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Il compleanno di Alessandria: come e perché il 3 maggio si celebra dal 2001

Si cercava un giorno, non un anno. Questo, in sintesi, il risultato che il Comune si era prefisso nel 2001 quando, per effetto di un ordine del giorno del consigliere comunale Taverna, il Consiglio aveva chiesto di istituire la festa di compleanno di Alessandria.
Ne era poi scaturito un percorso un poco faticoso, ma chiarissimo: tra le nebbie della storia avevamo individuato alcune date, visto che la fondazione della città, pur se caratterizzata da un processo rapido per il tempo in cui è avvenuta, si snoda almeno per un buon quindicennio dal 1168 al 1183. In più i consigli storici del Prof. Zarri, del prof. Isidoro Soffietti, del Prof. Dezza e di Geo Pistarino, nonché la verve di Umberto Eco. La sua creatività, la sua fantasia e la sua professionalità di grande medievista avevano fatto il resto. Avrebbe dimostrato in un suo romanzo, Baudolino, le tante questioni che sottendevano alla fondazione di Alessandria, pur utilizzando l’ironia per sottolineare le sue tesi interpretative.
Perché in questi tre lustri da potenziale genetliaco, parecchi erano gli eventi che segnavano il cammino della città nuova: il 3 maggio 1168, appunto, quando cioè tre consoli di Alessandria si recano a Lodi per dichiarare l’adesione della città alla Lega dei Lombardi, ma Maggio è anche il mese in cui le bande armate di Milano, Cremona e Piacenza si ritrovano nel castello di Rovereto per decidere la costruzione di una fortezza federale, da incastonare fra i fiumi Tanaro e Bormida.
Sarebbe bastato così? Forse, ma occorreva verificare altre date: il 30 gennaio 1176, ad esempio, giorno in cui veniva nominato il primo Vescovo della città per cui i consoli avevano giurato nel gennaio 1170 fedeltà a Papa Alessandro III. Oppure il 12 aprile 1174, data faustissima, visto che Federico I, il Barbarossa, levava le tende e l’assedio di Alessandria, sancendone la leggendaria propensione a resistere e a difendersi. O ancora il 14 marzo 1183 data del riconoscimento da parte dell’Impero, che ribattezzava la città con il nome di Cesarea. Nome, peraltro, che gli alessandrini avrebbero utilizzato per niente, o quasi, enfatizzando il carattere irriverente ed irriguardoso nei confronti del “rex” e, forse, preferendo che l’indole un poco spiritualistica del loro carattere premiasse il “sacerdos”, cioè il papato.
Perché dunque il 3 maggio, pur svincolato dal suo corrispettivo anno di riferimento? Per una serie di ragioni: nella congerie del dibattito medioevale fra Chiesa e Impero, che potrebbe essere attualizzato oggi in un vero e proprio orientamento di Maggio (da una parte consacrato alla Madonna; dall’altro dedicato ai lavoratori), si era preferito recuperare una tradizione antica, anche se minore, popolana, collegata allo scorrere delle stagioni e al lavoro della terra.
Nei riti stagionali maggio segnava il vero e proprio inizio d’anno, la nascita del nuovo anno attraverso la ripartenza della natura. La festa di maggio era la festa degli alberi: nel calendimaggio i giovani tagliavano alberelli nel bosco e li ripiantavano davanti alle case delle autorità comunali, per segnalare loro questo nuovo status dell’anno.
Peraltro il calendimaggio, come il re di Maggio o la sposa di Maggio – tutte varianti della stessa festa – era un culto poco consueto dalle nostre parti, nonostante fosse diffuso il gioco dell’albero della cuccagna, che era rito collegato. A dirla proprio tutta, la sposa di Maggio era cerimonia ancora oggi proposta in qualche zona del Monferrato.
Poi veniva la festa, la celebrazione annuale, il compleanno, il partire dal 1168 per datare gli anniversari. Era, lo si comprende, una conseguenza che l’allora Consiglio Comunale e la sua Presidenza, non avevano trascurato, reimpiantando una tradizione oggi più che ventennale…

Piercarlo Fabbio

 

 

Redazione Alessandria24.com:
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