Vengono dritte dritte dal mondo contadino le «Notizie dalle colline» che narrano “le donne del mio paese”, nel bellissimo spettacolo teatrale con Silvia Perosino e Paola Sperati.

Il titolo: «Notizie dalle colline» – le donne del mio paese –

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Regia originale Mariangela Santi

Costumi Mirella Santi

Musiche e proiezioni Federica Parone

Riadattato da Silvia Perosino

con: Silvia Perosino e Paola Sperati

E se è una notte di pioggia scrosciante fuori, nel mondo fra Nizza Monferrato e Canelli, nel piccolo borgo di Calamandrana, è anche una notte da tregenda, pioggia fra tuoni e fulmini, nella vicenda che inizia sul palco del minuscolo teatro parrocchiale. Solo due donne han avuto il coraggio di raggiungere la stalla calda e accogliente. E si raccontano e ci raccontano una manciata di storie contadine.

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Storie che ci narrano di uomini distrutti dalla fatica dei campi, e i figli, e matrimoni, e fughe per sopravvivere. Ma anche di guerra, di amore, e soprattutto di lavoro: lavoro nei campi, lavoro che non c’è E allora parliamo di scioperi e di fabbriche, povertà tale da chiedere elemosine, e allora lavoro cercato all’estero, sempre più lontano: fino all’America. Una manciata di storie che potrebbero uscire da una cassa di cimeli, in una soffitta polverosa, che non solo potrebbero appartenere a ciascuno di noi, ma che profondamente mi appartengono. Che sono le mie radici.

Si, perché vengono dritte dritte dal mondo contadino le mie radici. Quel mondo contadino duro di fatica e sudore e stalle dove si raccontavano storie e dura emigrazione e madri e spose che da lontano continuavano ad attendere un ritorno…Vengono anche dritte dritte dal mondo contadino le storie che a Calamandrana (22 Km da casa mia), un po’ di tempo fa, due bravissime attrici, Paola Sperati e Silvia Perosino – nella storia Catinina e Reglia – ci hanno raccontato, nella semplice ma efficace scenografia che rappresentava una stalla…hanno parlato di fatica e rassegnazione – ma fatica molta e rassegnazione poca, perché le donne erano l’anello forte della catena del mondo contadino, come scrisse e narrò Nuto Revelli, le cui storie sono state liberamente riadattate da Mariangela Santi (che se n’è andata un po’ di tempo fa) per questa splendida rappresentazione. Tutte tranne una: La Sposa Bambina di Fenoglio, racconto del parentado. Storia narrata in prima persona da Catinina, sposa a 13 anni ma ancora, appunto, bambina. E Paola Sperati è stata davvero bravissima. L’ho vista più volte in questo suo ruolo, che davvero è fatto per la sua figura e i suoi modi.

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Ma è proprio l’alternarsi fra le due, così diverse fra loro eppure estremamente complementari, l’una leggera come l’aria, angelo dell’aria delle colline, Paola…l’altra fieramente ieratica, divinità terricola di vigna e di campi coltivati, Silvia. Le conosco bene e se ciascuna da solita recita con esperienza e empatia, insieme formano un duo che suona a memoria, con la forza di uno splendido interplay.

E le vicende? C’è quella di Maria, sangue amaro e lingua cattiva, tagliente come la lama di un coltello tirato fuori durante una rissa di paese, e un figlio lontano, in Argentina, a scivolare leggero sulle note un tango. Quella Della Raclin, raccoglitrice di essenze per profumi, con il peso di un marito emigrato in Merica, da dove però, non arriva neppure un profumo, perché è troppo lontana. O di Teresa, che da grande vuole fare l’artista, e ammaestra marmotte cantando una canzone composta da lei. Quella di Aurelia, la filarina, e la sua storia di bambina nelle filande francesi, con le mani a spellarsi nell’acqua bollente in cerca delle bave di seta e i primi scioperi per un orario decente. E infine di Catinina, mezza zingara, una sposa bambina che scopre che un matrimonio non è un gioco, di cui vi ho già parlato sopra. Una manciata di storie contadine, che ripercorrono le storie di ognuna di loro, ma anche quella del paese in cui vivono.

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Ho scritto qualche tempo fa un articolo su loro due: Paola donna d’aria, leggera come l’Ariel della Tempesta di Shakespeare, e Silvia donna di terra, radicata nel mondo contadino come le vigne sulle colline che circondano Calamandrana. Sono state fantastiche, emozionanti e commoventi.

Si, commoventi: per me che sono figlio, nipote e pronipote di gente che da Casalcermelli è emigrata in Argentina. Mi sono commosso nel pezzo dal titolo L’America, dove di emigrazione ci hanno narrato, con vibrante tenerezza, e mi sono commosso nel pezzo intitolato Il Tango, quando Paola ha iniziato a ballare un tango con il suo stesso foulard come ballerino, non ho potuto fare a meno di tornare con l’occhio della memoria a quel mondo di emigrazione e speranza che tanto mi è stato narrato, a me bambino con lo sguardo pieno di stelle.

Ma tutto il mondo contadino che loro rappresentano, è parte della mia anima, e loro sanno evocarlo con maestria e coinvolgimento, con quel senso di familiarità e di tenerezza che tocca le corde più profonde. Qui dove abito, ad Oviglio, c’è un bellissimo castello. Da sempre nel mio immaginario come luogo fatato e fonte di meraviglie…in un corridoio di quel castello c’è una fotografia, una fra alcune altre. In questa fotografia, che riproduco sotto, c’è un uomo, sorridente e con un bicchiere in mano. Quell’uomo è mio nonno. Che festeggia con i suoi compagni di lavoro, la trebbiatura. Mio nonno mi ha insegnato e leggere e scrivere che avevo 5 anni…mi ha insegnato ad amare il silenzio dei boschi e il silenzio di chi legge, mi ha insegnato l’orgoglio dell’onestà e del rispetto, quel pensiero laico che accetta le idee degli altri anche se non le ama. Mi ha insegnato che dovevamo essere orgogliosi di giungere dritti dritti da quel mondo contadino che le bravissime Silvia Perosino e Paola Sperati hanno avuto il coraggio di raccontarci.

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