Bianchini: i 250 mesi di gestazione ignota della Privacy, partita da Alessandria

A proposito della reclamizzata “Tutela della Dignità della Persona””, dopo l’intervento del Capo dello Stato Mattarella, ricordiamo i 250 mesi della gestazione ignota della PRIVACY che, partendo da Alessandria, entra in Polizia il 6 febbraio 1976 ed esce, come prima Legge dello Stato, il 31 dicembre 1996.

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La Privacy viene proposta da un Brigadiere del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, in allora Corpo militare, che prestava servizio presso la Scuola di Polizia di Alessandria e viene avallata dal Comitato Generale di Rappresentanza del Personale Civile e Militare della Pubblica Sicurezza, prima esperienza sindacale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate, insediatosi il 15 luglio 1975 e con un mandato di due anni.

Quel Comitato, di cui si  è voluto cancellare ogni memoria per non dover riconoscere i notevoli meriti acquisiti in soli dieci mesi di vita —- in quanto il subentrato Ministro dell’Interno Francesco COSSIGA lo fece decadere per desuetudine, essendo lui fautore della libera sindacalizzazione anche nelle Forze di Polizia, nell’Esercito, Marina ed Aviazione —- era stato tenacemente voluto dal Presidente del Consiglio dei Ministri Aldo MORO, dal Ministro dell’interno Luigi GUI, dal Capo della Polizia Giorgio MENICHINI e dal Tenente Generale Ispettore del Corpo Rocco SETTANNI, che si avvaleva dell’efficientissimo suo Aiutante Capitano Alberto CAPUANO.

Erano gli anni del brigatismo, soprattutto delle Brigate Rosse, della instabilità politica, del logoramento delle Forze di Polizia, già provate dalle incessanti proteste del Movimento Studentesco a far data dal 1968, dalle manifestazioni settimanali contro gli Stati Uniti d’America che conducevano la guerra contro il Vietnam del Nord governato da HO CHI MIN e dalle manifestazioni sindacali contro il caro vita.

Lavorammo alacremente, pungolati dal Ministro Gui che, il giorno del nostro insediamento, il 15 luglio 1975, icasticamente connotò il ruolo del Comitato di Rappresentanza:  “”Vi ho fatti eleggere non per fare gli onorevoli ma perché concorriate il più rapidamente possibile alla soluzione dei Vostri annosi problemi. Ad agosto io sono qui e voglio che ci siate pure voi””.

Facemmo battaglie storiche, a tutto campo, per la dignità del personale.  Fummo antesignani.

Oggi, 6 febbraio, è ineludibile ricordare la battaglia vinta in Polizia 46 anni fa e 20 anni  prima che il Parlamento legiferasse in merito, cioè la Privacy, che metteva fine alla “gogna democratica del poliziotto”.

La Privacy della Polizia si materializzava nel divieto di pubblicizzare negli Ordini del Giorno  —  affissi nelle bacheche installate  nei siti più visibili delle caserme e, quindi, leggibili da chiunque ne avesse accesso — notizie che potessero ledere la “Dignità del Personale”, che necessariamente si articola in “dignità umana” ed inscindibile “dignità professionale”, cioè la dignità dell’uomo che vive e lavora.

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In allora perdurava la prassi, per le qualifiche più basse, di annotare negli Ordini del Giorno tutte le malattie contratte dal poliziotto, anche quelle socialmente compromettenti quali la sifilide e tutte le sanzioni disciplinari tra le quali spiccava la “camera di punizione di rigore” (la famosa C.P.R., consistente nel rinchiudimento in una cella con pernottamento su un tavolaccio, senza cinghia e lacci e scortato nelle brevi uscite da collega armato). Era mortificante, perché ciò che sarebbe dovuto rimanere riservato diveniva pettegolezzo cittadino.

Fa specie che i mass media non si siano mai accorti di questo batter d’ali di raffinata umanità dei poliziotti, che in allora erano militari.

Precorrendo i tempi, con lungimiranza ed acume sociale la Polizia si è autotutelata, senza attendere gli “”strilloni di libertà”. Non si è mai ravvisata necessità di Autorità Garante, perché garanti, e lo fecero seriamente, erano i superiori gerarchici.

La Privacy è divenuta una ossessione burocratica, si deve sempre firmarne la liberatoria negli atti e contratti. Nelle Banche, nelle Poste ed in altri siti è diventata uno sbarramento di colonnine e di strisce colorate, più ornamentali che funzionali perché non sbarrano né gli occhi né le orecchie dei curiosi pettegoli che possono vedere e sentire le operazioni che stanno compiendo coloro che li precedono nella fila.

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Eppure si prospettano come segni della “”maestà dei tempi””.

Senza colonnine di sbarramento, senza strisce erosive dei pavimenti, la Polizia ha di fatto messo tappi alle orecchie ed atropina negli occhi dei non interessati poliziotti e, soprattutto, degli estranei alla Polizia.

E così han subito fatto gli altri Corpi di Polizia e l’Esercito, la Marina e l’Aviazione.

Sulla Privacy in Polizia e su chi l’ha proposta si deve documentalmente far riferimento a Polizia Moderna, mensile della Polizia, febbraio 1976.

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Alessandria non è d’accordo a prendersi un po’ di merito? E la Polizia, quando sistematicamente vene etichettata “”disumana””, non potrebbe richiamare questo precedente, di spessore, della tutela della dignità del personale, che ha anticipato nel tempo — e con tanto tempo e senza enfasi — leggi varie in merito?

Giuseppe Bianchini, Consigliere Comunale di Alessandria, già in Polizia.

06 febbraio 2022

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