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Al “Don Soria” di Alessandria detenuto cerca di colpire con una lametta alcuni agenti ma è fermato in tempo

Alessandria – Ancora un episodio di violenza nelle carceri alessandrine. Come spiegato dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Sappe, per voce del Segretario regionale del Piemonte Vicente Santilli, i poliziotti, al Don Soria, hanno cercato di tranquillizzare “un detenuto marocchino che, tornando dall’Infermeria, alla prima rotonda ha cominciato ad andare in totale stato di agitazione per poi inveire contro gli agenti“. L’uomo, continua Santilli “ha estratto  una lametta, ottenuta da un rasoio in uso alla popolazione detenuta, che è risultata essere opportunamente adattata da un lato per agevolarne l’impugnatura. Con questa arma quindi, ha tentato di colpire al volto un poliziotto, senza per fortuna riuscirci. A quel punto è giunto in soccorso un altro agente in aiuto ed entrambi hanno proceduto a una faticosa opera di contenimento. Con non poca fatica, gli Assistenti sono così riusciti a sottrarre la lametta al detenuto“. Da questa colluttazione  gli agenti hanno subito lesioni giudicate guaribili in 5-7 giorni.
Ogni giorno nelle carceri del Piemonte succede qualcosa ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre – il commento di Donato Capece, segretario generale del Sindacato – il Sappe denuncia da tempo che le carceri sono diventate un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria. Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose. I decreti svuota-carceri, che più di qualcuno continua ad invocare ad ogni piè sospinto, da soli non servono: serve una riforma strutturale dell’esecuzione, serve il taser per potersi difendere dai detenuti violenti e la dotazione di body-cam“.

Roberto Cavallero:
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