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Il nuovo fumetto di Giulio Legnaro: “C’era una volta Ricaldone”

Per le feste natalizie i residenti di Ricaldone si sono visti recapitare un regalo inedito e del tutto particolare sul passato dei loro antenati, alcuni dei quali divenuti celebri, e sugli avvenimenti che hanno caratterizzato nel corso dei secoli gli 885 anni di storia del loro territorio.
La sindaca Laura Graziella Bruna con l’Amministrazione comunale, supportando così il gravoso lavoro di Babbo Natale, ha pensato di raggiungere l’intera comunità con un dono personale, un albo a fumetti che Giulio Legnaro ha realizzato con una serie di tavole ricche di significato e con personaggi espressivi e di grande impatto figurativo.
Il racconto parte dalle origini di Ricaldone che la data convenzionale del 1137 identifica con la sua fondazione sebbene alcuni storici ritengano che quelle terre fossero occupate nel VII secolo a.C. da una tribù di Longobardi perché garantivano una valida difesa dagli invasori.
Si racconta che i Signori di Canelli, i Conti di Acquosana, furono i feudatari di Ricaldone fino alla metà del 1100 e assieme ad altri della zona fondarono Alessandria e Nizza per contrastare l’imperatore Federico Barbarossa; anni dopo, Manfredo dei Signori di Ricaldone si trasferì poi a Rovereto e nel 1192 è riportato nell’elenco dei populares tra i sottoscrittori di un patto di alleanza tra Alessandria e Genova.
Ricaldone, una terra di collina dura da coltivare, che nel tempo ha forgiato generazioni di ricaldonesi che con sacrificio l’hanno difesa e resa produttiva con il loro lavoro e che ancora oggi riporta nello stemma comunale il motto dei suoi conterranei “Aspera non terrent … le difficoltà non ci spaventano”
A Ricaldone si sono succedute personalità di primo piano che hanno contribuito a scrivere pagine importanti della storia locale come la marchesa Anna d’Alançon, parente con la casa reale francese, che ereditò nel 1498 il feudo di Ricaldone dal marito Guglielmo marchese del Monferrato e come Beltrame Culeo professore all’Università di Pavia che nel 1575 fece testamento a favore dei poveri di Ricaldone.
Significative erano le norme degli statuti a difesa delle persone più deboli e degli imprevidenti ma soprattutto era importante la legislazione sulla tutela dei pupilli, degli adulti non autosufficienti, dei malati e dei poveri e la severa normativa sulla violenza nei confronti delle donne.
Ma, come viene evidenziato da Legnaro nel racconto del fumetto “… il vero protagonista della vita di Ricaldone già nel Medioevo, era il vino” la cui qualità è dimostrata dall’apprezzamento del conte Mercurino III feudatario di Valenza, culture e divulgatore dei vini che in un inventario nel 1633 riporta i vini Nebiolo e Moscatello di Ricaldone.
Nella seconda metà dell’Ottocento il vino di Ricaldone ebbe un grande successo internazionale grazie alle cantine create dal commendator Filippo Lavagnino che lanciò l’etichetta “Castel Ricaldone” che contrassegnava spumanti, moscati, barbere e soprattutto una malvasia pluripremiata in numerose esposizioni del settore.
La narrazione della storia prosegue con altre illustrazioni molto particolareggiate, una delle quali significativa perché rappresenta un giovane Camillo Benso conte di Cavour, assieme al cugino Camillo Alliaga che divenne il 9° conte di Ricaldone.   
L’albo a fumetti “C’era una volta … Ricaldone. Le radici del nostro futuro” ha richiesto all’autore tempo e un impegno costante per illustrare una storia che induce alla riflessione, come si legge nell’introduzione scritta dall’Amministrazione comunale “Perché un racconto di Natale? Perché anche il nostro Paese ha bisogno di una narrazione collettiva, una narrazione nella quale i dati storici si sommano ai racconti più fiabeschi che spesso finiscono per essere più verosimili degli aridi documenti ingialliti. La speranza è che dalla lettura di questa pubblicazione possano nascere altre storie, altri racconti e che il filo sottile del passato non si spezzi, ma finisca col diventare una forte fune lanciata verso il futuro delle prossime generazioni di ricaldonesi, affinché le nostre origini continuino ad alimentare il sentimento di appartenenza che ci rende unici”.

Massimo Taggiasco:
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