Rileggere la Bibbia senza preconcetti e cercarne le verità più profonde: Ferdinando Caputi alla ricerca dell’Arca.

Se dovessi riassumere con una sola parola la conferenza che ha tenuto Ferdinando Caputi lunedì scorso al Museo della Gambarina, userei il termine intrigante…per la grande fascinazione dei temi trattati, per la visione assolutamente originale e decisamente sui generis di Caputi, in merito alla lettura ed analisi dei testi biblici, per la grande passione che deriva da un’inesausta ricerca di nuove scoperte e nuove verità.

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La proposta decisamente intrigante di Caputi è quella di ri-leggere la Bibbia (ed ecco che si presenta al tavolo del relatore con in mano la Bibbia CEI, quella distribuita con Famiglia Cristiana, da cui peraltro ne leggerà poco, ma la citerà molto), ma alla base di questa profonda ed attenta ri-lettura di quell’immenso libro sta nel fatto che occorre saperlo rileggere, quel testo, così tanto citato ed utilizzato da molte religioni, sette, gruppi fondamentalisti, ma poco letto e soprattutto poco compreso. Perché a rileggerlo con attenzione e sulla base delle più recenti ed accurate tradizioni, emergono dal testo verità incredibili ed inaudite.

Ed ecco che Ferdinando Caputi cita le traduzioni che uno studioso piemontese, Mauro Biglino, ha fatto della Bibbia Masoretica: si tratta di uno dei testi più antichi, il cui manoscritto risale grossomodo al tempo di Carlo Magno. Da queste traduzioni emergono sconcertanti verità, che generano però altrettanti dubbi e moltissime domande. Come il fatto che nel Pentateuco, che inizia con Genesi, il concetto di divinità è un concetto plurale: nella Bibbia si utilizza spessissimo il termine Elohim, che tradotto non vuol dire Dio al singolare, ma, appunto, al plurale, Dei. Intrigante, no? Come volevasi dimostrare.

Ed ecco, allora, che questo immenso Libro è anche un libro di Storia, e poi anche un manuale di battaglie, dove si narra di un Dio geloso e battagliero che guidava la sua piccola tribù degli israeliti alla occupazione di una terra promessa, conquistata con terrificanti stragi di tutte le altre tribù che occupavano il territorio della Palestina.

Ma non solo: perché da questa analisi del testo biblico, diciamo così, “alternativa”, potrebbe venir fuori che questi cosiddetti Elohim in realtà fossero parte di un popolo, forse, anzi probabilmente, alieno, dalla tecnologia estremamente avanzata, almeno rispetto ai popoli della Terra, e che siano stati di fatto degli ingegneri genetici, che han trasformato il quella via di mezzo fra una scimmia ed un uomo, che ha vissuto sul nostro pianta per centinaia di migliaia di anni, nell’homo sapiens, ovvero più o meno in quel che siamo noi. Intrigante, no? Ma anche molto originale ed affascinante, si sia d’accordo o meno con questa tesi.

Ma le sorprese mica son finite qui. Perché, ci spiega Ferdinando Caputi, è la stessa origine del popolo ebraico che va messa in discussione: è, secondo lui, del tutto probabile che, in realtà, i grandi patriarchi della Bibbia, Abramo e Mosè, possano in realtà riassumersi nella figura del misterioso eppure famoso Faraone eretico, Akhenaton, che, aiutato della bellissima moglie Nefertiti, cercò di cancellare il culto degli antichi dei dell’Egitto per un nuovo culto dedicato al disco solare, in una sorta di monoteismo che lo rese inviso alla potente classe sacerdotale e poi a buona parte del popolo egizio. Ed ecco che allora il famoso Esodo ebraico è forse stata, secondo Ferdinando Caputi, la migrazione di un gruppo di egiziani capitanati dal Faraone Eretico, che sono andati a cercare altrove un luogo dove poter vivere in pace e serenità la propria religione.

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Busto di Nefertiti

Poi Ferdinando Caputi ci parla dell’Arca dell’alleanza, costruita per sancire l’unione fra JHWH (questo il nome ebraico di Dio, fatto, come tutte le parole di quell’idioma, solo di consonanti, il cosiddetto Tetragramma), costruita secondo dettami che la Bibbia stessa esplicita molto bene, ma con la misteriosa faccenda dei “cherubini”, che in quella che sarà poi l’iconografia cristiana, saranno immaginati come dolci angioletti…ma che nel contesto biblico sono di fatto dei non meglio specificati meccanismi di protezione dell’Arca, che di fatto potrebbe quindi essere in realtà un oggetto frutto di una a noi incomprensibili tecnologia aliena. Domande al momento senza risposta, ma anche questo è un tema estremamente intrigante, no?

Ma, visto che ne andiamo alla ricerca, dove è dunque finita l’Arca? E qui Ferdinando Caputi ci trasporta in Etiopia, cuore dell’Africa e vero luogo di origine dell’umanità, fra le straordinarie steli di Tiya, i resti di un’antichissima cultura etiope, la cui età non è stata ancora determinata con precisione.

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Le steli di Tiya

Ma Ferdinando Caputi ci porta anche fra le chiese copte scavate nel terreno, nella roccia, sino alla Cappella del Tabot, dove, secondo un’antica tradizione, al suo interno sarebbe conservata l’Arca dell’Alleanza, forse sottratta dal primo imperatore d’Etiopia Menelik I al Re d’Israele, il favoloso Salomone. Ma l’ambiente dove sarebbe conservata l’Arca è accessibile esclusivamente al monaco guardiano, che, nominato a vita dal suo predecessore, lo presidia costantemente senza potersene mai allontanare. E naturalmente neppure Ferdinando Caputi ha potuto accedervi, rimanendo, come noi l’altra sera, sospeso sull’orlo di dubbi e meraviglia.

La Cappella del Tabot

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Eh sì, perché, in conclusione, la conferenza di Ferdinando Caputi, come ben si comprende da quello che ho scritto sopra, è stata una serata di ipotesi ardite e stupefacenti, un viaggio pieno di dubbi e domande dentro la Bibbia, una visione decisamente sui generis e decisamente non ortodossa (ad un certo punto Ferdinando ci ha confessato: “dico ora queste cose perché ormai sono in pensione, ad averle dette prima avrei perso il lavoro!”)…e allora una serata intrigante, come avevo premesso. Ma, mi permetto di aggiungere: intrigante e meravigliosa.

 

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