Geopolitica Europa Orientale: un incontro di Italexit a Tortona

Il Circolo provinciale Italexit di Alessandria organizza per domenica 20 novembre a Tortona, in v. M. Silla 5 B un incontro di approfondimento sulla geopolitica dell’Europa orientale.
Il tema è di particolare interesse ed attualità poiché le tensioni dell’area non si limitano soltanto a quelle della guerra in Ucraina.
Pubblichiamo di seguito un interessante articolo di Graziano Canestri, esperto in materia che sarà relatore domenica, che presenta alcuni temi di attualità in proposito

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Dalla fine della guerra nella ex Jugoslavia, la regione del Kosovo è continuamente rivendicata dalla Serbia, perché rappresenta il pilastro spirituale della loro identità nazionale

Nuovamente si è riaccesa la tensione tra Kosovo e Serbia per l’annunciata entrata in vigore della legge sulle targhe, che impone alle automobili del paese di avere la targa kosovara.

Una misura che la minoranza serba nel paese e il governo di Belgrado non vedono di buon occhio, anche se proprio in Serbia sia da tempo in vigore una norma identica ma inversa.

Qualche tempo prima tra Kosovo e Serbia ci sono state nuovamente tensioni per la polemica riguardante le targhe automobilistiche, risalenti addirittura al 2011 quando Belgrado e Pristina hanno  sottoscritto un accordo di libera circolazione, secondo cui tutti i veicoli che dal Kosovo entrano in Serbia dovevano sostituire le targhe kosovare con quelle serbe pagando una tassa di circa 400 dinari (3,4 euro).

Questo accordo doveva scadere nel 2016 ma, senza che vi fosse trovata una soluzione, il suddetto accordo venne rinnovato per altri cinque anni scadendo nel 2021, senza arrivare anche in questo caso a nessuna intesa.

In questo modo Pristina ha deciso di introdurre una medesima misura obbligando tutti i veicoli provenienti dalla Serbia e diretti in Kosovo a sostituire momentaneamente  le targhe serbe con quelle kosovare sottoscrivendo una polizza assicurativa.

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Questa decisione ha scatenato la rabbia della minoranza serba in Kosovo, soprattutto nelle aree del Nord abitate in maggioranza da serbi.

L’Unione Europea per ovviare al problema e trovare una sorta di compromesso tra le varie parti in causa, ha messo in campo tutta la sua diplomazia incontrando a Bruxelles le delegazioni serbe e kosovare ma, questi primi negoziati non hanno dato nessun esito.

Allora la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in visita nei Balcani occidentali in previsione di un summit tra i paesi dell’area e l’ Unione Europea che si è tenuto il 6 ottobre 2021 a Brdo pri Kranju sotto la presidenza di turno slovena, ha fatto continui appelli alla calma affermando che la cooperazione è l’unica strada possibile.

Così grazie al prezioso lavoro di Miroslav Lajcak rappresentante speciale dell’UE per il dialogo tra Serbia e Kosovo, è riuscito a trovare un’intesa tra le parti,  in cui le forze NATO presenti in Kosovo verranno schierate per un certo tempo nei pressi del confine , mentre nel frattempo si cercherà di trovare una soluzione definitiva al problema, naturalmente sotto l’egida dell’Unione Europea che si propone di garantire ai cittadini di entrambi i paesi un trattamento uguale e libera circolazione.

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Stando alle ultime notizie di allora, sembrava che la situazione fosse tornata tranquilla e non si registrarono incidenti, auspicando che la situazione potesse rimanere calma.

Nel 2021 c’era una fondata preoccupazione, che sarebbe  bastata una piccola scintilla o una circostanza improvvisa per scatenare un incendio con conseguenze drammatiche.

Cosa che purtroppo è avvenuta pochi giorni fa, alimentando nuove tensioni e timori per un futuro incerto,con il rischio di arrivare ad una pericolosa escalation nella nuova crisi in corso tra Serbia e Kosovo.

Non solo la guerra sulle targhe, ma anche la denuncia di Belgrado della presenza di misteriosi droni in sorvolo suzone militari e caserme.

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Tanti segnali confermano tale preoccupazione, soprattutto come il segnale lanciato dal presidente A.Vucic’,che ha fatto sapere di aver annullato tutti i suoi appuntamenti all’estero, per rimanere a Belgrado e vigilare sulla situazione.

Praticamente il provvedimento impone alla minoranza serba presente in Kosovo (circa cinquantamila persone), di sostituire targhe e documenti serbi con quelli kosovari e ogni cittadino serbo deve presentare una sorta di visto ai controlli di frontiera.

Pristina ha richiesto ai membri della minoranza serba di cambiare le targhe delle loro auto da quelle serbe a kosovare.

Questa iniziativa sta riaccendendo il nazionalismo che rischia di diventare esplosivo.

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Il 31 luglio scorso, centinaia di cittadini di origine serba, hanno manifestato il loro dissenso bloccando con dei mezzi pesanti le strade in direzione di due località di frontiera Jarinja e Brnjak , dove sarebbero avvenuti scontri a fuoco con le forze dell’ordine kosovare, ma nessuno sarebbe rimasto ferito.

Il presidente kosovaro Kurti ha parlato di vari gruppi serbi fuorilegge, che hanno aperto il fuoco contro la polizia, incoraggiati da Belgrado accusata di ammassare il suo esercito lungo il confine.

Per tutta risposta il presidente Vucic’ alza i toni dello scontro paventando lo scoppio di una guerra, dove i serbi del Kosovo non tollerano altre persecuzioni,cercando la pace ma senza arrenderci.

SecondoVucic’ la Serbia non è un paese che si può sconfiggere come ai tempi di Milosevic’, gli albanesi non vogliono la pace.

Facendo due passi indietro, il contrasto latente fra serbi e albanesi si acuì nel 1968, quando studenti di etnia non albanese furono espulsi da aule e dormitori di scuole e università, con coseguenti manifestazioni massicce nella capitale Pristina.

Per tentare di risolvere la situazione, nel 1974 ilgoverno centrale concesse al Kosovo uno Statuto speciale come quello della Vojvodina, che consentiva un’autonomia simile a quella di una repubblica federata all’interno della Repubblica di Serbia.

Con questo Statuto il Kosovo avrebbe goduto di grande libertà.

Nel 1981,siscatenarono nuove dimostrazioni violente durante le quali nuovamente i serbi furono respinti dai luoghi di lavoro e dalle scuole.

Purtroppo gli albanesi si accanirono contro le proprietà serbe, dove una parte del Monastero del patriarcato di Pec’ fu incendiato.

A partire da quel periodo, i membri della comunità albanese boicottarono il sistema d’educazione jugoslavo in albanese e le istituzioni dello Stato e dal 1990 il boicottaggio diventò assoluto.

Comunque Belgrado sembrava tollerare il sistema di un governo parallelo, purché non si trasformasse in indipendenza.

Sembra ci fosse stato un accordo fra Slobodan Milosevic’ e Ibrahim Rugova, che permetteva al Presidente kosovaro una politica internazionale normale e infatti teneva contatti con l’estero, riceveva visite ufficiali e le ricambiava.

Rugova era contrario alla violenza e accettava l’ufficiosa autonomia per non arrivare ad ottenere l’indipendenza attraverso un probabile bagno di sangue.

Ma quest’atteggiamento pacifista fu pesantemente attaccato dai media albanesi e dal Presidente d’Albania Salim Berisha.

Tornandoa noi, la Russia non ha evitato di intervenire sulla questione accusando il Kosovo di utilizzare la nuova legge come un primo passo verso l’espulsione della popolazione serba dal Paese.

Il ministro degli esteri russo Maria Zacharova chiede a Pristina di fermare le provocazioni e rispettare i diritti dei serbi in Kosovo, dove è noto che i serbi non rimarrano indifferenti agli attacchi diretti alla loro libertà e saranno pronti a prepararsi per uno scenario militare.

La Serbia è una storica alleata della Russia, che insieme alla Cina non riconosce l’indipendenza del Kosovo.

La Serbia non si è allineata alle sanzioni occidentali a condanna dell’invasione dell’Ucraina.

Belgrado continua a dimostrarsi ricettiva nella visione revisionista e nazionalista di Putin, come lo sono i suoi vicini Orban (Ungheria) e Milorad Dodik (Bosnia).

Secondo alcune notizie non confermate, la Serbia starebbe pianificando una guerra d’aggressione secondo il metodo Putin e di conseguenza si teme un allargamento del conflitto ucraino sui Balcani.

Belgrado si sta preparando a intervenire in Kosovo per proteggere  e salvare i serbi e Mosca ha garantito il suo sostegno all’azione del governo serbo.

L’Unione Europea e i suoi stati membri dovranno prestare massima attenzione , usando la loro influenza per ridurre al minimo gli elementi di conflittualità ed evitare che la crisi diventi irreversibile.

Ma il problema delle targhe è solo la punta di un iceberg, dove i veri problemi sono altri e si cerca continuamente di mascherarli presentando situazioni al limite dell’assurdo come abbiamo analizzato.

Sarebbe tempo che la comunità internazionale e l’Europa prima di tutto, che continuano a sostenere il governo kosovaro, procedessero finalmente a occuparsi dei seri problemi che ancora persistono,  rivolgendo il proprio sguardo sulla terribile sorte che subiscono oggi i serbi del Kosovo, il cui numero è diminuito di sei volte fin dall’intervento NATO del 1999 ma , ancor più dopo l’indipendenza della provincia dichiarata il giorno 17 febbraio 1998, non senza la benedizione degli Stati Uniti.

Il destino dei serbi del Kosovo si riduce nella maggior parte dei casi a un dilemma tra restare  a rischio della propria sicurezza ed esistenza o partire in esilio abbandonando le rispettive proprietà.

Il precario destino di queste decine di migliaia di serbi che subiscono i peggiori abusi, nella costante indifferenza della comunità internazionale.

La situazione generale resta drammatica….

Graziano Canestri

 

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