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L’epopea alessandrina di quegli eroi armati solo di due ruote e infinito coraggio: “La terra dei campionissimi” di Franco Bocca presentato a Casal Cermelli.

E pensare che di ciclismo non ci capisco niente…l’ho anche detto, ieri sera, a Franco Bocca, che è del ciclismo uno straordinario cantore e narratore, che ieri ha presentato il suo libro, La terra dei campionissimi, a Casal Cermelli davanti ad una sala gremita di un pubblico davvero coinvolto ed entusiasta.

L’ho detto con un po’ di vergogna quando gli ho fatto una domanda relativa al libro che Gianni Brera aveva dedicato a Fausto Coppi, che Brera chiamava Il principe delle zolle, “Coppi e il Diavolo”. Gli ho chiesto un po’ scioccamente quanto riteneva ci fosse di romanzato nella vicenda di fausto Coppi raccontata in quel libro. Lui ha risposto con molta simpatia quello che era abbastanza ovvio, cioè che in ogni cosa scritta da Brera c’era una notevole quantità di romanzo, di invenzione letteraria. La mia era stata una domanda doppiamente sciocca, perché oggi, nel riprendere in mano il libro (che io ho nella versione edita per i tipi di Baldini&Castoldi) ho letto il sottotitolo, che è appunto, sic et simpliciter, “Un Romanzo”. Ma la mia domanda aveva un suo senso perché, anche se di ciclismo non capisco niente, ho un’ammirazione sfrenata e strabordante per la personalità e la vita di Fausto Coppi. Quindi mi accadono cose strane, per uno che non capisce niente di ciclismo, come il fatto che, esattamente sabato scorso, sono stato a Teatro ad ammirare ed applaudire una pièce teatrale proprio a lui dedicata, dal titolo esplicito: Fausto Coppi – Volavo con lui, scritto e ideato da Ivano Area, con tre notevolissime protagoniste femminili, che rappresentavano la prima moglie, la Dama in bianco e una giornalista che era la rappresentazione della straordinaria fama che Coppi ebbe in vita…e continua ad avere a tanti anni dalla sua morte. Insomma, mi domandavo, so molte cose di Fausto Coppi, ma del resto di quel mondo di veri eroi della fatica più improba che sono i ciclisti, non so proprio nulla? Stasera è l’occasione di saperne di più, mi son detto, quando Mariangela Dotto mi ha mandato la locandina della serata. E poi ieri sera, quando sono entrato nella bella sala che ormai conosco bene e frequento da tempo, a Casal Cermelli, ci ho trovato Mariangela, che presentava, con domande molto pertinenti e altrettanta simpatia (ci ha confessato, aveva letto il libro e…aveva ricevuto in merito lezioni di ciclismo dal marito!), con accanto un sorridente Franco Bocca, e ho visto alla loro sinistra una grande e splendida foto proprio di Fausto Coppi, mi si è aperto il cuore e mi sono detto che sarebbe stata una splendida serata. E così è stato. E per tanti motivi.

Prima di tutto per la simpatia e la splendida affabulazione di Franco Bocca. Da ogni sua parola traspare un genuino entusiasmo per quello sport che consce e segue letteralmente da una vita.  Proprio così, perché scrisse il suo primo articolo sul ciclismo che aveva 16 anni e ora di anni ne ha 74, e continua a scrivere, credo gioiosamente, di ciclismo, per La Stampa, ma ha collaborato con tantissimi giornali e riviste sportive di notevole libello. E ora questi due libri. Si, perché questo presentato a Casal Cermelli venerdì scorso è il secondo (per ora, ma probabilmente ne arriveranno altri con lo stesso tema) di un dittico iniziato con La terra del Diavolo Rosso, dedicato ai campioni del ciclismo astigiano. L’idea di tutto questo nacque durante la forzata segregazione, che tutti abbiamo subito, dovuta alla pandemia: con il fermo di ogni attività sportiva, l’unica era…rivolgersi al passato. Così a La Stampa gli proposero di scrivere un po’ di articoli dedicati alle vecchie glorie del ciclismo piemontese. Dai relativamente pochi articoli previsti, causa il perdurare della clausura sanitaria, Franco Bocca ne scrisse tantissimi…sino a che gli venne proposta l’idea di raccogliere in forma libresca i sui articoli. Prima il Diavolo Rosso astigiano, ora questo La Terra dei Campionissimi, dedicato alla Provincia di Alessandria. Entrambi per i tipi della Hever.

Ora ho qui con me il suo libro “alessandrino” che ho avuto la spudorata fortuna di vincere, nel sorteggio organizzato, a fine presentazione, dall’Associazione no-profit “Insieme Per Leggere 2.0”, alla quale va tutta la mia ammirazione per la qualità di quello che organizza e propone. Eh sì, perché la splendida idea che hanno avuto a Casal Cermelli, è stata quella di acquisire 10 copie del libro che viene di volta in volta presentato, per poi metterle a sorteggio fra i presenti. Una cosa che non mi era mai capitato di trovare in simili situazioni, ma che crea un forte senso di partecipazione e socializzazione, davvero molto positivi. E stavolta è toccato a chi vi scrive, di vincere questo libro, che ora sto sfogliando ed apprezzando con calma. Si tratta di un libro giustamente assai composito, fatto di brevi biografie, ma anche di tantissime interviste. Si parte con i primi capitoli dai due immensi Campionissimi, vere leggende non solo del ciclismo ma dello sport e a mio avviso un po’ di tutta la società italiana in generale: Costante Girardengo e Fausto Coppi. Del primo, Girardengo, Franco Bocca ci ha parlato per via della “indimenticabile intervista”, come l’ha definita, che gli ha concesso nel 1974. Grandi emozioni davvero si provano quando si intervista uno dei propri miti! Il resto del volume è molto composito, visto che si parla anche di ciclisti che non sono mai riusciti ad uscire dal mondo (assai pregevole eh, non voglio certo sminuirlo) del dilettantismo, in un lungo capitolo dal titolo assai suggestivo: A un passo dal sogno. E qui c’è stato il momento più emozionante della serata, un lungo attimo di ricordo, riflessione e commozione per tutti. Perché si è parlato di Giancarlo Martini, nato nel 1936 ad Ovada, ma sin da bambino residente a Casal Cermelli.

In sala credo di essere stato l’unico a non averlo mai conosciuto di persona, ma non per questo la discussione mi ha coinvolto di meno. Nel suo libro Franco Bocca – che a questo atleta dedica quattro pagine molto sentite – definisce Giancarlo Martini Uno dei più forti dilettanti italiani del secolo scorso. Purtroppo Giancarlo è mancato nel 2018, sennò di certo sarebbe stato in sala, che vedeva la presenza di parecchi ciclisti – per diletto e per amore – di Casal Cermelli e non solo. Ma sia la commossa testimonianza del figlio, sia il divertito e coinvolgente racconto di Umberto Ginocchio, che ho scoperto essere stato un ciclista che gareggiava fra i dilettanti negli stessi anni di Giancarlo Martini, hanno creato un clima di straordinaria e commovente convivialità, che non è per nulla scontato in incontri librari.

E io? Beh io mi muovevo in un territorio sconosciuto, lo ammetto, anzi: l’ho premesso. Tuttavia, nell’ascoltare attento quanto veniva narrato, nell’avvertire quella straordinaria partecipazione, quelle commosse emozioni che pervadevano la sala come raramente mi è capitato di percepire, mi sentivo anch’io straordinariamente partecipe e coinvolto. Ho capito davvero, forse per la prima volta, perché mio padre, nato nel 1927, se ne sta incollato alla TV ogni qual volta c’è una “classica” ciclistica, perché per lui la primavera inizia con la Milano-Sanremo, perché si commuove davanti alle faticacce sul pavé della Parigi-Roubaix, perché per lui il Giro d’Italia è sacro, e quello di Francia pure, ma un po’ meno. Ho capito davvero, almeno credo quanto davvero il ciclismo sia stato (ora forse un po’ meno, per le giovani generazioni, almeno mi pare) uno sport straordinariamente popolare e coinvolgente. Ho capito che prima dopo e intorno a quel mito che è per me Fausto Coppi è esistita una straordinaria galassia di uomini, che hanno fatto della fatica e dell’abnegazione una vera e propria ragione di vita. Degli eroi. Quando ho salutato con grata ammirazione quello straordinario narratore di vicende che è Franco Bocca, lui mi ha chiesto cosa pensavo della serata. Gli ho risposto con disarmata sincerità che ero venuto lì per imparare, quella sera, e che da lui ho veramente imparato molto. Perché io sicuramente continuo a non capirci nulla, di ciclismo, ma altrettanto sicuramente ora lo amo pure io, per quel suo essere storia e fatica di tutti e di ciascuno di noi.

 

Pier Carlo Guglielmero:
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