Acqui Terme: dai reperti romani al contemporaneo

Purtroppo si chiude troppo in fretta (il 30 luglio per la precisione. Ma perché non ospitarla sino alla fine di agosto?) una mostra complessa in cui opere contemporanee che si accostano e si mescolano ai reperti antichi, mentre nelle sale si diffondono musiche contemporanee appena scritte, ma eseguite con antichi strumenti barocchi, suoni emergenti da un coro ligneo della stessa epoca, ma privo di coristi o strumentisti.

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E’ uno scontro titanico tra epoche differenti così ben amalgamate che quasi nessuno se ne accorge. Una mostra da assaporare lentamente in un curioso percorso in cui segni, colori e materiali contemporanei si fondono e si confondono con reperti antichi.

L’artefice della sontuosa composizione è MIRCO MARCHELLI che da sempre ci stupisce per le invenzioni, gli accostamenti e le amalgame che ottiene avvalendosi di segni pescati dal passato, attualizzati perché scorporati dal loro contesto, ma realizzati con tecniche, materiali e colori che rimandano alle radici della nostra cultura, artistica e artigiana.

Le opere di Marchelli sono realizzate usando materiali poveri –terra, cemento, scagliola, gesso, argilla- e colori a tempera che basta diluirli per ottenere infinite tonalità, colori che usavano gli antichi frescanti che dal Trecento in poi hanno decorato le chiese del nostro territorio. E quando sono colorate di bianco le piccole variazioni tonali le ottiene proprio per come è trattata a cera vergine la superficie.

Le superfici che impiega sono varie: possono essere perfettamente piane oppure grinzose, ruvide o perfettamente lisce, ma tutte sono rese uniformi da uno strato di cera che le preserva, sia matericamente, sia cromaticamente negli anni a venire.

L’altro appuntamento è a Palazzo Robellini in cui è allestita una ricca personale di opere grafiche dello sloveno ZORAN MUSIC (1909-2005) proveniente dalla collezione di Adriano Benzi e Rosalba Dolermo nel contempo curatori e allestitori della rassegna.

Sono esposti una sessantina di lavori grafici –incisioni e litografie- e due opere originali a pastelli colorati su carta che attestano come non ci sia nessuna differenza  tra i multipli e le opere originali. Una dimostrazione della cura e impegno di cui si avvaleva l’artista anche nel produrre opere grafiche che, se non fossero numerate o non fosse evidenziata l’imprimitura della lastra, si confonderebbero facilmente con le opere uniche.

Si tratta di una collezione quasi completa di quanto Music ha prodotto, frutto di una ricerca collezionistica durata parecchi anni. Ma i risultati si possono apprezzare in questa sorta di antologica in cui sono raccolti i primi lavori dedicati agli orrori  di guerra, ai cavallini della fine  degli anni quaranta, alle rocce dalmate e alle terre carsiche in una fase quasi informale della sua produzione degli anni cinquanta/sessanta, le intricate radici successive per giungere alle ultime vedute di Venezia, buon ritiro degli ultimi anni.

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Da gustare con grande trasporto l’intera cartella delle terre descritte con una poesia/racconto a cui sono associate preziose incisioni colorate.

La mostra resterà aperta sino al 3 settembre.

Rino Tacchella

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