Gaia Tortolina. Vi racconto il Mio ciclismo al femminile
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Un paio di squilli e dall’altra parte, mi risponde al telefono Gaia Tortolina.
Sembra dietro l’angolo, ma mi risponde dal Belgio, dove si è trasferita da circa un anno e mezzo con il suo compagno per continuare la sua carriera da ciclista “professionista”. Giovane, 24 anni ancora da compiere, una bella voce grintosa come si addice ad un’atleta quale è lei. Facciamo una piacevole chiacchierata.
Buongiorno Gaia, sei ancora molto giovane, ma hai già una bella esperienza di ciclismo “professionistico”, quando hai cominciato a pedalare o a capire che il ciclismo avrebbe fatto parte integrante della tua vita?
Io ho cominciato ad andare in bici quando avevo 6 anni, perché nella mia famiglia, i miei genitori, hanno sempre fatto sport. Io da quando sono nata ho sempre visto biciclette in casa. Loro fanno entrambi triathlon da sempre. Io li accompagnavo alle gare, li aspettavo, ero molto piccola. Ho sempre visto i miei che si allenavano, quindi allenamento e sport per me era attività di tutti i giorni e per forza di cose ne ero innamorata. Poi, grazie ad un amico di mio papà di Tortona che aveva una squadra di bambini, la “Cicli Tortonese” mi sono avvicinata definitivamente al mondo del ciclismo. Quando ho cominciato, non avevo neanche ancora l’età minima per partecipare alle gare della prima categoria e, con la mia biciclettina rosa, in mezzo a tutti i maschi, mi divertivo un sacco anche se, all’inizio facevo una fatica nera perché ero comunque la più piccola del gruppo. Era il 2003 ed ero l’unica bambina. Facevo anche altri sport, però il ciclismo ho sempre voluto continuarlo, anche se non era lo sport dove andavo meglio. Ho fatto tennis in cui ero forse più brava. Ho fatto anche una garetta di triathlon che ho vinto subito, però io volevo fare ciclismo. Era lo sport che mi piaceva di più in assoluto. Ho migliorato poi con il tempo.
E poi, crescendo….
Poi, dalla “Cicli Tortonese” sono passata alla “Progetto Ciclismo” di Novi Ligure. C’era e c’è ancora, una squadretta di giovanissimi ed io ho corso con loro fino alla fine del settore giovanile. Poi da esordiente sono passata con la “AT Bike di Asti” dove ho fatto la categoria esordienti e allievi, fino al secondo anno da allieva, dove sono poi andata alla “Cicli Fiorin” di Monza. Ho cambiato regione e sono andata in questa squadra, più specializzata, solo femminile. Eravamo 14 ragazze. Juniores dai 17 ai 18 anni, categoria anticamera del professionismo, importante per la crescita di un’atleta, dove si cominciava a fare sul serio davvero. Ho avuto la fortuna di essere in questa squadra, veramente fantastica, perché il direttore sportivo ha sempre lavorato e tuttora lavora con i giovani e credo sia l’unico che insegna ciclismo a livello giovanile in Italia. Quindi non soltanto portare i ragazzi a correre, ma proprio insegnargli a correre. Ho imparato tantissimo, ho fatto una grande esperienza, fondamentale per me e che mi è tornata utile per il futuro. Sono poi passata professionista, élite, con una squadra di Asti, la ” Servetto Footon”. Un po’ un momento di svolta nella mia carriera perché è stata un’esperienza molto negativa. Non c’era molto spazio per crescere in quella squadra quindi ho deciso, grazie all’aiuto di una mia compagna belga che correva con me, di venire a provare a correre in Belgio, paese in cui ci sono tante gare al femminile e molte possibilità di mettersi in mostra e di far vedere il proprio valore. In un momento un po’ di disperazione, ho fatto questo salto nel vuoto e sono partita con la mia macchina. Ho caricato tutto l’occorrente e sono venuta qua in Belgio a correre senza conoscere nessuno. Era il 2017 e correvo ancora con la maglia della Servetto, la mia squadra italiana, qui in Belgio, però da sola. Dovevo rimanere in quella squadra anche perché era complicato trovare un’altra squadra in quel momento, quindi per evitare problemi, ho vestito quella maglia fino alla fine dell’anno. Facevo tutto da sola (sorride) da meccanico, da direttore sportivo e da corridore. Però è stato un po’ una rivelazione perché poi qua, (in Belgio) ho incontrato il mio mondo. Un mondo che mi ha fatto amare nuovamente il ciclismo in un momento complicato per me. Sono poi entrata, alla fine del 2017 in una squadra belga fino all’anno scorso. Ho fatto tante gare, perché io sono un po’ un animale da competizione, nel senso che per me una gara è fondamentale, la competizione è ciò che mi dà la motivazione per andare avanti, sportivamente parlando. Fino al 2019 facevo 70 gare all’anno. Una bellissima esperienza. Ho fatto tantissime gare internazionali. Ho fatto tanti risultati. Ho ottenuto anche la mia prima vittoria da professionista nel 2019. Anni veramente molto positivi. Purtroppo poi la squadra ha chiuso alla fine del 2020, per problemi di sponsor, anche legati al Covid.
Così, cosa hai pensato di fare?
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Mi sono trovata di fronte ad una scelta, che era, o quella di andare in un’altra squadra belga, però con un po’ meno possibilità, perché ci sono meno gare visto il periodo pandemico, oppure coronare questo grande sogno di creare una squadra mia insieme al mio compagno, grande appassionato anche lui di ciclismo. Mondo nel quale ha lavorato per anni come meccanico in varie squadre professionistiche maschili. Abbiamo deciso di affrontare questo passo nel giro di una settimana e siamo partiti per creare una squadra. Abbiamo cominciato a novembre, quindi in ritardo e con poco tempo. Abbiamo lottato un po’ con la burocrazia italiana che ancora adesso ci fa impazzire. Noi abbiamo un progetto riguardante non solamente atlete italiane, ma anche estere. Abbiamo due ragazze belga, una ragazza argentina, una ragazza norvegese e al nostro livello attuale che è di club, non ancora internazionale, non è semplice in Italia perché non sono molto abituati a vedere club che prendono anche ragazze estere ed ecco i problemi burocratici. Ma ce la faremo.
Quando avete intenzione di cominciare a correre?
Abbiamo già cominciato. Le nostre atlete italiane hanno già corso in due gare. Una in Toscana e una in Liguria, mentre le nostre atlete juniores hanno corso domenica scorsa alla coppa del mondo juniores vicino a Varese, a Cittiglio. Per me una grande soddisfazione aver dato modo a queste ragazze di poter partecipare a tale competizione, indipendentemente dal risultato.
La nostra squadra si chiama A.S.D. Women Cycling Project ed ha come main sponsor “Biciclette Finotti” di Tortona per il materiale tecnico. Il primo ad aver creduto in noi ed in questo progetto tutto al femminile, ma anche colui che mi diede la prima bicicletta per correre quando ero piccolina. Abbiamo avuto anche il supporto di “Zonta club Alessandria” e “Molino Filippini” azienda Valtellinese.
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Prossimi obbiettivi?
Appena si potrà, organizzeremo un ritiro dove potremo conoscerci e pedalare tutte insieme, dato che col Covid non abbiamo ancora potuto farlo. L’obbiettivo del team per la stagione sarà quello di portare le ragazze a correre in Belgio. Una squadra italiana in Belgio per fare esperienza. Far conoscere alle ragazze il panorama internazionale per farle crescere trasmettendole ciò che ho imparato io, purtroppo da autodidatta.
Una domanda di curiosità. Un tuo idolo ciclistico del passato e di adesso?
Non sono tanto una da idoli, però se proprio devo dire un nome tra le cicliste donne, dico senza dubbio Alfonsina Strada perché è una pioniera del ciclismo. Lei voleva fare ciclismo quando il ciclismo non era possibile per le donne. Ha dovuto lottare per vedere avverarsi i suoi sogni. Mentre parlando di altri sport, ammiro molto Tania Cagnotto, per la sua carriera e i suoi valori.
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Sempre restando nel ciclismo su strada, tu sei più da classiche di un giorno o da grandi giri a tappe?
Io sono più da corse di un giorno, non da grandi giri a tappe. Sono abbastanza veloce, mi difendo bene nelle gare molto tecniche, mi so muovere bene in gruppo. Le volate con gruppo ristretto rientrano un po’ nelle mie caratteristiche.
Grazie Gaia. In bocca al lupo per la tua nuova avventura che noi di alessandria24.com seguiremo con passione.
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(Foto Gaia Tortolina)