Stabilizzazione della colonna vertebrale: uno studio per confrontare il numero di revisioni chirurgiche

Alessandria – Confrontare attraverso un’analisi retrospettiva il numero di revisioni chirurgiche e il tempo di ospedalizzazione di pazienti sottoposti a intervento a carico della colonna dorso-lombare, indagando i miglioramenti nella pratica neurochirurgica del nuovo sistema di imaging O-Arm.
È questo l’obiettivo dello studio OCI-REC attivato, sotto la guida dell’Unità di Ricerca delle Professioni Sanitarie del DAIRI diretto da Antonio Maconi, all’interno della struttura di Radiologia e Interventistica, diretta da Ivan Gallesio e coordinata da Francesco Stallone e Manuela Sinigaglia.
La stabilizzazione della colonna vertebrale è una tecnica chirurgica con cui si uniscono tra loro due vertebre, in seguito allo scivolamento di una delle due, mediante un impianto chirurgico.
Questa procedura chirurgica è indispensabile per alleviare o risolvere completamente alcune lombalgie o patologie a carico della schiena. Mediante l’ausilio di viti a barre si stabilizza la colonna vertebrale e si risolvono eventuali compressioni a carico delle strutture vertebrali, se presenti.
Nella pratica l’intervento consiste nel posizionamento di viti di diversa tipologia alle quali vengono ancorate delle barre metalliche che hanno la funzione di stabilizzare le strutture vertebrali. In alcuni casi è poi possibile che il neurochirurgo posizioni tra due metameri vertebrali una “cage”, una vera e propria protesi che vada a ripristinare le distanze ideali tra i vari dischi evitandone l’eccessiva compressione bio-meccanica.
I sistemi di imaging per fluoroscopia sono fondamentali per la riuscita dell’intervento e sono stati introdotti ampiamente in sala operatoria negli anni ’80 del secolo scorso e da allora l’evoluzione di questi dispositivi è progredita continuamente.
Il sistema C-Arm rappresenta l’evoluzione della fluoroscopia digitale ed è comunemente usata dai medici radiologi e dai tecnici di radiologia per ottenere immagini in diretta della struttura interna di un paziente attraverso l’uso di un fluoroscopio.
Il sistema O-arm, invece, è un sistema di imaging intraoperatorio in 2D e 3D e può essere utilizzato in diverse procedure, per pazienti adulti e pediatrici e su strutture anatomiche e oggetti con elevata attenuazione dei raggi X, come l’anatomia ossea e gli oggetti metallici.
Prima dell’avvento di O-Arm si utilizzava solo l’Intensificatore di Brillanza (C-Arm) di sala operatoria, ma con la sola bidimensionalità risultava più difficile al neurochirurgo controllare in tempo reale l’accuratezza del posizionamento delle viti peduncolari e questo potrebbe portare il paziente a un’ospedalizzazione maggiore dopo l’intervento e in alcuni casi anche a procedere a una revisione chirurgica.
L’Azienda Ospedaliera di Alessandria utilizza l’apparecchiatura O-Arm dal 2019 e al momento viene utilizzata maggiormente in combinazione con il IB C-Arm.
La progettualità condotta dai tecnici di radiologia, determinanti nella gestione delle apparecchiature C-Arm e O-Arm in quanto forniscono supporto al chirurgo durante le sedute operatorie, prevede di confrontare due gruppi di pazienti, analizzando il numero di revisioni chirurgiche avvenute prima e dopo l’avvento di O-Arm, oltre a valutare il tempo di ospedalizzazione di entrambe i gruppi.