I colori della Fede per l’itinerario terreno del Cristo, in cinque magnifiche tele, che da Venezia sono arrivate a Cuneo.

Esistono in questa nostra straordinaria Italia alcune città dove basta entrare in una chiesa per trovare incredibili capolavori artistici. Per esempio Roma, per esempio Firenze. Certamente Venezia. A Cuneo hanno pensato bene (anzi, benissimo) di allestire nel – già bello di suo – Complesso Monumentale di San Francesco – dove c’è il Museo Civico, che comprende quindi l’ex convento e l’annessa chiesa – uno straordinario evento artistico, dal suggestivo titolo “I colori della Fede a Venezia”: cinque opere di immensa bellezza e straordinario valore estetico, per ripercorrere la vicenda terrena di Gesù di Nazareth, dal concepimento alla resurrezione.

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Voglio però ricordare che il Complesso Monumentale di San Francesco è notevolmente affascinate di suo. Si tratta di un complesso architettonico che è una rara testimonianza di epoca medievale in città. Dove già dal XV secolo era diventato un importante punto di riferimento per tutta la cittadinanza cuneese, tanto che le famiglie nobili fecero ingenti donazioni per l’abbellimento e l’ampliamento della struttura. Ma, tanto per cambiare, fu una guerra a mortificarne le sorti. Perché l’esercito di Napoleone si impossessò dell’edificio, cacciò i frati ed utilizzò chiesa e convento come caserma e guarnigione militare, depredandone o vendendone gli arredi e le opere d’arte che vi erano ospitate. Solo dal 1980, dopo alterne vicende e diversi cambiamenti d’uso l’intero complesso è utilizzato come luogo di attività culturali ed ospita la sede del Museo Civico. E meno male!

In questo luogo, antico ed affascinante, ottimamente restaurato, viene ospitata, con ingresso gratuito, fino al 5 marzo 2023, la mostra “I colori della fede: Tiziano, Tintoretto, Veronese”, sponsorizzata dalla Fondazione CRC e da Intesa San Paolo, curata da don Gianmatteo Caputo e Giovanni Carlo Federico Villa, con il supporto organizzativo di MondoMostre. Una mostra dal fascino straordinario, direi indimenticabile. Perché il progetto propone cinque pale d’altare – dipinte ad olio – di tre grandi maestri del Rinascimento veneto, provenienti da cinque differenti chiese veneziane. Ognuna di loro ci narra di una tappa fondamentale della vicenda terrena di Gesù Cristo, dall’Annunciazione – quindi il concepimento – al Battesimo, dall’Ultima cena alla Crocifissione ed infine alla Resurrezione.

In un ambiente estremamente scuro, che ispira attenzione e meditazione, dove i suoni e le voci un po’ si abbassano spontaneamente, come intimorite dal luogo che attraversiamo, un po’ vengono assorbite dall’ambiente espositivo stesso, e se alziamo gli occhi vediamo le volte a crociera della ex chiesa francescana, si viene prima accolti in una prima sala dedicata alla storia di Venezia del XVI secolo. Infatti le tele di Tiziano, Tintoretto e Veronese, scelte per questa mostra, sono state tutte dipinte tra il 1560 ed il 1566, periodo di straordinaria prosperità e benessere della Repubblica veneta. A unirle, come suggerisce il titolo, il ruolo del colore: una vera e propria sinfonia delle più straordinarie possibilità coloristiche dedicate alla Sacra Scrittura.

Superata la sala esplicativa, ci troviamo di fronte ad un immenso, sotto ogni punto di vista, capolavoro di Tiziano l’Annunciazione (1563-1565). Una maestosa pala d’altare dipinta su commissione di un ricco gioielliere veneziano per un altare della chiesa di San Salvador. L’immagine che inserisco nell’articolo non potrà che essere una pallida riproduzione di qualcosa di magnifico. Che è di una potenza straordinaria, con figure angeliche, nubi tempestose, colori che vanno da un azzurro ammaliante ad un nero angosciante. Come se tutto il dolore che la Madonna dovrà patire fosse riassunto in queste immagini. Un’Annunciazione che potremmo definire aggressiva, dolorosa. Magnifica.

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Il secondo episodio che troviamo nel percorso riguarda il Battesimo di Cristo (1560-1561) eseguito da Paolo Caliari, detto il Veronese, su commissione di una coppia di mercanti veneziani: Bartolomeo Stravazino e suo figlio Giovanni, che infatti compaiono in basso a destra nella tela. Qui la terribile dinamicità del dipinto di Tiziano scompare totalmente. La scena è pacata, silenziosa, con le figure del Battista e di Cristo divise da espressività, colori, postura, ma con un’armonia complessivamente serena e rasserenante. Splendida davvero la resa coloristica, dovuta ad un recente restauro.

La terza opera che ci troviamo ad ammirare è l’immenso (misura più di nove metri quadri, ed è la tela più grande delle cinque) telero di Jacomo Robusti, detto il Tintoretto, che rappresenta l’Ultima Cena (1561-1566), realizzato su richiesta della Scuola del Sacramento dei Santi Gervasio e Protasio, per un altare della Chiesa di San Trovaso. Qui, rispetto ad entrambi i quadri precedenti, siamo in un mondo completamente diverso: l’opera raffigura in maniera teatrale il momento in cui Gesù annuncia il tradimento da parte dei suoi discepoli. Ma la sua straordinaria diversità è il suo andamento decisamente e straordinariamente popolaresco, con elementi di notevolissimo realismo: l’ambientazione, ovvero un’umile locanda con la tavola dimessamente apparecchiata, le sedie sgangherate e il pavimento sporco. E poi, gli apostoli, che non hanno traccia di santità: hanno i volti dei veneziani che si incontravano nelle calli, mercanti, marinai, maestri d’ascia, operai, molto più interessati a cibo e vino che alle parole di Gesù: un dipinto davvero geniale, spiazzante, stupendo.

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Incredibilmente diversa, pur essendo sempre del Tintoretto, disorientante proprio per questo stacco con il quadro precedente, è l’opera successiva, che rappresenta la Crocifissione (1563), realizzata per la chiesa di Santa Maria del Rosario, detta dei Gesuati. Cristo in croce, attorniato da una luce intensa, simbolo della vita del Cristo che trionfa sulle tenebre e sulla morte, ha ai suoi piedi un sostanzioso gruppo di ben nove persone, che circondano la madre di Gesù svenuta per l’immenso dolore. Colori vivi, accesi, con preponderanza del bianco della purezza e le mille sfumature del rosso del dolore. Anche in questo caso l’opera è stata recentemente restaurata e quindi esprime in pieno tutta la propria straordinaria bellezza coloristica.

Infine, il percorso si conclude con la Resurrezione (1560) dipinta dal Veronese per la cappella Badoer della chiesa di San Francesco della Vigna di Venezia. Un’energia immensa arriva dall’esplosione di luce che accompagna l’energica figura di Cristo risorto, in movimento ascendente, imperioso, che ormai guarda solo verso il cielo, ignorando del tutto il gruppo di armigeri, esterrefatti e spaventati, che sono annichiliti dalla scena sovrumana che si trovano a fronteggiare. Ma quel che colpisce sono i colori, che offrono una vastissima gamma cromatica, tale da evidenziare con straordinaria intensità coloristica la concitazione inumana della Resurrezione.

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Solo cinque opere, lo so, che fanno venire il potente desiderio di correre a Venezia per vederne molte altre, di questi tre fantastici pittori. Ma in realtà si tratta di un percorso in sé concluso, straordinariamente efficace e coinvolgente. Poi, prima di chiudere questo articolo, vorrei evidenziare la grande accuratezza generale della proposta artistica di cui si parla. Intanto si noti che sotto ogni pala d’altare è citato il brano evangelico relativo all’episodio raffigurato. Poi di fronte a ciascuna delle opere c’è un cartellone che spiega, con tanto di foto, in quale chiesa di Venezia si trovano i singoli dipinti. Infine l’attenzione della luce che le illumina, queste opere magnifiche: potente ma non costante. Ogni opera vive infatti un ciclo luminoso che si ripete, da una forte luminosità ad una minima, per evitare ogni danneggiamento delle stesse…e chissà, magari funzionale anche per risparmiare sulla bolletta…mah? Battuta finale a parte, la qualità di questa proposta artistica cuneese è veramente notevole, ed invito tutti coloro che ne abbiano la possibilità ad organizzare una puntata nel cuore della Provincia granda, perché Cuneo è bella, si mangia bene, benissimo…e, last but not least, c’è questa splendida mostra da visitare.

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