Perché c’è un fuoco in ogni voce melodiosa: cronaca di una “Tosca” e dintorni dal vostro inviato a Verona.

Tornava ogni due o tre anni dall’Argentina, lo zio del mio amico Mauro, e soggiornava da lui, all’albergo-ristorante Italia, gestito dalla nonna. E amava follemente il Melodramma, il teatro Lirico…per noi che eravamo ragazzi e lo ascoltavamo con attenzione e infinito rispetto, sapeva evocare i grandi nomi del passato, che aveva visto, ascoltato ed applaudito nei teatri di mezzo mondo, quando le grandi compagnie liriche salivano su lussuosi bastimenti e attraversavano l’Atlantico per affrontare lunghissime tournée nel nord o nel sud America. Li aveva ascoltati tutti, a Buenos Aires o a Manauas, alla Scala di Milano oppure…all’Arena di Verona…ci parlava con stupefacente qualità di intenditore delle straordinarie voci tenorili di un Lauri-Volpi, un Corelli o un Bergonzi, di baritoni come Galeffi o Bastianini, bassi come Ezio Pinza…o soprani invincibili…come Maria Callas, ovviamente. Da lui ascoltata nella sua prima volta all’arena, appunto, nell’ormai lontano 1947, in Gioconda di Ponchielli. Fu a forza di ascoltare le sue narrazioni che io e il mio amico Mauro decidemmo di andare a Verona, in pullman, organizzato da quei gruppi che tutt’ora sono assai attivi e si definiscono Amici della Lirica o simili nomee. Credo fossimo – e di gran lunga – i più giovani, su quel pullman, e tutti ci guardavano assai stupiti…eravamo più tipi da Rock che da Melodramma, ai loro occhi…e invece avevamo trascorso l’ultimo mese prima di quel fatidico giorno d’agosto ad ascoltare, ed imparare quasi a memoria, due diverse versioni discografiche dell’Opera che stavamo andando a gustare a Verona: Aida.

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Avevo 24 anni, era il 1984…io e il mio amico Mauro eravamo dei pivelli inesperti. Avevamo prenotato in agenzia due biglietti centrali…naturalmente sulle gradinate, che costavano relativamente poco…e eravamo, sì, di fronte al palco…solo che il catino dell’Arena è immenso, così gli elefanti – che in Aida una volta qualcuno lo usavano – li vedevamo in miniatura e i cantanti erano grandi come soldatini di piombo! Ma pazienza: quell’immenso catino circondato dai suoi gradoni, l’atmosfera straordinaria di gioia e partecipazione, l’essere lì con migliaia di persone che ascoltavano quelle arie, quei duetti, quei cori immensi e bellissimi, trattenendo il fiato e come sospesi in un mondo di magia, mi è entrato per sempre nell’anima, e probabilmente non ne uscirà mai. Si, entrare all’Arena, ma anche semplicemente entrare in Piazza Bra, dove l’Arena sta da più di 2000 anni, è per me come entrare in una favola meravigliosa fatta di musica e di grandi sentimenti, quelli che come un fuoco scorrono nelle vene di chi ama l’Opera Lirica.

Così ci sono tornato molte volte, in Arena, tra un Trovatore, una Turandot e un Nabucco, e molte altre opere. E quest’anno, nell’occasione di un compleanno – il mio – che si potrebbe dubitare fortemente vada festeggiato, quello dei 63 anni, il 5 agosto scorso, eccomi nuovamente in Arena, e questa volta, se vorrete, ve la racconto…vi racconto l’Arena, la sua atmosfera, e un’altra straordinaria Opera: Tosca. Che non l’ha composta Verdi come Aida ma un Giacomo Puccini all’apice della sua creatività. E se ora vi state chiedendo che legame mai ci potrà essere fra una Tosca all’Arena e un giornale online di Alessandria…beh il legame c’è…perché in Tosca c’è Alessandria…anzi c’è la vittoria dell’esercito napoleonico a Marengo, che è uno dei temi dell’Opera, ovvero lo scontro fra il retrivo e inquisitorio Stato Vaticano e le istanze illuministe che arrivavano dalla Francia. Un tema minore, ma importante.

Ma prima ancora dell’Arena c’è quel che c’è intorno all’Arena. Perché la magia di favola la potete trovare facendo semplicemente due passi in Piazza Bra, dove all’ombra di un quell’immenso anfiteatro, costruito vent’anni prima del Colosseo, vi troverete a passeggiare fra…il meraviglioso falso della Lirica,…tutto finto, tutto di plastica, lamiere e cartongesso…tutto che ricorda agli appassionati come me le immense emozioni che provano ogni volta che quei drammi, falsi e sempre verissimi, vengono rappresentati, con tante voci fantastiche e una grande orchestra che li porta su, su, su, in alto verso il cielo stellato di Verona…

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E allora, appunto, parliamo di Tosca. Dove un giovane pittore, Mario Cavaradossi, politicamente illuminista e quindi pro Napoleone, è amante riamato d’una altrettanto giovane cantante d’Opera, Floria Tosca, bruna, appassionata e gelosa bellezza mediterranea. Ma tra loro c’è un’ombra sinistra, quella del sadico capo della Polizia Vaticana, Scarpia…un cattivo a tutto tondo, che più cattivo non si può. Puccini scrisse di aver voluto prendere a modello il cuore più nero del mondo teatrale – e operistico – lo Jago dell’Otello.

Tosca è indimenticabile per svariati motivi. Intanto i tre pezzi solistici, due dei quali del tenore. L’iniziale Recondita armonia, dove Mario canta, senza se e senza ma, il suo immenso amore per Floria Tosca. Poi, sempre per il tenore, verso il finale, c’è il pezzo più amato, ricordato, cantato e ammirato: E lucean le stelle…canto dolente e gonfio di immensa malinconia per la giovinezza, l’amore per la propria amata…e la vita, che si stanno per abbandonare, ingiustamente e per violenza umana: …e muoio disperato…e non ho amato mai tanto la vita…canta Mario Cavaradossi…e se questo pezzo vi lascia indifferenti, abbandonate per sempre la Lirica e datevi al Blues o a quel che volete. Ma in mezzo c’è quell’aria semplicemente struggente, coinvolgente e commovente che è il Vissi d’arte di Tosca…canto di amara disillusione dell’esistenza, innervato nella tremenda costatazione che il bene viene spesso ripagato con il male più terribile.

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E il 5 agosto gli interpreti dei due giovani amanti prima felici e poi disperati erano il soprano Sonya Yoncheva ed il tenore Vittorio Grigolo. Lei, perfettamente nel ruolo anche in quanto ad avvenenza fisica, si è rivelata dotata di una vocalità limpida e potente, timbratissima in tutto l’arco dinamico, e dalla tecnica perfetta. Non la conoscevo ed è stata una sorpresa davvero notevole ascoltare una vocalità così importante, che si espandeva benissimo anche nel grande catino dell’Arena. Lui con voce limpida e ben timbrata, davvero molto giovanile – anche fisicamente – e perfettamente nella parte. Gli hanno chiesto e ha concesso il bis di E lucean le stelle, che ha riproposto parecchio affaticato ma comunque con grande emozione. Mi è spiaciuto che non abbiano chiesto anche a lei il bis del Vissi d’arte, che ha cantato con immensa, appassionante qualità vocale e di recitazione. Peccato.

Ma per invitarvi alle grandi emozioni di Tosca, lasciate che vi descriva un vero e proprio must dell’opera, stavolta protagonisti il coro, l’orchestra e Scarpia, nella fattispecie il baritono Roman Burdenko. E c’entra anche Napoleone. Perché vi ricordo che la Battaglia di Marengo aveva visto in un prio momento il soccombere dell’armata napoleonica…quindi erano arrivati dei messaggeri alla corte del Papa Re che gridavano la sconfitta francese. Ecco allora che a Roma si fa festa, e nelle chiese si canta il Te Deum. Il primo atto di Tosca è ambientato nella Chiesa di Sant’Andrea della Valle (pensate che Puccini andò a Roma appositamente per appuntarsi le note precise delle campane di quella chiesa per riprodurle perfettamente nella partitura dell’Opera)…ecco quindi che, mentre entrano i porporati, preti, chierichetti e popolo, Scarpia canta davanti a noi il suo folle, crudele sogno: mandare al patibolo il ribelle fuggito da Castel Sant’Angelo – motore iniziale di tutta la vicenda – e possedere violentemente Floria Tosca: L’uno al capestro, l’altra fra le mie braccia! – canta con smodata passione…ma alle sue spalle scoppia, letteralmente, il maestoso coro del Te Deum…E qui il coup de theatre è davvero straordinario. Perché Scarpia esce dal suo sogno sadico ed erotico, si rende conto di dove si trova, ma ancora voltato verso di noi, eplsode con un indimenticabile e folle Tosca, tu mi fai dimenticare Iddio!!! Per poi intonare anche lui, unendosi al coro, in una sorta di schizoide follia, il Te Deum. Ed è il Finale del Primo Atto, con lo spiegamento di un magnifico climax corale ed orchestrale – ottimamente evocato dal Maestro Francesco Ivan Ciampa – che lascia letteralmente senza fiato…Fantastico! La foto in evidenza per questo articolo è tratta proprio da questo straordinario finale d’Atto.

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E quante emozioni, quindi, nella notte areniana, in quel luogo da favola…e la magia dell’Opera, di Tosca, che scorre nelle nostre vene come sangue che riscalda…perché c’è un fuoco in ogni voce melodiosa…e sempre e per sempre sa toccarci, nel profondo, il cuore.

 

NB: le foto dentro l’Arena, scattate durante lo spettacolo, sono di mia figlia Francesca, salvo quella del soprano, presa dal sito dell’Arena.

 

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