Lo sport non è il problema, è la soluzione!

“Noi vogliamo lavorare!”: è questo il messaggio che è partito, forte e chiaro, dall’affollatissima Piazza della Libertà, dove si è radunato il popolo alessandrino dello sport.

Rabbia, delusione, frustrazione, ma anche tanta voglia di fare, di continuare ad operare, di non morire, perchè, è chiaro, con i nuovi provvedimenti governativi lo sport può solo morire.

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Inutile fare della retorica sull’importanza dell’attività per giovani e meno giovani, anche per mantenere quello stato di forma fisica che è la prima e migliore barriera contro la diffusione del covid e non solo.

Qui si tratta  anche e soprattutto di salvare posti di lavoro, di garantire la sopravvivenza economica a tutto un settore che, solo nella nostra provincia, dà lavoro a migliaia di persone: con quali motivazioni pseudo scientifiche si è deciso di penalizzare questo comparto, dopo che in molti avevano fatto spese e investimenti per adeguare i propri impianti e palestre alla normativa anti-covid?

Perchè a fronte di spese crescenti ed incassi in calo si è additato il mondo dello sport come quello degli untori? Perchè i contributi, quando sono arrivati, sono stati così miseri da non coprire neppure le spese di sanificazione? Incredibile: prima ti adegui, poi ti affosso!

Lo sport che muore è il manifesto di una società che fallisce  in uno degli elemento fondativi del proprio tessuto sociale: non stiamo parlando solo di soldi, ma di educazione, salute, valori, civiltà, coesione.

La piazza di oggi, ad Alessandria come in tutta Italia, ha dato una grande dimostrazione di civiltà: niente violenze, niente provocazioni, solo voglia di fare squadra, di essere tutti assieme portatori di un progetto di qualità della vita che ci permetta di ripartire al più presto, non di scomparire.

Qualcuno saprà e vorrà rispondere a questo sacrosanto grido di dolore?

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