Diamanti e ruggine dal passato: «La Valigia di Zia Elsa» di Patrizia Monzeglio – presentato a Vignale –

Va bene, lo ammetto: amo Vignale senza se e senza ma…la amo di un amore antico che e non ha mai smesso di rinfocolare sé stesso. Ho iniziato ad amarla nei primissimi anni ’80, quando ci ho scoperto il balletto contemporaneo di Maurice Béjart (il suo incredibile Bolero con una stupenda Luciana Savignano), in quella storica e meritoria manifestazione che era Vignale Danza, ma ho scoperto anche la bellezza di un panorama monferrino, che dalla sua balconata accanto alla chiesa esplode in tutta la sua bellezza. Anche di recente, nel 2024, ci sono stato diverse volte per quella che è una rivisitazione di Vignale Danza, che ora si chiama Vignale in Danza. Di tutto ciò vi ho detto e spiegato in diversi miei articoli, e non starò certo qui a tediarvi in merito. Ma il fatto è che Patrizia Monzeglio, al suo secondo romanzo, La valigia di Elsa (Neos Edizioni), che ha Vignale come epicentro (ma che lei chiama nei suoi libri Pozzonuovo) della vicenda, proprio nel suo natio borgo selvaggio – in Biblioteca – lo presentava, il 12 Aprile scorso, il libro. Io ci sono andato, ci ho trovato una sala gremita di gente, attenta e coinvolta, come non sempre si vede alle presentazioni librarie, ma anche che la stessa presentazione era condotta e vissuta con grande vitalità e coinvolgimento. A cominciare dalle ottime letture della Bibliotecaria (ma anche poetessa), Maria Rosa dell’Angelo, per poi proseguire con le domande, profonde e assai strutturate, mai banali, che le ha proposto Maria Antonella Pratali, che mi hanno aiutato a capire meglio non tanto – e non solo – il tema del romanzo, ma anche e soprattutto la sua struttura profonda – la struttura sottostante – che permette al lettore di entrare in empatia osmotica con il testo e farlo proprio. E poi, beh, è stato molto stimolante quello che Patrizia Monzeglio, in risposta a quelle domande – ma anche alle mie e a quelle di altri che hanno presenziato – ha spiegato, del suo libro, anche parlandoci della complessità, non semplice, di confrontarci con quel passato, il passato dei nostri nonni o genitori, il passato della generazione che ci ha preceduto da vicino.
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Insomma, impossibile non essere estremamente curioso di leggerlo, questo romanzo. Ora, chi legge i miei articoli sa che io davvero raramente faccio un articolo dove ci sia semplicemente la cronaca di una presentazione. Di norma parlo di un libro solo dopo averlo letto, con il mio solito metodo di Slow Reading, che pratico non solo perchè mi godo molto il libro, fruendone in tale maniera, ma anche per poter esprimere un’opinione non banale e cercare di stimolare al lettore la voglia di leggerlo a sua volta, il libro di cui parlo. E questo romanzo merita davvero la vostra attenzione, perché, con un linguaggio mai pesante, anzi, molto scorrevole, Patrizia Monzeglio costruisce un Mystery assai stuzzicante, toccando nel contempo tematiche complesse e profonde, che ci pongono a confronto con il nostro passato – quello appunto della generazione dei nostri genitori – inerente la II Guerra Mondiale, la spaventosa guerra civile che di fatto devastò un’Italia divisa e piena di odio, e la questione della persecuzione del popolo israelita. Devo dire, intanto, che in questo romanzo ci sono moltissime cose che mi intrigano. In primo luogo è un romanzo al quadrato. La protagonista, per scaricare le tensioni spaventose, generate appunto dal contenuto della valigia di zia Elsa, e quindi con il confronto con un passato non suo, ma dei sui genitori, ma proprio per quello a maggior ragione, profondamente suo, scrive a sua volta un romanzo nel romanzo, che ha come protagonisti, o meglio, come indagatori, gli stessi del libro precedente, ovvero La ragione del silenzio. Per chi volesse qualche dato su quel testo, che avevo trovato davvero notevole, e coraggioso, si veda il mio articolo: https://www.alessandria24.com/2025/01/11/quel-difficile-passato-che-bussa-alla-porta-la-ragione-del-silenzio-di-patrizia-monzeglio/ . Ritroviamo qui, quindi, Letizia, zio Curzio, detto Kurtz. che rappresentano egregiamente quella generazione nata negli anni ’50 o ’60 (nella quale, ovviamente, essendo nato nel 1960, mi riconosco pienamente pure io), e poi Michele, che rappresenta i trentenni d’oggi, così lontani da noi, eppure così indispensabili per un vero confronto, per noi, con il presente e con il futuro. Ma stavolta chi scrive (anche se pure in questa metascrittura, il testo è in terza persona) è Francesca. Che sarebbe quindi anche l’autrice, mai nominata a suo tempo, ne La ragione del silenzio. Francesca, per poter fare i conti con il passato – che non conosceva – dei sui genitori, della sua famiglia, durante e dopo la guerra, sente la necessità di scrivere tutto, si, ma come un romanzo, appunto, con un alter ego di sé stessa, che non è Letizia, ma, in quel mondo densamente metaforico che è la narrativa di qualità, tutti e tre i personaggi del libro. Già non male solo come premessa, no?
Oltre a ciò, c’è la magia della valigia misteriosa…una valigia che è un grande topos della letteratura di ogni tempo…pensate al baule del marinaio Billy Bones, nel quale Jim Hawkins trova la mappa del tesoro di Captain Flint, nel romanzo – indimenticabile – L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson. Il baule è l’oggetto che scatena l’intera avventura e la ricerca del tesoro. E la Valigia di zia Elsa è, per Francesca – Letizia, davvero una vera e propria miniera, che le dona però diamanti e ruggine, e la trasporta in un difficile confronto con un passato pieno di luci, ombre, ambiguità. Il tutto in una vicenda che si segue con l’ansia di arrivare a capire, a svelare tanto i diamanti quanto la ruggine. In questo romanzo a Patrizia Monzeglio riesce la strana alchimia, che ogni scrittore persegue, quella, ovvero, di creare fra la vicenda narrata e il lettore, un rapporto osmotico, dove l’una si specchia nell’altro e viceversa. Magistrale. Poi, genialmente, Patrizia Monzeglio mette in gioco anche un altro personaggio indimenticabile: l’agente (ma anche amica) di Francesca, Giordana. Che è complementare e opposta alla sua amica: tanto Giordana è entusiasta, tanto Francesca è riluttante, a farsi prendere da facili entusiasmi. Una coppia davvero riuscitissima. Poi però ci sono anche numerosi altri personaggi, molti dei quali non ci sono più da tempo. Parlano attraverso lettere, testimonianze e ricordi. Anche attraverso uno strumento che io amo molto: le audiocassette. Eh, si, da buon figlio degli anni ’60, le audio o musicassette hanno fatto parte integrante della mia vita di ascoltatore. Ricordo come fosse ieri l’attesa del programma radiofonico preferito (per quanto mi riguarda, soprattutto dedicato alla musica USA), per poi schiacciare il tasto REC. Vabbé, ve lo confesso: nella mia passione per gli impianti HI-FI (ne possiedo 3) non solo in tutti è presente il giradischi, ma in due di essi ci sta anche un registratore-lettore di audiocassette!
Naturalmente non posso approfondire (oggi di solito si dice spoilerare) più di tanto, perchè, appunto, trattasi di Mystery. Che sapientemente sa innervare, con in un innesto impossibile da eludere, anche il tema delle leggi razziali, di quell’accanimento contro il popolo degli ebrei italiani, che la follia nazista fortissimamente volle anche da parte di un’Italia dove le famiglie israelite erano di norma molto ben inserite socialmente. Ad un certo punto della, non semplice, indagine dei nostri tre volonterosi ricercatori del passato, Letizia, Kurtz e Michele, si affaccia anche quel terribile panorama. Naturalmente non vi dirò nulla di più, ma sappiate solo che il finale è, dal punto di vista puramente narrativo, davvero notevole. Mi sono reso conto, appena concluso il testo, che mi ero davvero emozionato a leggerlo, in alcuni momenti anche commosso. Tanto è vero che, cosa che davvero faccio molto di rado, se non mai, ho subito scritto a Patrizia per farle i miei sinceri, ammirati complimenti, per un romanzo davvero riuscito. Del quale, alla fine, in questo articolo vi ho poi detto poco o nulla, ma solo perchè questo scritto doveste considerarlo un invito: ad una lettura intensa, appagante e coinvolgente. Per via di quella valigia piena di diamanti e ruggine.
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