La grande musica di Mozart per celebrare i nove secoli di un Santo: il Concerto in onore di San Bruno a Solero.

Solero è un paese tanto vicino ad Alessandria da sembrarne davvero una semplice propaggine…una frazione…ma no: Solero è Comune autonomo, ha un sindaco, un parroco…e persino un Santo: San Bruno. Che è stato ampiamente celebrato nel 2023 e in questo inizio di 2024, con un sabato pieno di grande musica e una domenica di messe più o meno solenni. Ricordo, per chi lo avesse dimenticato, che Bruno nacque a Solero d’Asti. Perché era Asti che, allora, dominava il corso del Tanaro come strada fluviale per il trasporto di merci e persone…dominando di fatto tutti i villaggi che in quella pianura vivevano: Alessandria era molto di là da venire, tra il 1045 e il 1049. Prese in teologia la laurea presso l’Università di Bologna, si rifugiò a Montecassino, avendo in mente una vita di cultura e silenzio. Ma poi Gregorio VII – dopo la confutazione di un eretico – lo consacrò e nominò vescovo di Segni. Ma erano tempi tribolati e Bruno venne più volte incarcerato…l’ultima in quello che oggi chiamiamo Castel Sant’Angelo (ma allora l’Angelo con c’era). Dopo la liberazione, Bruno, desideroso di pace, tornò a Montecassino, vien da dire finalmente, dove ne venne eletto Abate. Qui morì il 18 luglio 1123.

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Il IX Centenario dalla morte, quindi. E Il parroco, don Mario Bianchi, che ritengo persona davvero notevole, appassionata e sincera nella propria fede e nell’arduo compito di pastore d’anime e guida spirituale del paese, ha voluto, guidato, dedicato al Santo e alla comunità tutta una serie di eventi di qualità, non solo religiosa. C’è stata la diretta TV di una Missa Solemnis, che ha reso giustizia non solo al Santo, che non è più fra noi da 900 anni, ma anche e soprattutto alla gente tutta di Solero, credenti e non credenti, direi, e naturalmente allo stesso don Mario, che sono convinto che questo momento di fama se lo meritasse davvero.   E ve lo dice una persona che è al di sopra di ogni sospetto, perché io – non dico nulla di nuovo a chi mi conosce – davvero non sono particolarmente interessato ai santi, di ogni genere e grado. Ma di grande Musica sono interessato, eccome. E, forse paradossalmente, sono immensamente appassionato di grande Musica Sacra, quella che Bach e Vivaldi, Beethoven e pesino Giuseppe Verdi, hanno donato al mondo. Con una mia particolare predilezione per quella di Mozart, l’anima più fulgida e splendente della grande Musica di tutti i tempi. Strano no? Eppure… Beh, vi faccio una piccola confessione: ogni qualvolta viene a mancare una persona a cui volevo bene…e purtroppo ormai son tante…un parente, un amico, metto il CD di un Requiem, di Verdi o di Mozart…a volume assai consistente…lascio che la musica mi avvolga, mi possieda, mi impregni…e lascio che scendano dai miei occhi tutte le lacrime che vogliono scendere… E ora se pensate che sono esageratamente sentimentale…beh credo che abbiate pienamente ragione…

Insomma, come avrete ben capito, l’amore per la grande Musica Sacra è assolutamente preponderante rispetto alla indifferenza nei confronti sei santi. Così, quando don Mario mi ha mandato la locandina del concerto che si è poi tenuto sabato scorso, 3 febbraio, chiedendomi di pubblicizzare un poco l’evento, sono rimasto assai favorevolmente colpito dalla grande qualità della proposta musicale. Con un primo brano beethoveniano, la Romanza n. 2 op. 50 per violino e orchestra, e un grande capolavoro sacro di Mozart, appunto: i Vesperae Solennes de Confessore, k339. Si tratta di una raccolta di 6 brani sacri, uno più incredibilmente bello dell’altro, per solisti, coro e orchestra. Due composizioni, la Romanza e i Vespri, che non potrebbero essere più diverse fra loro. Nella celeberrima Romanza op. 50, c’è – cosa abbastanza insolita per la usuale tempra musicale beethoveniana – un’aperta cantabilità, una netta semplicità della elaborazione strutturale, un predominio della distensione espressiva. Insomma un brano per nulla pensoso o arcigno, ma anzi davvero tenero e cullante.

Ma se il concerto è stato entusiasmante, qualche scena un po’ più buffa c’è stata. A cominciare dall’enigmatico fatto che proprio a me, che a messa non ci vado mai, don Mario Bianchi, tenesse il posto in prima fila, accanto a lui…cosa che certo avrà scandalizzato un po’ di gente…che mi ha visto passare fra le navate della splendida chiesa – dall’acustica fantastica – e andarmi a sedere proprio accanto al parroco. Lui stesso del resto ha definito, parlando con una comune amicizia, Il diavolo e l’acqua santa quella strana ed improbabile coppia di ascoltatori. Strana anche perché io, beh da buon conoscitore dei brani mozartiani, dopo avergli chiesto se conoscesse i Vespri mozartiani, ad una sua risposta negativa abbia cercato di fornirgli una minimale guida all’ascolto. Ovviamente per queste piccole spiegazioni mi avvicinavo e gli parlavo a bassa voce…e così all’uscita, quando mi sono fermato a salutare un gruppetto di vecchi amici di Solero, qualcuno mi ha detto, sogghignando, che pensavano, forse speravano, che mi stessi confessando! Beh, ho risposto che allora avrei avuto bisogno almeno di un’intera settimana di musica e permanenza in chiesa. E forse non sarebbe bastata.

Ma, a parte queste amenità da piccolo pese della provincia italiana, il Concerto? Magnifico. Il coro, un insieme composto dalla Corale San Secondo (di Asti) e il Coro Officina Vocis si è dimostrato estremerete duttile e trascinante. Possente nei momenti di grande intensità sonora, ma in grado di seguire con agile prontezza il Direttore, quando venivano richiesti momenti di notevole trasparenza sonora a dinamica molto ridotta. Non una sbavatura oppure uno sbandamento, ma anzi: un canto corale deciso, limpido, melodiosissimo. Che peraltro si amalgamava magnificamente con il suono di una splendida orchestra, la Melos Filarmonica, condotta davvero con piglio deciso e grande qualità musicale dal Maestro Mario Dellapiana. Ero, appunto, in prima fila: quando coro e orchestra lanciavano le bordate sonore dei fortissimi il climax si faceva davvero incandescente e travolgente.

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Che poi pure l’inizio del concerto, con la Romanza n. 2 op. 50 per violino e orchestra di Beethoven, che con il resto in effetti non c’entrava molto, ma che di fatto veniva definito, dal programma di sala, un delizioso benvenuto all’ascolto è stato notevole Il giovanissimo violinista, Filippo Conrado, apparentemente molto timido e un po’ impaurito, si è rivelato perfettamente all’altezza della situazione. Sorretto da un’orchestra dal suono caldo e avvolgente, il luminoso canto del violino si è alzato nella bella chiesa di Solero con una limpidezza davvero encomiabile. Un magnifico, preludio a quel che sarebbe venuto dopo, ovvero una serie di brani sacri per coro, soli e orchestra del divino Amadeus.

Si è iniziato dall’Ave Verum Corpus, K618, uno degli ultimi capolavori della maturità mozartiana (beh, vi ricordo che Amadeus ci ha lasciati a soli 36 anni), solenne e molto commovente, per poi passare al Veni Sancte Spiritus k47, splendido  brano di un Mozart dodicenne, per arrivare al davvero magnifico Agnus Dei, tratto dalla Messa dell’Incoronazione K317, un immenso capolavoro sacro. In questo caso abbiamo potuto immediatamente apprezzare la splendida voce della soprano, Francesca Idini, dalla voce lirica limpida e ben timbrata, del tutto esente dal vibrato che a volte che si sente anche in questo repertorio, dove invece deve essere del tutto inesistente. Spendida.

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E poi, i sei brani sacri dell’immenso Vesperae Solennes de Confessore, k339. Ultimo lavoro sacro di Mozart per Salisburgo, prima della sua fuga da quel luogo, ormai per lui asfittico, per Vienna. Ultimo lavoro, ma direi ultimo, immenso capolavoro. Dove non solo coro e orchestra, ma anche i solisti sono assai impegnati. Tutti all’altezza della situazione, tanto la mezzosoprano Sara Lacitignola, che il tenore Luigi Nosenzo, che il basso Giuseppe Gerardi se la sono cavata bene…ma è stato lo stesso Mozart ad esaltare in modo straordinario la parte della soprano… e vi spiego cosa voglio intendere, ovvero quando il divino Amadeus abbia genialmente costruito un vero coup-de-theatre all’interno del susseguirsi dei brani sacri. Perché lui, dopo un iniziale Dixit Dominus dallo sfolgorante Do maggiore, che ci trasporta decisamente verso cieli divimi. e i successivi salmi dove sfrutta magnificamente tutte le risorse della compagine musicale, propone un salmo dal tono serioso, dal sapore scuro e contrappuntistico, piuttosto severo rispetto a quanto ascoltato sino ad allora…ma poi – e qui ho sussurrato a don Mario: e ora senti cosa ci regala Mozart – poi arriva un Laudate Dominum che è sic et simpliciter una magnifica aria per soprano e orchestra, dove il coro arriva a supporto, ottimale, solo nella parte finale del brano. Ho guardato di sottecchi don Mario, mi sono guardato intorno. L’unica parola che si può utilizzare in momenti come quello è incanto. Si: eravamo tutti assolutamente e totalmente incantati da cotanta bellezza sonora, che Francesca Idini interpretava, sapientemente sostenuta dalla direzione d’orchestra, con una limpidezza sonora a sua volta stupenda. E il Magnificat finale era poi davvero spettacolare, ma come bis è stata richiesto il Laudate Dominum così propenso a condurci verso il paradiso.

E noi, la strana coppia di ascoltatori? In realtà Don Mario ha una notevole sensibilità e conosce e comprende la grande musica…io lo provocavo un po’ spiegandogli qualcosa…ma poco, anche perché entrambi eravamo letteralmente in estasi all’ascolto di quei grandi capolavori mozartiani, i Vespri Solenni del Confessore, e il resto. Che, così magnificamente interpretati, ci hanno trascinati nel vortice della loro immensa bellezza, in onore di un Santo Medievale la cui statua guardava tutti dall’alto in basso… Io, da parte mia, dico grazie a don Mario, per la sua simpatia e per aver ospitato accanto a lui un vecchio peccatore…che non ha interesse per i santi. Che però si è commosso quando la soprano ha intonato, con tutta la dolcezza del mondo, il Laudate Dominum,… un peccatore che almeno un poco potrebbe far parte di quegli hominibus bonae voluntatis che nel Gloria vengono subito dopo quell’ Excelsis Deo che il concerto che vi ho descritto ha così bene glorificato…

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