Il delicato equilibrio fra virtuosismo e interpretazione, nel bellissimo concerto di Guido Orso Coppin al Chiostro della Biblioteca di Novi Ligure.

Ho rischiato di non assistere a questo concerto, nonostante il graditissimo invito della signora Patrizia Orsini, perché avevo un altro impegno a Casale Monferrato nel tardo pomeriggio (l’inaugurazione della splendida mostra di pittura di Piergiorgio Panelli)…poi però ho riflettuto sulla bellezza del luogo dove si sarebbe tenuto il concerto, ovvero il chiostro della Biblioteca di Novi Ligure, ma soprattutto sulla possibilità di ascoltare in concerto un giovane pianista, Guido Orso Coppin, nato nel 2002, che, benché così giovane, non è solo una promessa, ma una splendida realtà dell’interpretazione pianistica in Italia. Beh, giovane: non dimentichiamo che nell’ambito dell’interpretazione pianistica, la possibilità di raggiungere notevoli vette interpretative anche da molto giovani non è cosa poi così improbabile.

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Basti pensare che quello che è oggi uno dei più straordinari pianisti classici del mondo, l’italianissimo Maurizio Pollini, classe 1942. aveva vinto il prestigioso Concorso Chopin di Varsavia nel 1960, quando aveva appena 18 anni. Allora era un grande virtuoso del pianoforte, ora, con l’età e il grande approfondimento delle grandi opere pianistiche, è un grandissimo intellettuale dell’interpretazione pianistica. Ma se ascoltate la sua registrazione delle ultime tre sonate di Beethoven, incise nei primi anni 70, quasi cinquant’anni fa, le sue qualità interpretative, seppure fosse decisamente giovane, vi risulteranno del tutto evidenti. Bene, ascoltando l’interpretazione della sonata op. 109 di Beethoven, il primo dei brani della serata, l’interpretazione di Coppin mi ha ricordato molto le qualità interpretative di Pollini, tanto per una tecnica splendidamente impeccabile che per l’intelligenza musicale – e questa è la differenza fra una mera esecuzione ed una vera interpretazione – che non trasportava la sonata di Beethoven verso il romanticismo, ma oltre il romanticismo, per approdare decisamente alla musica novecentesca. In Coppin, rispetto a Pollini, con cui evidentemente condivide questa visione dell’Op. 109, ho trovato qualcosa di più morbido, meno martellante, e ho apprezzato anche questo suo lasciarsi andare, sì, ai momenti di tenerezza melodica, ma con il giusto pudore classicista, che Beethoven, appunto, non è un romantico.

Ho esternato queste mie considerazioni, al termine del concerto, a Guido Orso Coppin, in una conversazione talmente simpatica ed informale che non posso proprio definirla un’intervista, alla quale peraltro ha partecipato anche la simpatica mamma del giovane Maestro. Che mi ha narrato un episodio direi emblematico del giovanissimo Guido, che avrà avuto all’epoca circa quattro anni. Il quale, dopo aver visitato il Museo dedicato a Mozart, ne è uscito affermando con decisione granitica che lui da grande avrebbe certamente fatto il musicista, anzi, il pianista classico. E da allora, Guido e il pianoforte sono praticamente una sola entità! Beh, magari non il pianoforte di quel concerto a Novi, che non era un gran coda da concerto, ma un pianoforte piuttosto piccolo, che in un concerto an plen air, dove il suono già un poco si perde nello spazio fra le nuvole, non rende come invece farebbe un pianoforte più appropriato, per di più con un interprete del livello di Coppin, che comunque ha saputo sfruttarne appieno le pur non eccelse potenzialità.

Ma oltre alle qualità interpretative di questo giovane e talentuoso musicista, mi è piaciuto molto il suo rapporto con noi spettatori…perché Guido ha presentato, senza dilungarsi troppo, ma con estrema pertinenza, tutti i brani che ci ha presentato. Che forse per alcuni può apparire banale, per alcuni inutile, per altri un sovrapporsi pleonastico rispetto alla conoscenza delle composizioni affrontate. Per me, viceversa, è stato un notevole valore aggiunto alle proposte musicali, che peraltro ho percepito essere apprezzato da parecchie persone del numeroso pubblico, presente, compreso un signore di una certa età che, dopo aver dormito come un sasso per buona parte del concerto…è andato a congratularsi caldamente con il Maestro! Fantastico, no? In ogni modo, tornando alla presentazione di Guido Coppin, non posso che confermare che la stessa è stata una giusta e non banale introduzione all’ascolto di una delle ultime tre, magnifiche sonate di Beethoven, che ha messo giustamente l’accento sulla stupefacente anomalia di questa terz’ultima, l’op. 109, che ha i primi due movimenti brevi, ma molto particolari. Il primo è rapsodico, svagato…quasi una passeggiata musicale…il secondo, a fare da notevole contrappasso, drammatico sino alla cupezza…e il terzo, un grande, immenso tema con variazioni, dove Beethoven raggiunge vette di bellezza musicale mai retorica e invece veramente sublime. Che Coppin, peraltro ha interpretato davvero benissimo, con mani e corpo e sguardo che, letteralmente, possedevano e abbracciavano il pianoforte.

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Che poi questo giovane artista ha proposto una serata dal repertorio strepitoso e difficile. Difficile non tanto per problemi tecnici, che Coppin di problemi tecnici non ne ha proprio, e quando ce n’è bisogno le sue dita corrono sulla tastiera in modo francamente impressionante, ma per il confronto con i grandi interpreti del passato e non solo. Perché se per la beethoveniana Op. 109 ho citato Pollini, per il brano successivo mi è venuto alla mente Arturo Benedetti Michelangeli. Già, perchè la Ciaccona di Bach, scritta per violino, trascritta per il piano nel 1893 da Ferruccio Busoni, classe 1866 (che la pensò per essere suonata da Eugene d’Albert, allievo di Liszt, che  era un interprete assai virtuoso), fu incisa nel 1948 dal giovane (aveva 28 anni) Arturo Benedetti Michelangeli, classe 1920, che, per inciso, nel 1939, a 19 anni, vinse il Concorso internazionale di Ginevra. Guido Coppin l’ha introdotta con parole decisamente appropriate, ricordando a tutti noi il sapore organistico di quella stupefacente trascrizione, che forse sarebbe meglio definire composizione al quadrato, proprio perché Busoni si è fatto co-creatore di Bach, e trattando il brano in senso organistico, ha adattato in modo davvero incredibile  quella musica alle possibilità espressive del moderno pianoforte, inventando una sonorità para-organistica di enorme impatto e fascinazione… con lo spartito corredato di minuziose indicazioni dinamiche ed espressive…e sfruttando la tastiera al meglio, nel fuoco di un immenso virtuosismo. E Guido? Il giovane Maestro è riuscito, fra vertiginose volate sulla tastiera, come nella nona variazione, che la Ciaccona altro con è che un’aria con variazioni, e il possente pedale para-organistico che Busoni inserisce con note di immense profondità notturne, ad essere virtuoso ma solenne, impressionante nella tecnica ma mai fine a se stessa, ancella, semmai, di un qualcosa di grandioso e possente che ottimamente abbiamo percepito.

E dopo il Beethoven novecentesco e il Bach al quadrato, trascritto da Busoni, ecco il Romanticismo, quello vero, quello con la R maiuscola, il più romantico dei pianoforti romantici: Chopin. La Ballata n. 4, op. 52 in fa minore. Giustamente, nella sua introduzione verbale, Guido pone l’accenno sul sapore nostalgico di questa musica: la nostalgia di un esule, il polacco dal nome francese, Chopin, che però, nonostante la fama e gli onori che Parigi gli avevano donato, non ha mai dimenticato la sua lontana patria. Confermando in pieno le sue parole introduttive, Coppin si è come abbandonato alla musicalità chopiniana, persino nella gestualità, nel movimento del corpo tutto, che era evidentemente posseduto dal più genuino spirito musicale romantico. Certo, impeccabile nei momenti più concitati e virtuosistici, come il grandioso, drammatico finale, davvero mozzafiato….tecnica granitica, insomma…e splendida interpretazione, a mio modesto avviso, perché ha saputo proporre le tre grandissime e celeberrime composizioni della serata, sapendole differenziare il giusto, inserendole ciascuna nel proprio spazio temporale ed estetico, come solo un musicista già compiuto sa fare…e come ha fatto per noi Guido Orso Coppin.

E ora, per finire, due piccole chiose. La prima riguarda la presenza del Sindaco di Novi Ligure, che pochi giorni prima avevo conosciuto al Maglietto, per la presentazione di un libro…trovo che sia importate che le Istituzioni sappiano essere vicine a chi fa cultura, che sia letteratura o musica, come in questo caso.

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Poi, infine, lasciatemelo dire, e non certo per ingraziarmi alcuna simpatia, ma come semplice e tranquilla verità: nella mia conversazione post concerto con questo giovane ma straordinario Maestro, ho scoperto in lui una persona di grande cordialità e simpatia…e tanta pazienza, a stare lì a rispondere alle mie domande e ad ascoltare le mie stravaganti e certamente assai poco interessanti memorie di un ascoltatore.  

 

 

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