“Il nostro Napoleone” tra poesia, amore e tecnologia: al Polo Culturale di Marengo un nuovo appuntamento per il ciclo Jukebook Letterario

Spinetta Marengo (Nicolò Bellantone) – Un viaggio polifonico nella figura di Napoleone, tra poesia, amore e tecnologia. È questo il cuore pulsante dell’incontro “Il nostro Napoleone”, andato in scena ieri alle 17:00 nell’auditorium del Polo Culturale di Marengo, per il nuovo appuntamento del ciclo Jukebook Letterario, ideato e condotto da Mariavittoria Delpiano con la collaborazione della poetessa Angela Cresta.
Come in un vero jukebox d’altri tempi – da cui l’iniziativa prende ispirazione – il pubblico è stato invitato a ricevere e recitare le citazioni emblematiche del generale corso, frammenti di storia e pensiero distribuiti fisicamente tra le mani dei presenti: un’esperienza partecipata e vibrante.
A guidare il pubblico in questa esplorazione, Angela Cresta ha offerto un ritratto sfaccettato di Napoleone: non solo condottiero, ma anche amante appassionato, mente acuta e figura quasi teatrale, capace di attraversare la storia come un’eco ininterrotto. È poi toccato alla Delpiano rievocare l’intimo: l’amore tormentato e leggendario tra Napoleone e Giuseppina, un legame attraversato da lettere ardenti, gelosie, successi e rovesci della sorte. Un racconto che ha mescolato cronaca e sentimento, spingendo l’uditorio oltre la retorica storica.
A chiudere l’incontro, un’illuminante serie di curiosità: il fisico e divulgatore Enrico d’Urso ha svelato il volto meno noto dell’Impero, quello delle invenzioni e delle sfide tecnologiche dell’epoca. Dall’invenzione del telegrafo Chappe alle prime lattine per i rifornimenti militari, passando per i famigerati bottoni di stagno che si sgretolavano nel gelo russo: una storia fatta anche di dettagli minimi, capaci però di cambiare le sorti delle battaglie.
“Il nostro Napoleone” si è così trasformato in un caleidoscopio di voci e discipline, capace di restituire umanità a una figura spesso imprigionata nei libri di storia. Un’esperienza che conferma come la cultura, quando si fa dialogo e diventa un’esperienza collettiva, non può che sorprendere.
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