente più che pubblicità occulta, regolata legislativamente solo in tempi recenti, negli Stati Uniti è stata a lungo, ed è ancora, uno dei pilastri produttivi di Hollywood, da E.T. – l’extraterrestre (1982) a Transformers (cinque film 2007- 2017).

Affinché funzioni, il cineturismo ha la necessità dell’impatto, anche immaginifico, su un pubblico vastissimo, ma ha forza soltanto se c’è un’esperienza che vada al di là del film quindi gli spazi narrati debbono essere raggiungibili e riconoscibili (si fa cineturismo per ri-conoscere territori, città e luoghi d’arte, perciò nella prima esperienza di viaggio a Parigi si vuol raggiugere la Tour Eiffel, a Roma il Colosseo, a Mosca la Piazza Rossa, eccetera).

Si consideri lo scambio che avviene tra identità territoriale e prodotto filmico, molto forte e bi-direzionale: si sceglie una location per le sue caratteristiche estetiche, strutture, qualità, particolarità ma anche per la sua identità; il luogo in cui è ambientato il film riceve una o più caratteristiche della storia, dei personaggi, dell’atmosfera trattate o richiamate, insomma, si lascia una sorta di “impronta” nella memoria collettiva che si accosta, si somma e si amalgama a tutte le altre “immagini”, quelle precedenti.

La forza di questa “impronta” è soggettiva e viene mediata dalla cultura e dal background di ogni spettatore/cineturista, ma al termine del processo l’identità della location viene più o meno modificata creando nuove percezioni del territorio, arrivando ad incidere nella costruzione del “brand” (segno o simbolo di identificazione) di città, di luoghi, di regioni.

Alcuni esempi…

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1  “Vacanze romane” (1953), che ha trasformato Roma in una città “romantica”;

2  l’isola di Procida, che grazie a “Il Postino” (1994) è diventata “terra di poesia”;

Io ballo da sola” (1996) ha rilanciato una Toscana “bucolica”, “poetica”, “artistica”…

E molti altri dimostrano essere possibili passaggi da “noioso” a “divertente”, “ludico”, “strabiliante”.

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I film incidono molto sulla costruzione dell’immagine di un territorio (brand image) perché non sono delle “immagini indotte” (tipiche della stucchevole comunicazione turistica per promuovere una determinata destinazione), ma sono “immagini organiche” (che non hanno uno scopo turistico e provengono dall’immaginario collettivo, dalla storia, da fonti di cultura popolare o dai mass media), ma assorbite tramite l’identificazione dello spettatore in un momento di svago.

Il cinema influisce nella scelta di una destinazione di viaggio, come ben dimostra il successo ottenuto dal Castello Ducale di Agliè con la serie televisiva “Elisa di Rivombrosa” (due stagioni, dal 2003 al 2005), che ha visto schizzare le presenze di turisti da circa 8.500 nel 2003 a circa 92.000 nel 2004, aumentando il flusso turistico del 982,4 %.

La Visit Britain (ente turistico nazionale della Gran Bretagna) afferma che un turista su cinque sceglie di visitare il Regno Unito dopo aver visto un film ambientato in quei luoghi; il 20% dei turisti è stato consciamente attirato da ciò che ha assimilato dal grande schermo e l’incremento medio dei visitatori in una location nei 5 anni successivi all’uscita del film è del 54% rispetto alle presenze precedenti a questo evento.

Gli elementi che fanno diventare un film uno stimolo al turismo sono quattro:

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·   lo scenario naturale (elemento estetico);

·   la trama (elemento emotivo);

·   il patrimonio culturale (elemento culturale);

·   le attività di svago (elemento ludico), che possono intrecciarsi fra loro.

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L’esperienza virtuale dell’immedesimazione nel film o nella serie televisiva crea nello spettatore una sorta di ‘familiarità’ con i luoghi delle location, il cui inserimento può essere leva se nello sviluppo della storia vengono evocate motivazioni estrinseche proprie dello spettatore come la fantasia, la voglia di evasione, la nostalgia, l’identità personale, l’educazione, ma anche nel caso in cui il film funga da cartolina, da vetrina o veicolo d’informazione.

Inoltre, i mass media visivi hanno la possibilità di raggiungere un pubblico molto più ampio rispetto alla comunicazione settoriale: essendo profondamente radicati nella vita di tutti i giorni; innescano un tempo di risposta molto breve fra l’assimilazione dell’immagine organica e la modifica dell’immagine esistente; in altri termini, creano un impatto maggiore, più veloce e di più lunga durata.

L’impatto che un film può avere sul territorio non è semplicemente legato al riscontro positivo o negativo che la pellicola o la serie televisiva ha al botteghino o in termini di gradimento (share, non prevedibile). La possibilità di diffondere e protrarre nel tempo la presenza del film o della serie è un elemento che gioca un ruolo estremamente favorevole nel processo di elaborazione.

Non tutte le location diventano mete di cine-turismo, perché questo fenomeno è comunque legato ai comportamenti d’acquisto tipici di un prodotto ed una location deve sviluppare un buon livello di maturità diventando “prodotto di destinazione del territorio”, una sorta di calamita verso quei flussi turistici interessati non solo al territorio in sé, ma anche al “marchio di zona”.

Si individuano almeno quattro grandi categorie di cineturista:

1) il “generale”, che dopo la visione di un film, matura l’interesse e l’esigenza di visitare i luoghi rappresentati;

2) lo “specifico’, o cine-turista vero e proprio, che parte con l’unico scopo di visitare le location ed i luoghi dove gli attori hanno passato del tempo per poter affermare “lì ci sono stato pure io”;

3) il “casuale”, che non ha scelto specificatamente quella destinazione invogliato dalla visione del film, ma partecipa attivamente alle proposte ed alle attività legate al film girato in quei luoghi con visite guidate;

4) il “serendipitous”, che trae curiosità dal fatto di essere in una località dov’è stato girato un film, ma ha poco interesse ad ogni proposta correlata.

Di certo ci sono degli elementi che possono aiutare il lancio di una location come destinazione turistica ed uno di questi può essere la serialità: le saghe, infatti, creano molto più cineturismo che un solo film perché costruiscono una personale connotazione “mitica” condivisa (esempi: “Don Camillo” (cinque film tra il 1952 ed il 1965), “Harry Potter” (otto film dal 2001 al 2011), “Il signore degli anelli”(tre film dal 2001 al 2003)…)‏; inoltre, creano tempi d’attesa fra un episodio e l’altro che lo spettatore tenta di contrarre con attività alternative inerenti quanto meno alle atmosfere evocate da quelle narrazioni.

Attualmente, le serie tv inducono di più al cineturismo rispetto ai film perché ripropongono ripetutamente le stesse location e ci si affeziona maggiormente ai personaggi (del resto la pubblicità insegna: la ripetizione del messaggio è uno degli strumenti fondamentali per creare il senso di ‘bisogno’), senza contare che la televisione ha un potere di suggestione più marcato grazie ad una maggiore e capillare diffusione.

Anche i testimonial sono molto importanti.

L’apprezzamento da parte dei protagonisti riguardo il territorio in cui si muovono è certamente un ottimo veicolo di identificazione per lo spettatore, soprattutto se lo elogiano anche al di fuori della scena filmica, diventando ancora più incisivi (un esempio lo si trova tra gli extra del DVD di “Letters to Juliet” dove sia entrambi gli attori principali, sia il direttore della fotografa elogiano Verona e la sua splendida atmosfera).

Fondamentale che ci sia una comunicazione integrata e condivisa in tutte le fasi di lavorazione e a tutti I livelli, con azioni di pianificazione strategica che, in concomitanza alla produzione del film, ne seguano la lavorazione e ne sfruttino le potenzialità per il territorio, ma che allo stesso tempo siano da supporto alla promozione della pellicola in cui la location è inserita.

Il destination marketing plan (redatto dal destination manager, coadiuvato dal location manager e dalla produzione) deve essere seguito sia dagli amministratori locali, sia dalle aziende turistiche e di promozione del territorio in modo da poter ottimizzare tutte le possibilità che vengono offerte e per evitare che si crei un’immagine che screditi il territorio o che ne venga veicolata una non corretta o sgradevole.

Un buon destination marketing plan deve comunque contenere: un’analisi S.W.O.T.; uno studio del contesto e dei potenziali concorrenti; l’analisi della situazione di partenza (rilevazione dell’immagine locale, della potenziale domanda, del reale carrying capacity); esempi di benchmarking; e un piano di comunicazione integrata.

Inoltre, ciò che non deve mai mancare in tutta la vita del film (ex ante, in itinere ed ex post) è l’azione di monitoraggio, non soltanto per avvistare tutte le potenzialità che si potrebbero incontrano durante il percorso, ma soprattutto per intercettare esigenze e pericoli potenziali per intervenire immediatamente.

Effetti indesiderati come turisti scontenti, folle aumento dei prezzi, inconvenienti per i residenti, turismo intrusivo o poca cura del territorio, possono essere gestiti tramite un’attenta collaborazione tra realtà locali e produzione cine-televisiva che può, per contro, attingere ad una pubblicità a lungo termine tramite il richiamo costante al film o alla serie televisiva.

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