Lo straordinario dinamismo di Monica Massone e dei suoi “Mostri Sacri”, in una splendida serata ovigliese.

Quando Emilia, la vice sindaca, mi ha detto che ad Oviglio si sarebbe rappresentato uno spettacolo di Monica Massone, dall’intrigante titolo Mostri Sacri, quasi non ci credevo. Avevo a suo tempo promesso a Monica – e ogni promessa è debito – che sarei stato in prima fila ad uno suo spettacolo, dove avrebbe potuto esprimersi ai massimi livelli. Ed ora questo suo spettacolo, invece di farmi muovere per andare chissà dove, arriva proprio a casa mia! Fantastico. E un sincero plauso al Comune di Oviglio che ha optato per una proposta teatrale non certo scontata, anzi. Però ammetto di aver già visto recitare Monica, anche con brani su YouTube, e di essere bene a conoscenza delle sue notevoli capacità attoriali ed espressive. Per di più, a guardare la locandina, la vedo circondata da due dei personaggi più straordinari della storia culturale italiana…ma direi universale. Due intellettuali straordinariamente Maudits, che incidentalmente amo e ho amato sin da giovanissimo, frequento e ho frequentato ogni volta che posso e ho potuto. Pensate che lo dica tanto per dire? Beh sappiate che ogni qualvolta io vado a Roma, e ci resto qualche giorno, che mi capiti da solo oppure in compagnia, compio una sorta di pellegrinaggio artistico fra le varie chiese romane dove sono custodite alcune fra le più belle opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio…e se sono con qualcuno gli faccio una non petita spiegazione sulle opere che ha davanti, con sin troppa convinzione…e mi intenerisco tutte le volte che spiego a qualcuno che la Madonna di Loreto della Chiesa di Sant’Agostino era in realtà una prostituta, e che per un lungo periodo le bagascie del quartiere – e non solo – occupavano i primi banchi, i più vicini a quell’opera meravigliosa, e pregavano, per la loro vita grama, una Madonna che aveva il volto di una di loro…

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E Pasolini…mah, che dire? La prima volta che ho letto Le Ceneri di Gramsci, con quel suo incedere a terzine cariche di passione civile, con quelle parole piene di musica, come quando dice: Me ne vado, ti lascio nella sera / che, benché triste, così dolce scende / per noi viventi, con la luce cerea / che al quartiere in penombra si rapprende, avrò avuto 17 anni…non pare neppure vero, ora di averla avuta quell’età… eppure a rileggerli, quei versi, sempre e come allora mi commuovo…e poi di Pasolini ho amato questo suo essere un intellettuale a tutto tondo, capace di vette espressive di rara drammaticità ed intensità in tutte le espressioni artistiche che visse e fece sue…e con questo immenso amore per l’Arte, le sue continue citazioni figurative dentro i suoi film. Che probabilmente oggi nessuno guarda più, e nessuno produrrebbe più, che il tempo di quel cinema è ormai passato e amen.

E Monica Massone, che ci farà, mi chiedevo, quando mi sono seduto per gustarmi il suo spettacolo, di cui non sapevo nulla, anche volutamente, apposta per viverlo meglio, con due protagonisti così straordinari, ma anche così ingombranti? Ora però, prima di dirvi quello che ho visto – e interpretato – di quello spettacolo così impegnativo e stimolante, vi dico che ho chiesto a Monica una breve intervista sul suo mondo artistico, sui suoi intendimenti teatrali, sui suoi riferimenti artistici…così quando le ho chiesto perché proprio quei due personaggi e non altri, mi ha risposto così: Sì, è un caso che il 2022 (quando ha iniziato a scrivere il testo, n.d.r.) fosse esattamente un secolo dalla nascita di Pasolini, a sua volta intimamente connesso alla sensibilità e alla poetica pittorica di Caravaggio; entrambi sono per me, e per milioni di persone al mondo, esempio di libertà, coraggio, talento e autenticità, due esempi così estremi in purezza da assurgere, appunto, all’universale definizione di “Mostri Sacri”, verso cui si deve tendere per migliorare costantemente noi stessi, e di fronte a cui non bisogna scappare spaventati dalla loro grandezza, rifugiandosi, perciò, in una consolante piccolezza e ristrettezza di concezioni e abitudini.

E allora mettiamoli un attimo da parte, questi due Mostri Sacri e parliamo del terzo personaggio della vicenda, ovvero la stessa Monica…ma non la Monica di oggi, anno 2023, ma la Monica adolescente, anni ’90, che letteralmente mette in scena i suoi dolori del giovane Werther , di primo amore adolescenziale, per un giovane suonatore di sax che, insomma ci fa anche un sesso più o meno appagante…ma soprattutto scopre che forse non è tutto rose e fiori…Anche qui la mia curiosità di giornalista i provincia mi ha portato a fare una domanda, forse un po’ sciocca, per capire quanto di autobiografico c’è davvero in questa protagonista e quanto di letterario. Ecco la risposta di Monica: L’idea è mia ma, per la vicinanza con il mio vissuto, ho chiesto alla mia collega Elena Forlino di scrivere la parte relativa alla “giovane Monica”: in realtà, come dichiaro a inizio spettacolo, è una vicenda d’amore (il Primo Amore) che tutti, in varia forma, abbiamo vissuto, interpretata per contribuire alla consapevolezza che ogni vita è foriera di bellezza e poesia, anche se, apparentemente, si definisce “comune” l’esistenza di chi, per varia ragione, non balza all’onore della cronaca. L’Amore è eterno, per cui ancora oggi provo affetto per il musicista Andrea (nome di fantasia) ma alcuni passaggi della storia sono volutamente enfatizzati per meglio corrispondere alla drammatizzazione di Caravaggio e al pensiero di Pasolini.

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Bene, allora ora sappiamo tutto sullo spettacolo di Monica Massone, no? Magari no, perché la pièce teatrale di Monica è complessa, sorprendente, impregnata di un dinamismo straordinario. Quindi ora non posso esimermi da dirvi cosa ho visto ed interpretato criticamente io, quella sera d’estate, ad Oviglio. Ho visto qualcosa di assai stimolante, ovvero la rappresentazione teatrale di un moderno setting psicoanalitico, dove una Monica di oggi, una donna, ma anche una sensibile artista, prova a fare i conti con quella sua sé stessa adolescente, con le sue prime e irrisolte pulsioni amorose, con la propria delusione di allora, nei confronti dell’amato sassofonista. Nel moderno setting l’attore (ma guarda un po’) che è la persona che si auto indaga, con l’aiuto del terapeuta, mette in scena – letteralmente – i suoi personaggi, quelli che più gli paiono adatti, quelli che crede meglio utilizzare: pezzi della propria anima, in scena nel suo spazio interiore. E allora i due Mostri Sacri, forse altro non sono se non la metaforica rappresentazione della dinamica di uno scontro interiore, che è necessario affrontare per risolvere – comprendere, superare – i conflitti. Ho apprezzato la raffinatezza della scelta: di Caravaggio la rabbia di chi si sente di essere pieno di creatività, eppure con la sorte contraria ed avversa, preda di un destino cinico e baro che soffoca e lascia unico scampo…l’omicidio…e di Pasolini, la tenerezza – quella del Fiore delle Mille e una Notte, dove più che sull’eros tutto si basa sulla ricerca dell’amore come affettuosità, dolcezza…tenerezza, appunto… quello che la giovane Monica cercava… Certo, stiamo parlando di due spicchi dell’opera e dell’anima di due grandissimi…ma si tratta di quei due spicchi necessari a Monica per tornare laggiù, all’irrisolto nodo gordiano della propria adolescenza.

E lei, cosa fa per esprimere tutto ciò? Lei utilizza magistralmente il suo viso ed il suo corpo, entrambi duttili macchine dalla dinamica straordinaria, per trasportarci in una continua, cangiante e sorprendente traslocazione emotiva fra la giovane Monica e i suoi personaggi del setting, che entrano nella vicenda, ne suscitano emozioni e sentimenti – in noi, in Monica – poi repentinamente ne escono, ed eccoci tornare al viso al linguaggio al corpo adolescente della giovane Monica. Che con una dinamica straordinaria diventa altro, altro dal personaggio che tuona improperi contro un mondo che non lo comprende (e quanto è adolescenziale, no, tutto questo?) – Caravaggio – e altro da un Pasolini delicatissimo e malinconico, alla ricerca delle parole giuste per i sentimenti (e quanto è altrettanto adolescenziale anche questo?). Ed è la Monica di oggi che attraverso quei mostri sacri, introitati nel proprio immaginario, nel proprio essere, ri-scopre e ri-trova la sé stessa adolescente con la quale chiudere finalmente i conti. Semmai potessero veramente essere chiusi…

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Così in quella sera ovigliese ero sinceramente molto ammirato, tanto per quello che era stato rappresentato, con coraggio e intelligenza, quanto per come era stato rappresentato, con il viso, il corpo e l’anima di Monica Massone. Le ho poi domandato se il suo è un lavoro concluso, oppure potrebbe modificarne qualche parte -perché a mio avviso ci sono spazi per variazioni sul complesso tema proposto – e mi ha confessato che Di sicuro, con l’aumentare delle repliche, si accresce la consapevolezza di ciò che funziona e di ciò che serve modificare/integrare…Sono in fase di “ascolto”… Lodevole atteggiamento davvero, anche se la pièce è comunque assai efficace già così. Aggiungo che mi piacerebbe vedere Monica Massone alle prese con un testo dell’antichità…di Euripide, magari. Le ho fatto questa domanda, in merito, che vi riporto integralmente, insieme alla sua risposta: Quello a cui ho assistito è il TUO modo di vedere il Teatro? O per meglio dire, di norma hai scritto o intendi scrivere opere di questo genere? Oppure è il primo “esperimento” e di norma reciti testi di altri autori? Monica così ha risposto: Sto cercando di trovare un equilibrio tra interpretazione e autorialità. In un futuro, spero il più prossimo possibile, vorrei equamente ripartire il mio impegno tra l’essere “attrice pura”, al servizio, perciò, di un testo e di una regia ideati da altri, e “attrice – autrice”, ma, quest’ultima, in solitudine, dimensione, a mio avviso, ottimale, anzi auspicabile per trovare sé stessi senza alcun compromesso.

Una bellissima dichiarazione di intenti…e francamente spero che entrambi si realizzino…per un momento mi sono immaginato Monica come una ieratica e disgraziata Cassandra nelle Troiane di Euripide, quando con un’infinita, disperata amarezza dice: Madre, cingimi il capo con la corona della vittoria e rallegrati per le mie nozze regali… ben sapendo di essere destinata ad una sorte atroce.

 

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