Le giubbe rosse che vogliono aggiustare l’universo: la splendida festa della Croce Rossa a Monastero Bormida.

Mi scrive la mia amica Carla Panaro, di Monastero Bormida…mi manda una locandina, con un invito alla Festa della Croce Rossa – Comitato di Asti – Sede Valbormida Astigiana…che bello, le rispondo: complimenti e buon divertimento. Come al solito mica ho capito niente. Perché Carla mi dice che vorrebbe tanto che ci andassi pure io, a questa manifestazione. Ma io non sono né un Volontario né tantomeno un’Autorità, le dico…ma no, l’idea sua è che vada a fare un reportage della giornata. A fare il giornalista fra le giubbe rosse della Croce Rossa e tutte le Autorità. Debolmente protesto, ricordo a Carla che io sono un giornalista culturale, e lei lo sa benissimo, visto i tanti articoli che ho fatto su Monastero, fra mostre d’arte e teatro estivo e invernale. Che non c’entro nulla con la Croce Rossa e chissà che sciocchezze scriverei…ma lei, ineffabile e impietosa, mi ricorda un articolo che ho pubblicato un po’ di tempo fa, sull’inaugurazione di una sede + auto della Protezione Civile a Casal Cermelli. Se hai fatto quello, ed è riuscito bene, perché non da noi a Monastero? Perché quello l’ho fatto per fare un favore alla mia amica Antonella Cermelli, Sindaco di Casal Cermelli, le dico…e poi capisco che ora sto davvero in trappola…perché anche Carla è una mia grande amica…e mi sta chiedendo la stessa identica cosa…quindi come faccio a dirle di no??!!

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E allora eccomi là, in un’assolata e splendida mattina di settembre, ad aggirarmi, un po’ spaesato, fra le giubbe rosse della Croce Rossa, armato di giacca e cravatta per darmi un tono, di macchina fotografica per fotografare i loro volti e i loro sorrisi, di una strana agenda per scrivere le loro parole. A disagio? No, per nulla, perché Carla mi presenta un sacco di gente, e tra saluti e strette di mano con queste giubbe rosse, mi sento avvolto di cordialità e accoglienza. Li guardo negli occhi, sorrido, faccio domande. Molto prima dell’ufficialità della giornata, dei discorsi dei loro dirigenti, dei politici, prima ancora della festosa consegna dei Diplomi di Benemerenza – tutte cose importanti anzi indispensabili e sacrosante, in questo giorno della loro festa – il mio istinto di giornalista di narrazione mi spingeva a cercare i loro volti, le loro parole, le loro motivazioni…quello che spinge una donna o un uomo di queste colline a passare tanto tempo della propria vita ad aiutare gli altri, ma non genericamente, bensì nella prassi concreta di sofferenza per malattie spesso terribili, di soccorso in incidenti spesso cruenti. Ho scoperto che, in vari casi, ci sono consistente parti di famiglie di Monastero che fanno tutti parte dei Volontari della Croce Rossa, come in un passaggio un po’ misterioso di un importante testimone.

E poi la sfilata e la Messa, chiesa strapiena, tutti dentro o quasi, con le giubbe rosse e i cappelli degli alpini e gli stendardi, e la suggestione di volti e colori, di sguardi rivolti all’altare e forse più in alto, forse a pregare di non dover correre, stanotte, domani, a salvare vite, ché significherebbe che non ce ne sono, di vite da salvare…sono passato fra le navate, invadente fotografo e scrutatore di visi e di occhi che guardavano l’altrove lontano del cielo…subito lì fuori tre volontari, di Acqui…ho parlato con loro, gli ho fatto domande scomode, sul dolore del mondo con cui hanno così tanto a che fare. Mi hanno donato risposte sincere, non facili. Perché lo fate? Cosa vi spinge a chinarvi sul dolore degli altri per alleviarlo, per trasformare una possibile, probabile morte, in vita?  proprio bene bene non sapevano neppure loro il perché…mica sono filosofi che si fanno mille domande…però ora ci riflettono, e fanno, anzi facciamo considerazioni e riflessioni insieme, che anche io, pur con la mia divisa da serio giornalista in giacca e cravatta, mi sento di far parte, in quel momento, del loro gruppo. E allora parliamo del loro forte senso di appartenenza…si: l’orgoglio di appartenere ad un gruppo motivato e potente di giubbe rosse che attraversano la notte a salvare una vita, e la mattina a trasportarne un’altra, precaria e sull’orlo di una qualche baratro di dolore, ad un ospedale… È quello che occorre fare, va fatto al meglio, noi lo facciamo… Già, come spesso capita, forse è tutto contemporaneamente più semplice e più complicato di quello che appare… Li guardo…in pochi minuti con loro c’è già un forte senso di amicizia…e parlo: ve lo dico io quello che fate..sbotto…lo sapete, lo sappiamo, che l’universo è spesso impietoso, che il mondo è pieno zeppo di dolore: voi avete l’eroico coraggio di volerlo aggiustare, almeno un po’, l’universo…alla fine di tutto il vostro scopo è di aggiustare l’universo… mi guardano, stupiti, non dicono altro…salvo un sorriso che vuol dire che è proprio così…

Poi la messa finisce, escono, si va alla benedizione delle ambulanze e al taglio del nastro della nuova fiammante e bellissima sede della Cri di Monastero. Faccio foto, faccio le mie solite gaffe, tipo rischiare di staccare il nastro intorno alle ambulanze…e sono tutti schierato che mi pare di essere tornato in caserma a Cecchignola, pronto per alzare la bandiera e canticchiare l’inno. Invece arriva il parroco e le benedice, le ambulanze. Penso che si dovrebbe invocare una parte di Dio di cui poco sappiamo, che ricordo in un libro di un grande esegeta, Sergio Quinzio: la Tenerezza di Dio. Spero proprio che la Sua tenerezza le tenga ferme il più possibile, quelle ambulanze, che di loro non ci sia alcun bisogno. So che non sarà così…ma non importa: Libera nos a malo.

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E poi, via, in una specie di corsa ad ostacoli di mille cose da fare. Un sole caldo su tutti noi, ogni tanto qualcuno sul palco diceva che era tardi e tutti avevano fame…ma poi, no: la cerimonia andava aventi con la lentezza e l’importanza dei momenti più sacri della vita. Dal Decalogo del soccorritore, letto da un gruppo di giovani, emozionatissime, giubbe rosse, alla consegna dei diplomi di benemerenza.  E mi rendevo conto che anch’io, che avrei dovuto essere più o meno indifferente a tutto questo, in realtà mi sentivo molto partecipe e coinvolto, molto avvinto da quella straordinaria e conviviale festa di popolo, il popolo delle giubbe rosse.

Ed ecco la consegna delle benemerenze, ovvero, di fatto, attestati di anzianità di prestazione di quel servizio volontario, dai 5 anni in su, sino a trent’anni di Croce Rossa: una vita al servizio del dolore degli altri…e ho guardato con ammirazione i loro sorrisi ed la genuina gioia che si evidenziava potente in ognuno di loro, mentre quelle che di norma vengono definite le Autorità hanno consegnato i diplomi.

E fra le Autorità c’era Vittorio Ferrero, responsabile della Cri Piemonte, e Gianluigi Fantato, responsabile del 118. E c’era Marco Gabusi e c’era Stefano Robino, presidente provinciale Cri, che avevo conosciuto appena arrivato a Monastero, con la giubba rossa pure lui. C’era Giorgio Sartor capo PC, delegato dal Prefetto di Asti, e c’era Angelica Corino, Assessore della Provincia di Asti…e il Luogotenente della GdF, Guido Dotto e Marco Listello, sindaco di San Giorgio Scarampi e presidente della Comunità Montana Langa Astigiana e infine c’era Gigi Gallareto, Sindaco di Monastero Bormida. Qualcuno di loro ha solo premiato i volontari, molti han fatto discorsi…che barba, starete pensando, voi che leggete. No, perché quello che letteralmente zampillava dai discorsi dal palco, dai volti e dai sorrisi di tutti coloro che parlavano e coloro che poi hanno avuto il diploma, era un genuino, sano, profondo entusiasmo. Tutti addetti ai lavori di un qualcosa che più che un lavoro è una vocazione: la volontà caparbia di voler fortissimamente credere nella splendida e meravigliosa utopia di poter aggiustare l’universo.

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Termino parlando di una breve ma bella intervista che una volontaria ancora tirocinante, Donatella Giordano, mi ha rilasciato dopo il rinfresco. Una donna con due figlie adolescenti che comunque quel tempo di aiutare gli altri lo trova, e io ne sono ammirato e stupito. Anche lei mi ha parlato del piacere della convivialità, del benessere che si prova in quel senso di appartenenza…e mi ha poi detto, sorridendo, una frase bellissima che mi ha molto colpito, che trascrivo letteralmente: Sai, una cosa bella di fare questo tipo di volontariato è anche entrare nelle case delle persone che hanno bisogno di aiuto, entrare nelle loro case e nella loro vita, in quel momento in difficoltà…ecco, io entro li e sento di essere nel posto giusto al momento giusto. Non dico nulla ma lo penso: anche tu a voler cercare di aggiustare almeno un piccolo angolo di universo. La tenerezza di Dio…

Me ne sono andato: molti, compresa Donatella, mi hanno stretto la mano, mi hanno detto grazie di essere qui, mi hanno sorriso con una strana forma di novella amicizia…a tutti loro ho dato la stessa risposta, non perché standard, ma perché sincera: Grazie a voi, grazie per quello che fate

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Ma fatemi terminare questo scritto con il mio particolare grazie…Grazie a Carla Panaro che mi ha coinvolto – mio malgrado, lo ammetto -ma mi ha regalato una giornata davvero speciale ed indimenticabile, fra queste giubbe rosse che vogliono aggiustare l’universo…

 

 

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