Gioco pubblico, serve un riordino anche per il settore terrestre

Non si fermano le polemiche dopo la riforma del gioco online varata di recente dal Governo guidato da Giorgia Meloni. Una riforma attesa da tanto, da associazioni, aziende e addetti ai lavori, che mette mano all’annosa questione delle normative, delle concessioni, del gioco sicuro e responsabile. Una riforma che, però, lascia fuori il comparto tradizionale e terrestre.

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A dirlo, negli ultimi giorni, è anche il Sottosegretario per la Salute, il deputato del Movimento 5 Stelle Marcello Gemmato, che in una nota stampa diffusa ai media oltre a chiarire alcune questioni sulla riforma, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo del gioco sicuro e la tutela del giocatore, analizza la disparità di concorrenza che si rischia di creare tra gioco terrestre e tradizionale.

La ripresa del comparto retail, dopo le difficoltà dei due anni precedenti a causa della pandemia, sembrava finalmente essere realtà nel 2022. I dati del libro Blu rivelano infatti un incremento significativo nella raccolta della rete fisica, che ha registrato un segno più del 43% rispetto al 2021, raggiungendo giro d’affari di 63 miliardi di euro. Una rinascita, però, che rischia di essere messa in dubbio dal nuovo decreto di riordino, che potrebbe colpire duramente quelle imprese che stavano appena iniziando a riprendersi cercando anche di investire nell’online.

A finire sul banco degli imputati è soprattutto la questione concessioni, con costi decisamente elevati che andrebbero a colpire soprattutto le piccole realtà del mercato, riducendo così il numero di casinò online italiani con licenza. La riduzione del gioco terrestre potrebbe avere diverse conseguenze. La prima è quella occupazionale, con una perdita progressiva di posti di lavoro. La seconda guarda invece agli utenti, che migrerebbero sempre di più verso forme di gioco online come le slot bar, equivalenti digitali di quelle terrestri.

Una questione, quella del gioco terrestre, di grande importanza, anche perché il nuovo bando avrà una durata di nove anni, durante i quali il settore si sposterà sempre più verso l’online e si assisterà all’introduzione di tecnologie che favoriranno ulteriormente questa crescita. I punti interrogativi, insomma, restano molti: le imprese del settore terrestre potranno permettersi i costi delle concessioni? I lavoratori della filiera troveranno nuova occupazione nel comparto online? Il gioco illegale, che fiorisce soprattutto sul web, come ne uscirà da questo cambiamento? Quando si creerà un tavolo di lavoro incentrato sul gioco terrestre?

Domande che hanno bisogno al più presto di una risposta. Intanto gli esperti parlano chiaro: l’unico modello possibile è quello dell’omnichannel, con l’integrazione del digitale e del terrestre. Una ricetta di innovazione e tradizione che potrebbe salvare il gambling, ma anche i suoi appassionati e i suoi lavoratori.

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