La tragedia dimenticata della “Arandora Star” nel fondamentale convegno di Casale Monferrato.

Ho provato a domandare a diversi amici e amiche se sapessero cosa fosse la Arandora Star e, benché si trattasse in genere di persone informate e di buona cultura, ho visto praticamente soltanto nei loro occhi dei punti interrogativi, seguiti dal verbale e disarmato: No, non so…di cosa si tratta? Anche io ero un di loro, e non sapevo nulla di questa Arandora Star. Poi all’inaugurazione di Golosaria, a Casale Monferrato, la scorsa primavera, dove si parlava di emigrazione, ho avuto la fortuna di conoscere Maura Maffei. Che è una romanziera, non una storica di professione, che però ha scritto due romanzi storici dedicati a questa tragedia dimenticata, e che quel giorno a Casale ha coinvolto tutti noi nella conoscenza di quanto accaduto il 2 luglio 1940 nell’Atlantico al largo della Gran Bretagna. E quello che è accaduto è un’assurda, ingiusta e terribile tragedia di guerra e di emigrazione.

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Perché nella Gran Bretagna del 1940 vivevano e lavoravano diverse migliaia di italiani. Famiglie e famiglie di gente quasi sempre perfettamente integrata, che faceva attività di svariato genere, andando dal pittore famoso per i suoi ritratti alle belle signore della borghesia londinese, al sarto al cameriere al violinista. Erano fascisti? Lo erano nella misura in cui le corporazioni, le associazioni degli Italiani all’estero e così via, erano legate al fascismo in quanto rappresentazione della Patria lontana. E poi, faccio una considerazione personale ma storica: Churchill stesso ebbe a dire che se fosse stato Italiano sarebbe stato fascista. Quindi il fascismo non era di per sé ostile al mondo britannico. Lo diventa, eccome, quando Mussolini dichiara guerra, nel 1940, a Francia e Gran Bretagna. E, quindi, improvvisamente, tutti gli Italiani diventano dei nemici, delle possibili spie del nemico…e vengono rastrellati, tutti i maschi adulti, da 15 a 65 anni, strappati alle famiglie, e con un bagaglio minimale, mandati in campi di raccolta. Le famiglie rimangono senza sostentamento e soprattutto senza più notizie dei loro mariti, padri e figli. Poi, ecco la tragedia: 1500 persone, fra cui circa 600 Italiani, vengono imbarcati su questa vecchia nave da crociera, la Arandora Star, appunto. Però gli Inglesi si dimenticano di segnalarla come nave di traporto prigionieri…e un sommergibile tedesco la silura e la fa affondare. Si salverà soltanto la metà dei passeggeri. Molti morti li porterà il mare verso qualche riva. Molti altri sono ancora laggiù, dentro la nave, sul fondo dell’Atlantico.

Questo, e molto altro ancora, ci è stato narrato, nel bellissimo convegno dello scorso 7 Ottobre, fortissimamente voluto dalla scrittrice Maura Maffei, e davvero importante, per i temi e l’altissima qualità dei conferenzieri, introdotti dalla moderatrice, la giornalista Paola Casulli. Prima fra i numerosi relatori, la Dottoressa Maria Serena Balestracci, studiosa fiorentina, che per prima ha indagato, da storica, la terribile vicenda di questa nave. Il suo secondo libro che tratta l’argomento è reperibile in libreria, con il titolo Arandora Star. Dall’oblio alla memoria. Con una bella voce timbratissima e profonda – ho scoperto poi, in una breve conversazione, che è anche una cantante – ci ha narrato di essere stata una delle primissime ricercatrici che, nella sua tesi di Laurea, dal titolo molto esplicito: Arandora Star: una tragedia dimenticata, ha portato all’attenzione della pubblica opinione – o almeno degli studiosi della II Guerra Mondiale, quell’incredibile quanto assurdo episodio. La Dottoressa Balestracci ci ha raccontato che, al tempo della stesura del suo libro, le notizie su questa vicenda erano davvero pochissime. E di conseguenza era semplicemente difficilissimo fare ricerche, anche se certamente lei è stata aiutata dal fatto di poter fare interviste ai pochi sopravvissuti ancora viventi. E il motivo dell’oblio della Storia? La volontà dei Paesi coinvolti di mettere tutto a tacere per opportunità politica. Anche perché in nessun modo i poveri Italiani così ingiustamente trattati non avevano neppure lontanamente a che fare con il poter essere pericolosi terroristi e spie. Il loro trattamento è stato un’immensa ingiustizia proprio perché si è trattato di una vera e propria presunzione di colpevolezza senza che vi fossero colpe! Non hanno subito un processo, non hanno potuto farsi difendere in sede giudiziaria, non hanno potuto mandare notizie alle famiglie lontane e giustamente molto preoccupate…ogni umano e legale diritto violati. Comprensibile che, a guerra finita con l’Italia alleata con la Gran Bretagna, si volesse mettere a tacere un episodio tanto increscioso, no? E invece i nostri compatrioti erano gente integrata perfettamente nella realtà sociale della Gran Bretagna, con ottimi rapporti con la popolazione locale, ovunque si trovassero. Rapporti che si deteriorano da un giorno all’altro, perché diventano, per i cittadini inglesi, dei nemici in pectore. E si scatenano anche tanti, troppi episodi di intolleranza nelle strade di Londra – e non solo – che vedono coinvolte anche le famiglie rimaste nelle proprie case. Pensate che dopo la loro atroce morte in mare, non venne MAI emesso dagli inglesi alcun comunicato ufficiale sullo stato di detenzione di quelle persone! Incredibile…Ma un altro episodio, narrato con accorata passione dalla Dottorezza Balestracci, mi ha colpito molto…ovvero il fatto che, arrivati poi in Canada, dove sarebbero stati internati, un po’ degli Italiani sopravvissuti, i canadesi si aspettassero dei feroci guerrieri da tenere sotto controllo…invece si videro di fronte dei padri di famiglia con i capelli brizzolati e i mestieri più diversi, ma che non assomigliavano neppure lontanamente all’idea di feroci combattenti. Un intervento, quello della studiosa fiorentina, corposo, davvero notevole. Aggiungo una parentesi molto simpatica: in realtà la Dottoressa Balestracci mi ha narrato, in una simpatica conversazione svoltasi nell’intervallo dei lavori, che avrebbe voluto redigere la sua Tesi di Laurea su un argomento decisamente diverso: I Beatles! E invece…

Dopo questo suo intervento che sopra ho riassunto, si sono sviluppati una serie di ulteriori interventi di studiosi, politici, appassionati di quel periodo storico. Non posso certo riassumerli tutti quanti, ci vorrebbero pagine e pagine, molte di più di quelle a mia disposizione. Ma vorrei citarne alcuni che mi hanno particolarmente colpito. Intanto quello, in collegamento dall’Inghilterra, della Dottoressa Terri Colpi, che, con voce decisamente commossa, ci ha narrato che l’Associazione di cui fa parte ha contribuito alla realizzazione di un memoriale, e ora si sta occupando della realizzazione di un monumento che sia un memento di tutti gli italiani vittime della Arandora Star. La lista definitiva ci dice che a bordo c’erano 704 italiani, con l’altissimo numero di 442 vittime. Di origine piemontese c’erano 87 persone, di cui 64 perirono nell’affondamento. Ci ha parlato con voce rotta delle vittime che non hanno avuto neppure un pezzo di terra che ospitasse i loro resti, totalmente dimenticati dagli uomini e dalla storia…e di un monumento che in loro ricordo ora si sta costruendo. Un intervento davvero coinvolgente. La tenerezza che diventa Storia e viceversa.

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Ma vanno segnalati certamente anche gli interventi del Presidente del Comitato Pro vittime Arandora Star di Bardi, Giuseppe Conti, che ha esaminato un aspetto importante, ovvero quello di come viene riportato dalla stampa inglese la tragedia: pochissime notizie e pure parecchio fasulle, come il dire che si trattava di pericolosi nemici, quando erano semplice popolo italiano…ma non erano nulla, per quel tempo e quella guerra: vite a perdere e niente altro. Poi il giornalista Pier Luigi Previ ha sollevato un altro argomento assai interessante, inerente all’Ufficiale responsabile dell’affondamento, Günther Prien. Intanto nel ricordare che lui era convinto di tirare ad una nave che non trasportava prigionieri, poi che non si trattava di un nazista, ma di un eroe di guerra della Wermacht, che ha fatto solo il suo dovere: il terribile dovere dei tempi di guerra.

Poi, oltre agli accorati interventi di Luigi Sergio Ricca, sindaco di Bollengo (TO), e Lino Pettazzi, sindaco di Fubine (AL), ossia i sindaci dei due paesi che nella nostra regione hanno avuto purtroppo il maggior numero di vittime, vorrei ricordare alche l’intervento di Giancarlo Libert, in rappresentanza del Circolo Culturale I Marchesi del Monferrato, che ha spiegato sia le motivazioni dell’emigrazione italiana – ma soprattutto piemontese – in Gran Bretagna, che forniva a quella nazione una mano d’opera di ogni genere ma soprattutto di ottimo livello, ed in più ci ha ricordato i numeri di quell’emigrazione, che, sebbene molto inferiore a quella verso altri continenti, aveva la sua ragione d’essere. Molto sentito, a mio avviso, è stato poi l’intervento di Romeo Broglia, che in primo luogo ha esordito tracciando un percorso che vuole certamente non dimenticare il passato, ma vuole dare forza e speranza al futuro, attraverso un presente che di quel passato deve essere il superamento. Ci ha così narrato della targa apposta per le vittime della Arandora Star al Porto di Liverpool, da dove era partita la nave, della commovente commemorazione, con lo spargimento di corone di fiori nella zona dell’affondamento, con i rappresentanti di tutte le nazioni coinvolte, finalmente in pace. E le colpe? Colpe di tanti, ma la considerazione finale che alla fine la colpa è soprattutto della guerra, dello schifo e della follia della guerra. E, detto in tempi come questi, che siamo comunque costretti a vivere, fa parecchio riflettere.

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Ma il colpo di scena finale, da vera narratrice di razza, ce l’ha regalato sul finale proprio Maura Maffei. Che ad un certo punto s’è avvicinata ad un quadretto che pareva essere là quasi per caso, un po’ in disparte…no! Perché si trattava di un dipinto del pittore Severino Trematore, una delle vittime dell’Arandora Star, famoso all’epoca per i suoi ritratti femminili. Ma un giorno, alla Libreria Sabina di Arenzano, durante un firma copie di Maura, entra una signora. Interloquisce con Maura, le dice di amare i romanzi storici, Maura le dice che in effetti lei scrive solo romanzi storici…esibisce il primo dei due sulla Arandora, Quel che abisso tace… e quella signora, Donatella Trematore le dice di aver avuto uno zio morto, appunto, in tale affondamento…era la figlia del fratello di Severino, Furio. Donatella vive con il marito Vito in provincia di Belluno ma era in vacanza ad Arenzano…ed ora eccola lì fra noi a Casale, in un tenero abbraccio con Maura, emozionata e felice di quella straordinaria e casuale conoscenza. Si tratta, credo, di un finale davvero emozionante, che ha donato a tutti noi un vero colpo di scena letterario, inaspettato e commovente. Grazie di tutto questo, Maura.

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