Non in nome di Giulia

Da un fatto terribile che avrebbe dovuto unire i cuori e le anime di tutti, si è scatenato il peggio del peggio. Dai post che accusano il genere maschile di essere composto da sadici e assassini in quanto maschi ai nostalgici dei bordelli, a quelli che parlano ossessivamente della sorella della povera Giulia o del patriarcato, alle liti maschi contro femmine come alle elementari, ai complottismi più deliranti. Segno di un mondo la cui energia è impazzita travolgendo tutto, logica e buonsenso, pietà e decenza, in un infernale tutti contro tutti amplificato dalle derive ipertecnologiche.
La cultura popolare, la compassione, l’arte, il sentimento vengono triturati in una perenne guerra di eserciti improvvisati che traggono forza solo dal loro rancore, dall’esibizione di dolori personali elevati a Moloch che coprono qualsiasi orizzonte. Quando sarebbe così saggio, così naturale e così umano fermarci tutti e ricominciare partendo dai concetti più semplici. Amore, dialogo, rispetto, consapevolezza che la vita non è perfetta e che ci troveremo sempre ad affrontare avversità, cattiveria, distruzione perché questa è la natura delle cose che non sappiamo più accettare.
Invece di unirci procediamo soli e rabbiosi come atomi in entropia, scambiando le nostre fissazioni sempre più ristrette per verità assolute e universali. Ci urliamo addosso nel chiuso di stanze che somigliano a celle, urliamo nelle nostre stesse orecchie e diventiamo sordi e isterici, e non ci parliamo più. Usiamo milioni di parole sparate a raffica, ma non ci parliamo più.

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Paolo Cagnoni

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