Una passeggiata archeologica e sentimentale nel cuore antico di Alessandria: Ferdinando Caputi e le sorprese dell’area di Santa Maria di Castello.

Ferdinando Caputi ha la vocazione dell’archeologo, anche ora che è in pensione…anzi, dice che, da pensionato, può permettersi di esprimere opinioni non ortodosse, che prima doveva tenersi per sé…ma sa dare a ciò che ci espone, a ciò che presenta con evidente passione, con quel suo stile rapsodico, molto colloquiale, un senso narrativo che coinvolge moltissimo chi lo ascolta…è accaduto lunedì scorso, quando ha letto un suo scritto, redatto all’epoca della scoperta di una tomba infantile, durante gli scavi di Santa Maria di Castello. L’Immagine sottostante è stata reperita sul sito del FAI, che ringrazio.

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Lo legge, ed è la narrazione sentita e commossa della morte, probabilmente per tubercolosi, di un bambino nel mondo antico. Un bambino così fragile, così indifeso, e l’apprensione dei genitori, e il medico…che non poteva salvarlo, non ne aveva la possibilità, in assenza dei farmaci d’oggi…sentimenti universali sapientemente traslati in quell’antico mondo che potremmo definire tardo romano, trattandosi dell’8 agosto 437 D.C.. Sarebbe meritoria una ripubblicazione, magari su questo stesso giornale, penso, e lo dico…e anche il mio editore, che è seduto accanto a me, è d’accordo. Ecco come una passeggiata archeologica diventa anche sentimentale, e vice versa. Ed è ciò che differenzia una lezione scolastica da una vera condivisione di emozioni.

Ferdinando Caputi aveva esordito nella serata dedicata al sito di Santa Maria di Castello, con la semplice ammissione che la vicenda archeologica di quell’area è, in fondo, una storia semplice…nulla di troppo antico…però… però potrebbe essere anche meno semplice di quello che appare di primo acchito: intanto c’è la testimonianza, fra tracce di palafitte e punte di freccia in selce, che il sito era abitato almeno dai tempi del Neolitico, e scusate se è poco! Per chi fosse interessato alla remota antichità alessandrina consiglio di digitare in Internet “Alle radici di Alessandria” e troverà la possibilità di scaricare sul proprio PC e leggere con calma un ottimo file PDF. Provare per Credere.

Ma quello che siamo andati un poco a ricercare lunedì scorso è stata la presenza della Roma antica in Alessandria. Ed ecco, allora, la foto di una pavimentazione stradale tipicamente romana, venuta alla luce durante gli scavi, fatti in più occasioni fra gli anni 50 e gli anni 70, nella piazza adiacente alla chiesa di S. Maria di Castello: si tratta di una pavimentazione a basolato (come quella dell’Appia antica, per capirci: I basoli sono quei grandi lastroni di pietra, che formano appunto la pavimentazione stradale romana, con la faccia superiore levigata e di forma variamente poligonale, e la parte inferiore a cuneo in modo da penetrare stabilmente nel terreno). Ma che fine avrà fatto quel lacerto di strada? Ricoperta senza tanti scrupoli e dimenticata per sempre?

Ma non è finita, perché spunta, dall’archivio di Caputi, un’altra sorprendente immagine, quella di una ben più raffinata pavimentazione, che avrebbe forse potuto essere l’ingresso di un edificio più importante, forse patrizio, presente proprio bell’area della chiesa attuale. Questa accurata pavimentazione e quel pezzo di antica strada – dove portava, da dove veniva? Chissà? –  fanno riflettere ad un passato romano di cui si è persa però traccia in ogni archivio.

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Ma le sorprese non sono finite. Anche se qui andiamo più nell’ipotetico che nell’assoluta certezza. E riguardano quello che è un punto importante dell’indagine storico-archeologica di Caputi in merito ad Alessandria: la presenza templare. La prima sorprendente foto riguarda il presunto ritrovamento di oggetti appartenenti alla simbologia templare, dei piccoli reliquari, probabilmente. Nella foto – che potete vedere sotto – questi oggetti sono appoggiati sulla pagina di copertina di una rivista, Il Vittorioso, datata 1957. Tuttavia dobbiamo tutti, a cominciare da Ferdinando Caputi, avere la massima fiducia nel fotografo stesso, perché nulla indica che si tratti di oggetti provenienti davvero dal sottosuolo alessandrino.

Poi c’è il chiostro. Il centro erboso del bellissimo chiostro di Santa Maria di Castello che un’indagine, fatta con un radar, appare evidenziare, sottoterra, una serie di immagini che ricordano le tombe di un cimitero templare…sostanzialmente simili, ci dice Caputi, a quello del cimitero templare di Ligné, in Francia.

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E allora mi viene alla mente che forse, anzi probabilmente, ci potrebbe essere ancora molto, moltissimo da esplorare, che forse tutte queste certezze non le abbiamo, che forse la Storia e l’Archeologia di vicende da raccontarci ne hanno ancora parecchie, e parecchio affascinanti. E allora è bello uscire da una conferenza e rendersi conto che di certezze te ne hanno regalate poche, ma di intriganti domande invece parecchie. Mica poco, no?

 

 

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