A scuola dai giovani per imparare il futuro: ad Oviglio il Secondo Workshop Melalab per costruire un’intervista narrativa.

Quand’ero giovane erano i vecchi i miei maestri. […] Andavo a scuola dai vecchi per imparare il passato. / Ora che sono vecchio ho per maestri i giovani. […] Vado a scuola dai giovani per imparare il futuro. Inizio questo articolo con una citazione del grande poeta americano Robert Lee Frost, nato nel 1874 e morto nel 1963, perché è quello che è capitato proprio a me sabato scorso. Eh sì, proprio così. Sabato scorso ho chiesto a Giada “Mela” Bellotti di poter partecipare, come curioso uditore, ma anche allo scopo di imbastire l’articolo che state leggendo, perché è bello anche condividerle, le esperienze positive, di partecipare al Secondo Workshop Melalab, organizzato appunto da Giada, dedicato all’intervista narrativa.

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Ma lasciate che vi dica, prima ancora di entrare un po’ meglio nel merito di un pomeriggio fra giornalismo e narrazione,  quanto io sia rimasto stupito dalla semplice presenza di questo gruppetto di otto fra giovani donne e giovani uomini, che in un bel giorno di sole di fine inverno, invece di andarsene per i fatti loro, sono venuti nella splendida Sala Consiliare del Comune di Oviglio, per mettersi in gioco ed affrontare, con un atteggiamento attento e direi addirittura gioioso, il tema proposto dalla loro insegnante, Giada, ovvero come fare, e bene, un’intervista narrativa. Tutte persone che mi hanno confessato, ad una mia domanda diretta, di non aver mai scritto articoli per un giornale né tantomeno in forma di intervista, per di più narrativa. Che è una tematica complessa e affascinante. Che comprende, nella proposta di Giada, i vari passaggi necessari per un’efficace intervista narrativa, dall’analisi dei dati raccolti sino alla restituzione di un articolo narrativo coinvolgente.

E loro, i discenti? Tutti intorno ad un lungo tavolo, e Giada alla lavagna, molto efficace, molto professionale…molto simpatica e preparata…ma anche assai agitata, che, almeno all’inizio di tutto, un po’ sudava e un po’ sbuffava e un po’ esprimeva un genuino e sano entusiasmo. Era un poco agitata, Giada, perché nella sala consigliare c’era un problemino…e quel problemino ero proprio io! Eh sì: proprio come accade nella fisica quantistica, dove l’osservatore influenza pesantemente il sistema che osserva, così accadeva in quella bella sala, io influenzavo – negativamente – sia Giada che i suoi “studenti”, che in parte erano un po’ troppo intimiditi, innervositi, dalla presenza di uno molto più anziano di loro, di cui un po’ temevano il giudizio. Facevano male, perché io non ero mica lì per giudicarli. Anzi, ero lì per fare quello che ho scritto all’inizio di questo articolo: ero lì per imparare il futuro. Un poco me lo aspettavo, di influenzare negativamente quel consesso. Ma il lieve disagio, mi sono reso conto, è durato tutto sommato abbastanza poco, e non mi pare abbia poi pesato più di tanto, perché dopo un po’ qual misto straordinario di passione e professionalità espresso da Giada ha superato questa problematica, conquistando un po’ tutti, me per primo.

 

Perché Giada, pur essendo una giovane donna di 26 anni, dimostra non solo di essere molto convinta ed appassionata, ma anche di avere padronanza un po’ di tutte le forme comunicative. Mi spiegherà, poi, durante una breve ma intensa conversazione, che si svolgerà mentre a coppie i partecipanti si intervistavano a vicenda, con i tempi da lei stessa abilmente contingentati, di aver lavorato come Video Maker a Roma, scrivendo sceneggiature, di aver imparato la complessità della scrittura frequentando la Holden di Torino, di aver fatto teatro con la Compagnia della Juta…eccetera, eccetera…caspita! Semplicemente Giada vive la comunicazione in senso totale e totalizzante. Un esempio? Ci troviamo in 15 o 16 in un pub – mi ha narrato – io propongo loro degli input narrativi…poi ognuno liberamente li sviluppa come meglio crede. Si tratta di incontrarsi per condividere storie e tutte le cose che ci passano per la testa… Che splendida idea della narrazione come libertà e partecipazione – pensavo io, citando fra me e me Giorgio Gaber.

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Ma prima di questa conversazione, c’è stata una straordinaria lezione di avvicinamento al concetto di intervista narrativa. Giada, che come dicevo è padrona dei vari mezzi di comunicazione, ha proposto, per meglio esplicitare i concetti che intendeva far passare, esempi di svariato genere, accompagnati da citazioni, librarie ed operative, di ottima qualità. Da un testo giornalistico, letto tutti insieme, del 2017, “La testimonianza di Hala, scritta da me” di Marina Gellona, ottimo esempio di sintesi giornalistica di una vicenda certamente più estesa e complessa: la fuga dalla Siria di Hala e della sua famiglia, dovuta al corridoio umanitario gestito dalla Chiesa Valdese, e della sua integrazione in Italia.

Ci ha parlato poi di molte altre cose, entrando nel mondo del giornalismo che vive una via mediana fra inchiesta e narrazione. Come nel caso di Ottavia Spaggiari, che è una giornalista d’inchiesta italiana che negli ultimi anni si è costruita una carriera nelle principali testate internazionali. Il pezzo proposto da Giada si intitola Escape: the woman who brought her trafficker to justice e parla di Susan, una ragazza nigeriana portata in Italia con la promessa di un buon lavoro e costretta invece a prostituirsi. Susan però non demorde e mentre si prostituisce raccoglie prove della prigionia a cui è costretta, riuscendo infine a consegnare i propri rapitori alla giustizia.

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Ma Giada ha citato anche Frank Sinatra ha il raffreddore, libro di Gay Talese, che è una vera pietra miliare del giornalismo narrativo. Si tratta di un libro che raccoglie chicche notevoli, come il ritratto di Frank Sinatra che, uscito nel ’66 su “Esquire”, è ancora oggi considerato uno dei migliori profili di una celebrità mai scritto. Ma il libro contiene anche un pezzo su Joe Di Maggio nel periodo del matrimonio con Marilyn Monroe, ed uno su Muhammad Ali che incontra Fidel Castro all’Havana nel 1996. Mica male, no? Poi ci ha proposto l’ascolto, parziale, di un pezzo di Pablo Trincia, il podcaster più celebre d’Italia. Si tratta de “Il vuoto“, storia di un uomo “normale”; Il lavoro da falegname, una moglie, una figlia piccola e una seconda in arrivo…poi il vuoto: quello della depressione e quello di un cavalcavia da cui si era lanciato cercando di mettere fine alle sue impronunciabili sofferenze. Però Giordano è sopravvissuto, riportando gravissimi danni alla colonna vertebrale e al bacino, che lo hanno reso paraplegico. Ma tutto questo gli ha anche donato una nuova, fortissima voglia di vivere.

Posso confessarlo? Ero favorevolmente sbalordito. Giada dimostrava un’apertura di orizzonti davvero notevolissima, che sapeva però sposarsi, nelle sue tante, colte e sofisticate esemplificazioni, con un autentico e concreto entusiasmo. La seguivamo, tutti noi, con moltissima attenzione ed una genuina curiosità. E tutto questo Giada lo ha fatto  per condurre, con le armi di queste conoscenze appena acquisite, il suo gruppo di attenti ascoltatori a mettersi in gioco, per condurre quindi reciproche interviste, che ognuno avrebbe registrato, e poi, il giorno successivo, le avrebbe “sbobinate”, cioè riascoltato con attenzione, prendendo appunti, per poi arrivare a scrivere un’intervista che sapesse, appunto,  narrare ciò che ciascuno di loro aveva confidato a ciascun altro, personalizzando, con il proprio stile narrativo, l’intervista stessa. Bellissimo.

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Termino con qualche parola su Giada Mela. Che, conversando mi ha dato informazioni sui suoi progetti, tutti da sviluppare con le persone oggi presenti, ma anche con altre, volonterose di imparare a scrivere, a leggere, ad ascoltare. Perché fra le altre cose fra i desideri di Mela c’è quello di stabilire incontri e collaborazioni per diffondere il più possibile il piacere di imparare a scrivere un po’ in tutte le forme di comunicazione. Ma sai, loro, i miei allievi, mi insegnano moltissimo, davvero… Mi confessa.

Non ho dubbi nel crederle, almeno per come li ho visti oggi, così motivati e coinvolti! Parliamo anche della possibilità di raccogliere in un volume i migliori racconti scritti dalle ragazze e dai ragazzi del corso. troppo entusiasmo? Giada ne ha, e giustamente, da vendere. Ora sto lavorando anche con altri cinque ragazzi, cercando di portarli sullo stesso percorso creativo, ma partendo da zero – mi confida – Vorrei stimolare la loro naturale inventiva, donare loro creatività! E anche organizzare un workshop sul blocco della scrittura. Con un motto: leggi, scrivi, rompi. Si, rompere con le convenzioni, con il pensiero preconcetto e preconfezionato. Non commento, ma sono davvero meravigliato, e convinto che Giada Mela ce la farà, a fare tutto quel che si propone di fare, perché ha un’energia creativa incredibile.  Ah dimenticavo…perché Mela? Perché è un nome che per lei è un po’ il simbolo di sé stessa, e altro non dico.

E me ne son venuto via dalla splendida sala consiliare del Comune, era sera e già buio, nell’aria si sentiva l’odore delle poche stufe a legna che ancora diffondono il loro profumo, che ha la venatura di un mondo contadino che non c’è più ma che io sempre amo…un profumo di nostalgia…e io per le strade di questo piccolo luogo di mondo, davvero felice per aver fatto, in un sabato pomeriggio di fine inverno, quello che volevo fare: sono stato a scuola dai giovani per imparare il futuro.

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