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Il territorio della bellezza: il fascino delle Donne d’Oriente nel libro di Antonio Gervasoni (Tashi Sufi)

Ho conosciuto Antonio Gervasoni al Museo della Gambarina, per puro caso, alla presentazione di un libro – che con il suo non c’entrava nulla – una sera di fine inverno. Me lo ha presentato Francesca Parrilla, inestimabile appassionata d’Arte e di  bellezza, credo ben cosciente che fra me e lui poteva scoccare una naturale  e dinamica simpatia. Ho infatti immediatamente apprezzato la sua empatica cordialità  – e la sua sorridente intelligenza – nel nome di un amore musicale comune: quello per Franco Battiato. Quando gli ho narrato di aver assistito, nel periodo elettronico di Battiato (i primi anni ’70) ad un suo concerto in piazza e in solitaria, lui da solo con le sue tastiere, gli si sono illuminati gli occhi e ho sentito la sua invidia – positiva, naturalmente – circondarmi insieme alla sua prorompente simpatia. Mi ha allora spiegato che il lunedì successivo avrebbe presentato – con la sapiente introduzione e guida del Prof. Ferdinando Caputi, da me apprezzato in svariate altre occasioni culturali – un suo libro dall’affascinante titolo Donne d’Oriente. Un libro fatto soprattutto di molte foto, accompagnate da riflessioni e poesie, intorno al complesso e variegato mondo femminile di luoghi lontanissimi, da lui immensamente amati, dopo averne attraversato in lungo e in largo gli smisurati territori.

Ma prima ancora di parlare del suo libro vorrei dirvi di quanto Antonio Gervasoni sia letteralmente impregnato d’Oriente. Nella sua pagina FB il nome che compare non è mica Antonio Gervasoni, ma Tashi Sufi. Un nome che unisce in sé una immensa positività, dona gioia e cordialità, con in aggiunta il positivo corollario di uno smagliante sorriso. Perché Tashi è un nome di origine tibetana e significa sostanzialmente buona fortuna. Più complesso il senso della seconda parte del nome, Sufi. Il sufismo, nell’islam, è una sorta di dottrina e disciplina di perfezionamento spirituale. Si tratta in pratica di un insieme di metodi e dottrine che tendono all’approfondimento interiore dei dati religiosi, per preservare la comunità dal rischio di un irrigidimento della fede. Esattamente il contrario dell’Islam fanatico e jihadista, quindi. Del sufismo era innamorato, guarda caso, proprio Franco Battiato. Ma Battiato era solo uno fra i tanti uomini saggi dell’Islam che credono e desiderano più la tenerezza di Allah che la sua rigidità dottrinale. Tashi Sufi è quindi un doppio nome che mi piace tradurre come “A te la buona sorte con la tenerezza di Dio”… bellissimo, no? E lui, Antonio Gervasoni alias Tashi Sufi, è proprio una persona di una solarità dolcissima, che letteralmente promana da sé una straordinaria e accogliente serenità.

Così, la presentazione del suo libro è stata davvero una rasserenante avventura intellettuale, condotta con sapienza e giusta compartecipazione da un ispirato Ferdinando Caputi, il cui amore per l’oriente ben apprezzo e conosco. Che ha lasciato il giusto spazio, tuttavia, a Tashi Sufi, che ci ha parlato del suo libro, ma soprattutto del suo immenso amore per l’Oriente. Per meglio comprendere questa passione d’Oriente, vi propongo la lettura dell’incipit della sua presentazione, che mi ha molto intrigato, e che viene riportato nell’introduzione stessa al libro: Otto marzo 2019: Vietnam, città di Hue, un tempo antica capitale. Verso le nove del mattino, insieme a Massimo, da anni mio compagno di viaggio, ci apprestiamo a visitare l’antica residenza reale, simile, anche se in scala ridotta, alla città proibita di Pechino. Fuori dalle mura la guida ci mostra la pianta del palazzo e i dettagli della visita che sono riportati sul grande pannello posto a fianco del box dei ticket. Massimo che, viaggio dopo viaggio, si è guadagnato sul campo il ruolo di nostro fotografo ufficiale, è distratto forse affascinato dalla moltitudine di donne che passeggiano a pochi metri da noi indossando tutte l’abito tradizionale per eccellenza, il tipico “Ao Dài” corredato dall’altrettanto tipico copricapo in bambù. La guida, percependo la nostra piacevole curiosità, ci informa che erano vestite così per un motivo. Il Governo, in occasione dell’otto marzo, che si celebra anche in Vietnam, aveva permesso loro di usufruire dell’entrata gratuita a condizione che indossassero l’abito tipico. Un colpo di fortuna per noi, visitatori d’Occidente, che avevamo l’opportunità di accedere a questo antico palazzo, impreziosito da questa inimmaginabile e meravigliosa coreografia femminile che ci trasportava indietro nel tempo. I nostri occhi erano rapiti dai colori, dai gesti, dai sorrisi, dalla gentile disponibilità di queste donne in festa, felici di farsi fotografare senza remore con la più grande naturalezza: naturalezza che la donna sa di avere, quando decide di compiacere l’obbiettivo.

Ecco, in questa sorta di rimembranza che è anche una vera e propria dichiarazione d’amore, c’è la filosofia di Tashi Sufi: il lasciarsi profondamente coinvolgere dall’incanto dei luoghi e il lasciarsi letteralmente inebriare dalla colorata e sorridente presenza femminile in quei luoghi incantevoli. Che infatti conclude così: In quel momento ebbi la precisa sensazione che quel giorno avrei colto l’austera bellezza di quei luoghi sovrapporsi alla bellezza femminile di migliaia di donne che indossavano splendidi abiti. Nel libro questi momenti sono stati immortalati con molte foto, una più tenera dell’altra, dove tra il corpo e il sorriso delle fotografate e l’occhio di chi fotografa si instaura davvero una sorta di commovente tenerezza. Una cosa che viene decisamente fuori dalle parole e dai ricordi entusiastici del narratore.

Ma la sua non è una questione semplicemente estetica. No, Tashi Sufi è attirato profondamente dalle caratteristiche peculiari delle donne d’Oriente: La loro forza fisica e interiore; la loro riservatezza; la loro gestualità e la loro devozione. Nel libro e nel DVD allegato si parla di tutte queste caratteristiche con un amore e un’attenzione sconfinate, per cui rinvio a chiunque sia interessati a fruire dei due supporti che ho detto. Vorrei però soffermarmi su una parola in particolare, dibattuta anche da Gervasoni e Caputi, che mi ha intrigato molto: la parola Mudra. Tashi Sufi ha scritto, in merito, una breve e vibrante composizione poetica: Ti muovi di movenze tue / ti libri nell’aria / e il vento ti corteggia ti danza intorno e infine danza con te. / Mudra incognite, sensuali, eteree. / Gioco, arte, bellezza.

La parola sanscrita Mudra significa gesto o postura. Significa anche posizione mistica e diverse sono le posizioni che gli occhi, le mani, il corpo assumono a venire definiti Mudra. È definita, tra l’altro, l’antica arte di comunicazione fra il corpo, la mente e la coscienza. Una gestualità, quindi, che le Donne d’Oriente utilizzano in modo spontaneo e nello stesso tempo estremamente significativo, che ha affascinato immensamente Tashi Sufi durante i suoi lunghi viaggi in Oriente, e che ha naturalmente affascinato anche noi che ne abbiamo apprezzato l’entusiasmo nel descriverci tali pratiche gestuali.

Termino con una nota di grande simpatia: ho chiesto a Gervasoni, dato questo suo immergersi nel mondo orientale così totalizzante – abiti, modo di porsi, immedesimazione, il suo alias sufista, eccetera – come se la cavasse con le tante lingue di un immenso continente. Mi ha risposto di non conoscere nemmeno troppo bene l’inglese, ma anche che dopo un po’ di immersione fra la gente di qualsiasi luogo lontano, il linguaggio di occhi, gesti e sorrisi era poi più che sufficiente per comprendere e comprendersi. Bellissimo. E io non posso che ringraziare Tashi Sufi per averci donato una serata impregnata della sua straordinaria simpatia, con questa incredibile capacità di generare e condividere l’immenso entusiasmo di vita e bellezza per le Donne d’Oriente.

Pier Carlo Guglielmero:
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