C’era una volta l’Egitto: la seconda cappella di Tutankhamon, “colui che nasconde le ore” – Quinta parte

Vorrei ancora segnalare una curiosità sulla tomba del faraone fanciullo, non sono molti quelli che ne parlano in quanto i tesori contenuti nella tomba sono talmente interessanti che qualcosa passa inevitabilmente in secondo piano. Come sapete quando Carter entrò nella camera funeraria non si imbatté subito nel sarcofago del faraone, questo era racchiuso entro quattro cappelle, o sacrari, in legno dorato che occupavano quasi interamente la camera. La prima cappella era dotata di porte a due battenti ancora chiuse e con i sigilli della necropoli. Ciascuna cappella si presentava decorata e nell’intercapedine tra una e l’altra erano contenuti numerosi oggetti. Quello di cui voglio parlarvi è una scena rappresentata su di una parete della seconda cappella occupandola per intero. Prendo da un articolo dell’egittologo francese di origini russe, Alexandre Piankoff dal titolo “Une reprèsentation rare sur l’une des chapelles du Tutankhamon”, pubblicato sua J.E.A. 35 del 1949 e tratto dal suo libro “Il libro del giorno e della notte” dove descrive,tra l’altro, la scena di cui vi parlo. L’articolo fa riferimento ad una rappresentazione unica nell’iconografia egizia, anche se figure analoghe si ritrovano nelle tombe di Ramesse VI e Ramesse IX. Al centro della scena il faraone defunto è rappresentato imbalsamato in forma Osiriaca con due grossi cerchi che racchiudono: quello superiore la testa fino alle spalle mentre quello inferiore si estende dalle ginocchia fino in fondo ai piedi. In ciascuno dei due cerchi sono racchiusi dei serpenti nell’atto di mordersi la coda.
Esaminando il cerchio che racchiude la testa nel suo interno si trovano due iscrizioni identiche contrapposte formate da tre segni il cui significato è “Colui che nasconde le ore”. Sopra il capo del Re una breve iscrizione indica che il serpente è Mehen, lo stesso che nel “Libro dell’Amduat” e nel “Libro delle Porte” protegge la cabina del Dio sulla barca solare. Il serpente-tempo, simbolo del non esistente, del caos che circonda il mondo creato e che si rigenera da solo. Al centro della figura del Re, racchiuso in un cerchio con le braccia alzate in atto di adorazione, un uccello con la testa di ariete, il ba di Ra. A destra della figura di Tutankhamon si trovano tre registri sormontati da una scritta che inneggia a Ra.
Il primo registro contiene il capitolo 17 del Libro dei Morti con alla sua destra otto divinità sormontate da un testo che dice: “Questi Dei sono così nelle loro caverne che sono nella Duat. I loro corpi sono nelle tenebre”. Ancora più a destra Iside e Nephti adorano un bastone con la testa di ariete di RA. Il secondo registro di tre righe orizzontali contiene il cap. 92 del Libro dei Morti seguito da sette rappresentazioni simboliche. Il terzo registro riporta il cap. 1 del Libro dei Morti seguito da un gruppo di otto divinità. Ancora più a destra due Dee adorano il collo di Ra, un bastone con la testa di sciacallo sormontato da un disco solare contenente il ba di Ra. Sulla sinistra del Faraone altri tre registri, nel primo sette divinità racchiuse nei loro tabernacoli (naoi). Ancora più a sinistra un testo di 4 colonne che contiene un’invocazione alle due Enneadi divine.
Nel secondo registro una corda che esce dal disco che contiene il ba di Ra e passa su 7 personaggi rivolti al Faraone con le braccia alzate in adorazione, accanto a ciascuna è riportato il proprio nome meno che alla settima. Alle loro spalle è riportato il Cap. 29 del Libro dei Morti. Nel terzo registro si trovano due Dei stanti con al centro la figura di un lunghissimo serpente dalla testa umana, Tepy, che racchiude due cartigli, in uno pare esservi Osiride mentre l’altra figura non è identificabile. A destra un contenitore che racchiude un braccio, quattro mani e la testa di un ariete, il significato è incomprensibile. Il testo sulla scena descrive gli Dei sottostanti. La restante parte del registro riporta il cap. 26 del Libro dei Morti.
(Fonti e bibliografia:
Alexandre Piankoff, “Il libro del giorno e della notte”, trad. Etienne Drioton, Istituto francese di archeologia orientale (Il Cairo), 1942
Claude Carrier, “Grandi libri funerari dell’Egitto faraonico”, Cybèle, 2009
Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle Divinità dell’Antico Egitto”, ed. Ananke 2006,
Guy Rachet, “Il Libro dei Morti degli Antichi Egizi”, ed. Piemme 1997)
Ferdinando Caputi
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