“DATO IL MORTAL SOSPIRO”: 5 maggio, la morte dell’Imperatore

“Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza: nui chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar.” così recitò Manzoni nella sua 5 maggio.
Ai posteri non è solo la sentenza ma anche la responsabilità della memoria; nella giornata di oggi, 5 maggio 1821, si spense quello che fu l’imperatore Napoleone Bonaparte. Dopo la sconfitta riportata a Waterloo nel 1815 fu costretto ad abdicare da imperatore dei francesi e fu accompagnato a scontare il suo esilio sull’isola di Sant’Elena. La sua detenzione lo esasperava non solo per il clima opprimente in cui si trovava a vivere ma anche per la continua negazione inglese del suo titolo di imperatore.
La sua figura ebbe un ruolo chiave negli equilibri europei dell’Ottocento e della stessa formazione dell’Italia e ora si trovava obbligato ad una routine che non lo soddisfaceva e ad una lenta malattia che pian piano lo consumava. “Anche il sole ha le sue macchie” disse Bonaparte; anche lui conobbe le sue. Si dice che la notte tra il 12 e il 13 aprile 1814, esattamente alle 3 del mattino, l’imperatore tentò il suicidio nel Castello di Fontainebleau. Napoleone, in preda ai dolori, confessò al suo aiutante Caulaincourt di aver ingoiato una dose di arsenico che però non fece effetto e l’indomani fu come nulla fosse.
La sistemazione sull’isola scelta dalle autorità inglesi per accogliere l’uomo che aveva fatto tremare l’Europa non era certo delle più confortevoli; i topi si facevano strada ovunque e gli insetti erano capaci di mettere alla prova gli uomini più pazienti. Per non parlare del clima esageratamente variabile che creava continui problemi di salute per tutta la durata dell’anno. Ma presto iniziarono i lavori di ristrutturazione di un’altra dimora che avrebbe dovuto addolcire la sua permanenza sull’isola; spazi più ampi e maggiori comodità però non placarono il senso di noia e i problemi causati dal clima.
“Meglio sarebbe non aver vissuto che non lasciare tracce della propria esistenza” sosteneva Napoleone. Così durante le sue strascicate giornate passate ciondolando per casa, passando dal letto alla poltrona iniziò la dettatura delle sue memorie. Il principale assistente di questa impresa fu il barone Emmanuel de Las Cases che, essendo più incline all’uso della penna che della spada, non perse l’occasione di diventare lo storico ufficiale dell’ex imperatore e accettare a sua volta l’esilio. Riflessioni e ricordi furono quindi quelli raccolti ne “Il Memoriale di Sant’Elena”, uscito poi postumo nel 1823 ottenendo un enorme successo di pubblico che consentì addirittura a Las Cases di godere di una vita estremamente agiata.
Dal 1819 le condizioni di salute di Bonaparte, che da tempo soffriva già di insufficienza epatica, peggiorarono incessantemente fino al 1821. Il 3 maggio l’abate Vignali gli somministrò i sacramenti e nella notte tra il 4 ed il 5 maggio incominciò a vaneggiare per poi perdere conoscenza. Poco dopo il tramonto Napoleone spirò; la malattia che lo aveva ucciso era allo stomaco, perforato da parte a parte, con ampie tracce di un’ulcera cancerosa. C’è chi dice addirittura che la forma tumorale fosse stata provocata dal suo consumo eccessivo ogni giorno per anni di acqua di colonia. Il monumento funebre e le sue ceneri riposano dal 1840 all’interno del Dôme des Invalides nel cuore di Parigi.
“Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta…”, così cominciò Manzoni la sua poesia, “la sua spoglia è rimasta senza più ricordi” ma di certo non ne rimasero senza i posteri che oggi ancora ne parlano.

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Giulia Gallina

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