Per il 250° anniversario della nascita di Gian Giacomo Francia a Cella Monte sabato 8 aprile presentazione del progetto “Gian Giacomo Francia e l’albero della libertà”

Cella Monte (Roberto Coaloa) – Sabato 8 aprile 2023 ricorre il 250° anniversario della nascita di Gian Giacomo Francia, illustre cittadino di Cella Monte. Alle 15.30, presso Cinque Quinti di Cella Monte, il Sindaco Maurizio Deevasis illustrerà alla stampa le iniziative per celebrare lo storico personaggio. Nei prossimi mesi, infatti, tra maggio, giugno e settembre, il bellissimo borgo del Monferrato ha in programma un convegno internazionale di studi (Ecomuseo della Pietra da Cantoni), rassegne teatrali (Collettivo teatrale di Casale Monferrato, con la collaborazione di Anna Maria Bruno), passeggiate nella storia sui luoghi di Gian Giacomo Francia (con Roberto Coaloa, Enrica Pugno e Dionigi Roggero) e concerti (Auditorium Sant’Antonio). Oltre al patrocinio del Comune di Cella Monte, Casale Monferrato, Provincia di Alessandria e Regione Piemonte, le iniziative su Gian Giacomo Francia sono sostenute da un comitato promotore formato dal Sindaco Maurizio Deevasis, da Andrea Bertolotti, Corrado Calvo, Roberto Coaloa, Enrica Pugno e Dionigi Roggero. Sabato saranno presentate anche le altre collaborazioni, come l’Azienda Cinque Quinti, il B&B Benvenuti Altrove e Moleto B&B di Bernard Glénat, per l’ospitalità dei musicisti e dei relatori, provenienti da diverse università italiane e francesi.
La rassegna, dal titolo «Gian Giacomo Francia (1773-1858) e l’Albero della Libertà» è curata da Roberto Coaloa e Dionigi Roggero.
L’Avvocato Francia di Cella, il nobile giacobino, che dopo la Rivoluzione francese diventò Segretario del Corpo Legislativo a Parigi, è una figura storica abbastanza nota ai monferrini, grazie anche a una rinomata Autobiografia pubblicata per la prima volta dagli inediti manoscritti nel 1973, a cura degli ex Allievi del Liceo Ginnasio Cesare Balbo, con prefazione di Gabriele Serrafero e note di Sergio Martinotti. L’esistenza dei quaderni manoscritti di Gian Giacomo Francia fu comunicata la prima volta dal conte Aldo di Ricaldone, studioso dei documenti sulla nobile famiglia Francia di Celle (così com’era chiamato il Casato, che trasse il nome dall’antico feudo). Il borgo diventò Cella Monte nel corso del Novecento e per tutto il Settecento e l’Ottocento fu chiamato semplicemente «Cella». Nel Seicento era «Celle», quando nacque uno dei personaggi più interessanti della famiglia, Pietro Francesco. Nato a Celle il 17 novembre 1626, fu residente del Duca di Mantova a Madrid con il padre, e suo successore nell’incarico dal 1674 al 1684. Poi diventò membro della Cancelleria ducale e per quasi vent’anni fu il Segretario di Stato.
Oggi, arrivati a Cella Monte, uno dei borghi più visitati del Monferrato, s’incontrano immediatamente tracce di Gian Giacomo Francia. All’inizio del paese «Via Gian Giacomo Francia» termina all’ingresso della grande casa della famiglia, ora residenza privata, protagonista con il suo ampio cortile d’importanti festival musicali negli ultimi decenni. Sulla piazza di Cella Monte, “Del Bollo”, un pozzo è affrescato con lo stemma della famiglia (appena si scorge perché quasi cancellato, ma sarà restaurato quest’anno), con tre gigli sotto una corona, la stessa arma gentilizia che si trovava, ancora qualche tempo fa, in bronzo, nel sepolcro monumentale del cimitero.
Gian Giacomo Francia nacque l’8 aprile 1773. Era il Giovedì Santo. Figlio di Pietro Giorgio Francia, avvocato, e della marchesa Teresa Gambera. All’Archivio storico della parrocchia dei Santi Quirico e Giulitta è conservato l’atto di battesimo e, a parte, si trovano le carte sulla morte. Francia morì a Casale Monferrato il 5 novembre 1858 e fu sepolto a Cella il 9 novembre.
Gian Giacomo seguì corsi di retorica, di filosofia, geografia, musica e anche corsi di ballo, di scherma, di equitazione per frequentare poi i corsi universitari del Regio Collegio di Torino. Nella capitale sabauda si laureò in legge il 24 arile 1795 e partecipò a riunioni filofrancesi repubblicane, trovandosi immischiato nelle rivolte del 1796. Suo padre lo fece partire per Novi, dove fu festeggiato quale rifugiato politico. Nel 1797, Francia fu tra i volontari a Genova combattendo al forte San Benigno e alle Tenaglie. Nel 1798 rientrò a Casale per il Regio rescritto ottenutogli dal padre, ma diventò un soggetto sorvegliato speciale da parte delle autorità. In quell’anno, alla reazione armata delle nazioni europee, l’esercito francese invadeva la Liguria e il Piemonte: re Carlo Emanuele IV lasciava Torino per andare a Parma e poi in Sardegna. Al passaggio da Casale, dove pernottava l’11 dicembre 1798 nella casa del marchese Grisella, il re era salutato ma anche deriso dai cittadini; fra questi c’era anche Francia, con il rivoluzionario berretto frigio. Con l’occupazione francese da parte delle truppe del generale Vigne, fu piantato nella piazza grande l’Albero della Libertà e Gian Giacomo scriveva il testo dell’inno a quest’albero depositario di così tante speranze tra tanti europei. Dopo la battaglia di Valmy, ad esempio, il 16 ottobre 1792, Goethe indirizzò a Herder un acquarello rappresentante l’Albero della Libertà (opera conservata a Wiesbaden, nella collezione Kippenberg).
Il cittadino Francia, dopo l’ingresso dei francesi in Piemonte, fu subito chiamato a importanti incarichi e come Commissario Governativo svolse particolari e delicati contatti per favorire rapporti economici fra Genova e il Piemonte. E fu appunto in questo periodo che a Genova conobbe Maddalena Beroldi giovane orfana, chiamata affettuosamente “Manin”, che sposò nel giugno 1799, ma della quale doveva restare vedovo ben presto.
Il 21 giugno 1799, ritornato in Piemonte, Francia fu arrestato dagli austro-russi del generale Suvorov, che avevano sconfitto l’esercito rivoluzionario con nessuno scontro, liberando il Piemonte nel periodo in cui Napoleone era impegnato in Egitto. Gian Giacomo Francia fu dodici mesi in carcere quando l’integrità della croce monarchica fu orrorosamente contaminata da atrocità, ingiustizia e delitti da parte degli austro-russi. Le truppe francesi furono costrette a ritirarsi dal Piemonte e dall’Italia, lasciando le fortezze di Casale Monferrato e Valenza senza combattere e, dopo avere aperto la strada per Torino, che fu conquistata già a maggio (grazie al sostegno dei residenti locali e della Guardia Nazionale del Piemonte). Il 23 giugno 1799, Francia, con altri giacobini, fu trasferito in carcere a Torino. In settembre, in seguito a tali sfortunati eventi morì la moglie Maddalena Beroldi, mentre il 10 ottobre mancava anche il padre. I prigionieri furono trasferiti a Vigevano e poi ad Alessandria, quindi ad Acqui e di nuovo ad Alessandria. La vittoria di Napoleone a Marengo, il 14 giugno 1800, permise la liberazione, non facile. In prigionia, Francia appartenne alla prima classe, essendo i detenuti divisi in tre classi «per rispetto al modo di spendere di ciascuno». Durante la battaglia di Marengo, Francia è incarcerato in una chiesa e riceve la notizia della vittoria inaspettata di Napoleone dal cugino Francesco Pozzi che si arrampica a una finestra, ma i secondini, non vogliono credere alla sconfitta del generale Michael von Melas, le notizie sulla battaglia sono contraddittorie. L’esito, come ben evidenziato dall’opera Tosca di Puccini, è di difficile interpretazione.
Liberato, finalmente, il 20 giugno Gian Giacomo si trova già a Cella e, alcuni giorni dopo, è eletto Membro della Consulta del Governo Piemontese con il grado di Segretario con il conterraneo barone Ferdinando dal Pozzo di Castellino e San Vincenzo. Il 2 ottobre 1801 fu nominato Sottoprefetto di Moncalvo. Nel 1802 Segretario Generale del Dipartimento della Sesia, dove, a Vercelli, sposò Candida Zapelloni. Il Piemonte, sotto Napoleone, diventò parte dell’Impero.
La carriera di Gian Giacomo nell’Italia napoleonica prese il volo: il 15 agosto 1809 Procuratore Imperiale a Spoleto, capoluogo del Dipartimento del Trasimeno. Nel 1812 Barone dell’Impero.
Eletto membro del Corpo legislativo del Collegio di Vercelli, fu a Parigi nel 1806. Consigliere della Corte Imperiale a Genova dove rimase fino al 1814. Alla Restaurazione, cioè dal ritorno dei Savoia a Torino fino ai moti del 1821, visse appartato a Cella, quando il 4 aprile del 1821 fu nominato Capo Politico della città di Casale e provincia. Nel 1822 fu Sindaco di Cella, dove si prodigò per aprire la strada consortile Cella-Rosignano-San Giorgio incontrando difficoltà notevoli ma con piena riuscita. Nel 1822 scrisse la Relazione statistica del Comune di Cella.
Dal 1824 al 1829 Luogotenente Giudice di Casale e mandamento. Decurione di seconda classe di Casale nel 1836 e Sindaco di Casale nel 1851. Consigliere di Corte d’Appello e Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Nel 1856 Presidente della Società Accademica Filarmonica di Casale. Scrisse opere erudite, sulla questione della lingua italiana, la traduzione italiana delle Satire di Persio e la biografia del teologo Evasio Leoni.
Gian Giacomo Francia è un personaggio da riscoprire. I suoi discendenti sono pronti a ricordarlo nella nativa Cella Monte. Molti gli aneddoti da ricordare, tali da rendere la riscoperta di Francia cosa bella e necessaria. Alcuni libri della rivoluzione dello spirito, i lumi, furono murati a Casa Francia e lì lasciati anche dopo la Restaurazione. Sarà curioso capire la simpatia del nobile Francia verso il pensatore Rousseau, per il quale lo Stato ideale è la piccola repubblica, come Ginevra sua patria, come Atene nell’antichità, ove i cittadini possono esercitare direttamente il potere legislativo. Nei grandi Stati il regime rappresentativo non è che un espediente per Rousseau. Francia ha scoperto con piacere il «diritto all’insurrezione» di Rousseau e ha fatto suoi gli insegnamenti di Voltaire, Diderot, Morelly e Mably. Con profitto, Francia ha letto l’Encyclopédie e, durante il convegno, sveleremo anche in quale edizione la lesse.

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