Un flaneur per le vie di Pompei: una passeggiata sentimentale, rapsodica ed intrigante, fra le recenti acquisizioni da Pompei, nella Conferenza di Ferdinando Caputi al Museo della Gambarina.

In questo articolo sarò molto critico nei confronti di Ferdinando Caputi, moltissimo, anzi. O meglio, sarei molto critico, se io fossi un accigliato accademico che vuole vedere tutti i conferenzieri (e se è solo uno almeno con accanto un assistente che faccia scorrere le diapositive ad ogni cenno del boss), seduti di fronte a lui, serissimi e con un percorso espressivo di ciò che hanno da dire assolutamente sequenziale e coerente. Manuale del conferenziere Professionale & Accademico: guai a divagare, guai ad aprire parentesi, guai a dare le spalle agli uditori, guai a non essere sempre molto lineari e privi di divagazioni…guai soprattutto a vivere con gli astanti un percorso rapsodico, un po’ improvvisato, un po’ giocoso…Recentemente mi è capitato di assistere ad una conferenza simile a quella che vi ho appena descritta, una serissima prolusione di quattro accademici, non in dibattito, ma l’un dopo l’altro al discorso, di alto valore, certo…e sappiate che in più occasioni, durante quella multi conferenza, mi è accaduto di mormorare fra me e me, mentre cercavo di respingere la sonnolenza incipiente, Domine non sum dignus

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Beh, sapete che vi dico? Io non sono affatto un accigliato accademico, quindi lasciatemi confessare che mi piace assistere ad una conferenza di Ferdinando Caputi, proprio perché lui non è per nulla accademico, anzi: è rapsodico…e divaga…e fa riferimenti a cose che con la conferenza di quella sera non c’entrano nulla…e dice battute a volte sapide a volte un filo surreali…insomma: Ferdinando Caputi è decisamente un conferenziere flaneur. Questo termine francese è stato reso celebre dal grandissimo poeta decadentista Charles Baudelaire…indica l’uomo che vaga per le vie cittadine, senza fretta, senza meta particolare, sperimentando e provando emozioni nell’osservare il paesaggio. Ma nella letteratura del ‘900 quello che è forse il più icastico esempio della flânerie è la Trilogia di New York di Paul Auster, in cui il protagonista, anch’egli un passeggiatore solitario, si trasforma in un detective alla ricerca del senso della vita in una metropoli surreale e alienante. Ora, Ferdinando Caputi non sarà Baudelaire, non sarà neppure Paul Auster, ma sicuramente il suo modo di narrare scoperte, ricerche, luoghi e persone, fanno di lui un notevole e simpaticissimo conferenziere flaneur…cosa che, appunto, mi piace moltissimo. Lo è stato in tutte le sue conferenze alle quali ho assistito, sempre divertendomi molto…non dimenticherò mai la prima a cui ho assistito, dove ci ha narrato della sua ricerca, in India e Tibet, della spiritualità più pura e trascendentale, per poi…diventare ateo! Avevo intitolato quell’articolo, citando il grande Franco Battiato Un viaggiatore anomalo in territori mistici…direi che dopo un certo numero di conferenze, potrei definirlo, ora, Un viaggiatore anomalo su ogni territorio che decida di esplorare!

E poi, Pompei…che è un luogo assolutamente indimenticabile! Mentre ascoltavo Ferdinando Caputi, sono stato catturato in una vertigine di associazione di idee, che mi ha trascinato a ritroso sul sentiero del tempo, e mi sono ritrovato, in un caldo giorno d’agosto di quarant’anni fa, e io di anni ne avevo 22 e in quella zona magnifica d’Italia ci facevo il militare di leva, a passeggiare (a fare il flaneur?) fra le strade di Pompei, tra meraviglie che non avrei più scordato. Mi sono rivisto al centro dell’anfiteatro, dove non molti anni prima i Pink Floyd avevano girato il loro fantastico film musicale. Mi sono rivisto nella Villa del Fauno e in tante altre dimore pompeiane, compresa quella via dell’eros dove ancora sono incise sui muri le parole di apprezzamento dei clienti per le prostitute con cui erano stati. E poi la Villa dei Misteri…una Villa Patrizia extra moenia…allora era chiusa al pubblico, per restauri, ma un mio amico di naja, che conosceva bene la zona, ci convinse di proporre al guardiano una visita da lui stesso guidata…previo rilascio di una sostanziosa mancia! Così facemmo… e che meraviglia, quegli affreschi decisamente erotici, pieni di vita e colori dopo 2000 anni! Ora la Villa è regolarmente visitabile, Caputi l’ha inserita tra le sue diapositive…ora si parli pure di riti misterici, simbolici, dionisiaci e così via…per noi, ragazzi dei primi anni ’80, si trattava degli affreschi più erotici che avessimo mai visto!

E ieri? Beh, ormai lo avrete capito: ieri Ferdinando Caputi, da buon flâneur, ci ha accompagnati in una passeggiata, molto sentimentale e poco accademica. pur con tante vene di autentica ed appassionata archeologia, fra le ultime notizie dagli scavi, nelle strade e nelle case di Pompei. Perché di fatto l’area ancora non scavata di Pompei è notevolissima…non solo: più si va avanti negli scavi e sempre più si scoprono nuove meraviglie. nella cartina sottostante si vedono chiaramente quali e quante sono le aree ancora inesplorate. Dove ci attendono in silenzio e con pazienza moltissime sorprese!

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Poi, tra le tante notizie che ci ha trasmesso fra una diapositiva e l’altra, quelle inerenti alla vera data dell’eruzione, che avvenne molto probabilmente non in piena estate, ma tra il 24 ottobre e il 1° novembre del 79. Tra gli elementi che fanno propendere per questo periodo c’è il ritrovamento sotto i depositi dell’eruzione di un denario d’argento che celebra la quindicesima acclamazione dell’imperatore Tito (avvenuta dopo il 7/8 settembre), ma anche il ritrovamento a Pompei di un’iscrizione vergata a carboncino su un muro, che riporta la data del 17 ottobre… e poi il ritrovamento sotto la cenere di frutti tipicamente autunnali come noci, castagne e melagrane, ma anche di contenitori del vino già sigillati, di bracieri già in uso nelle case per il riscaldamento degli ambienti e di abiti autunnali indossati dalle vittime.

E poi, in questa passeggiata sentimentale a Pompei, c’è quello che Ferdinando Caputi ama più di tutto, nel suo mestiere (vero che è pensionato, o almeno così dice, ma io resto convinto che quello dell’archeologia più che un mestiere è una vera e propria vocazione) è la lenta, avvincente resurrezione di opere d’Arte e di manufatti, di affreschi e di statue, dovuta all’appassionata dedizione che le sue colleghe e d i suoi colleghi archeologi esprimono nella loro attività. Pone l’accento proprio sul fatto che sono molto spesso le donne archeologhe che, grazie alla loro manualità più raffinata e attenta, riescono a recuperare con ottimi risultati oggetti di grande bellezza che potrebbero essere andati perduti per sempre. Un esempio meraviglioso che Ferdinando Caputi ci ha fatto vivere con le sue diapositive è stato quello dell’affresco della Domus della Leda del Cigno.

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Si tratta certamente di una delle più sensazionali scoperte dei nuovi scavi, fatti nel territorio pompeiano ancora sotto terra (o meglio, sotto la lava o i lapilli), ed è stata rinvenuta lungo la via del Vesuvio. Si tratta, in particolare, di un sensuale affresco presente in una stanza da letto. Una scena che, pur rappresentando un mito – quello appunto, del congiungimento carnale tra Leda (moglie di Tindaro, Re di Sparta) e Giove trasformato in cigno – è di una sensualità straordinaria, ma non certo scevra da una grande raffinatezza che sa ancora sorprenderci e ammaliarci di tenera bellezza. Ferdinando ci ha fatto vedere prima le foto dell’operazione di recupero e quindi il risultato finale…che io qui ho inserito nell’articolo…semplicemente meraviglioso.

E poi, per finire, il carro… Beh non proprio un semplice carro. Era il 2019 quando a Civita Giuliana, località a nord dell’antica città di Pompei, in una villa suburbana, si è avviata un’attività di scavo senza precedenti per le sue straordinarie scoperte. Tra queste, un carro cerimoniale con il lussuoso rivestimento in bronzo e le decorazioni in argento, in ottimo stato di conservazione. Oggi il carro è stato ricostruito nelle sue parti mancanti – che lasciarono impronte nella cenere e furono recuperate grazie alla tecnica del calco – ed è finalmente percepibile nelle sue reali forme e dimensioni. Il carro, che non è un semplice carro, è identificabile come un pilentum: veniva usato nel mondo romano dai patrizi, per vari tipi di cerimonie e in particolare per accompagnare la sposa nella sua nuova dimora. Un reperto unico e fragile che però è stato straordinariamente recuperato, ed è un’evidente dimostrazione di quanto sia stupefacente il nostro immenso patrimonio culturale.

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