Bando PNRR GREEN COMMUNITIES Ultimi sei giorni per comporre le Strategie

Le Green Communities aprono un nuovo percorso “di comunità vive” nelle quali la montagna gioca una partita fondamentale della sua storia, stringendo un nuovo patto con le aree urbane e metropolitane che vedono al centro le politiche per l’ambiente, l’uso sostenibile delle risorse naturali, il pagamento dei servizi ecosistemici, nuove agricoltura, start-up, turismo. Si cresce insieme, comunità e ambiente. Si cammina insieme affinché nessuno venga lasciato indietro. Solo così si vince la sfida del futuro.
Le Green Communities sono anche lo strumento perfetto, ideale, per i territori colpiti da incendi, da grandi calamità naturali, da fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico – considerando geograficamente un territorio ampio, con più Comuni insieme, dunque a livello di Comunità montana piuttosto che di Unione montana di Comuni – per definire un processo di rigenerazione del territorio, non solo ambientale, ma anche sociale ed economico. Che tenga insieme le risposte alla crisi climatica, alla crisi economica e anche alla crisi pandemica. Le Green Communities plasmano i territori, per contrastare spopolamento, abbandono, desertificazione.
Un po’ di storia. Nel 2010 e nel 2011, in accordo con il Ministero dell’Ambiente, Uncem ha avviato la Strategia delle Green Communities in cinque aree pilota in regioni del su Italia. Subito, Sindaci, Amministrazioni, imprese, Università, molti cittadini hanno compreso la portata innovativa dell’opportunità. Nel volume realizzato da Uncem nel 2014 “Le sfide dei territori nella Green Economy”, curato da Enrico Borghi, si introduceva – da parte di Uncem – il concetto di “Green Community” quale strumento di programmazione efficace e snello, che nasce dai Comuni insieme nelle Unioni montane  e nelle Comunità montane. Lo abbiamo voluto, quel modello di intervento, ben prima che entrasse in Europa il concetto di “Green new Deal”. E di New Bauhaus.
Le Green communities sono entrate nella legge 221/2015 (l’Italia per troppi anni ha dimenticato di avere una ottima legge sulla Green economy!), il Collegato ambientale alla legge di stabilità 2016, con una precisa “Strategia”. Non un progetto o un programma. Una Strategia per le aree montane che impegna gli Enti territoriali, non i Comuni da soli. Non possono i Comuni – grandi o piccoli – lavorare da soli, pensare di bastare a se stessi, restare nei confini. Devono essere aperti – come lo sono storicamente le Alpi e gli Appennini, luoghi del dialogo e dello scambio – e lavorare insieme per una Strategia duratura. Unendo i tasselli dello sviluppo, di investimenti fatti e previsti, di operazioni di crescita inclusiva. Insieme si vince.
L’Italia ha in questo articolato, la legge 221 – approvata in via definitiva dal Parlamento il 22 dicembre 2015 – la prima legge sulla green economy che colloca il Paese tra i primi in Europa ad aver dato seguito agli impegni della Cop21 di Parigi. Si tratta di una legge organica su ambiente, territorio, nuovo rapporto tra uomo ed ecosistema, riduzione delle risorse, riequilibrio del rapporto tra aree rurali e urbane. È la base per il lavoro da fare oggi, con la Strategia delle Green Communities finanziata dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.
Significativi – è il caso di ricordarlo oggi – gli articoli 70 (Pagamento dei servizi ecosistemici), 71 (Oil free zone), 72 (Strategia nazionale delle green community) della 221. Tre articoli, tantopiù oggi, da leggere insieme, congiuntamente, proprio mentre ci prepariamo (e i territori devono essere pronti, programmare, confrontarsi, pianificare) al bando del PNRR della Strategia delle Green Communities, con 30 aree che verranno trasformate da questo modello. Le prime possibili aree sono proprio quelle colpite da calamità, da incendi, da emergenze ambientali. Occorre ripensare il modello di azione sociale ed economico per i territori. E la “Green community” è lo strumento perfetto. Anche – Uncem ci crede in modo particolare e ci lavora da due decenni – per la declinazione forestale che compare nella norma che le ha istituite, la 221, nella quale, per le filiere forestali, si afferma che la Green Community prevede la “gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale, anche tramite  lo  scambio  dei  crediti  derivanti  dalla cattura dell’anidride carbonica, la gestione  della  biodiversità e la certificazione della filiera del legno”. È per Uncem – per tutti i territori montani – un asse portante della Strategia, anche grazie a un’altra Strategia, la Strategia forestale nazionale, da poco pubblicata in Gazzetta ufficiale ai sensi della legge forestale nazionale. Senza dimenticare che le Green Communities sono pronte a entrare, quale strumento di azione decisivo e concreto, nella Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.
L’Italia, va detto, ha un ruolo di guida di questi processi, in Europa e nel mondo. Anche nel quadro di EUSALP, la Strategia macroregionale alpina. Green economy, prevenzione del dissesto idrogeologico, gestione forestale, mobilità elettrica e sostenibile, sostegno alla raccolta differenziata dei rifiuti, incentivi agli acquisti verdi: con l’istituzione delle green communities (che comprendono, ad esempio, “Comunità energetiche” e “Cooperative di comunità”, tra le migliori e più preziose innovazioni nell’ultimo decennio per trasformare i territori, insieme con le “ASFO Associazioni Fondiarie”) e delle “oil free zone” per le comunità montane, nascono e crescono nuovi modelli economici, investimenti che favoriscono le imprese verdi oltre al turismo sostenibile.
 La Strategia delle Green Communities è fondamentale nell'”Ecologia integrata” della quale parla Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si, certamente base etica, culturale, politica, istituzionale per molte delle azioni in campo ambientale ed economico future. Senza giustizia sociale non vi è futuro, scrive il Papa. E la “cura della Casa comune” passa da un netto cambio di paradigma anche tra Sindaci, Comuni, Amministrazioni locali, comunità. Se vogliamo essere green serve uno scatto culturale e pragmatico. Alle parole seguono fatti.
Il Piano di ciascuna Green community italiana è modellato dai territori, che individuano ambiti di azione, potenzialità opportunità, urgenze, investimenti.
L’articolo 72 della 221/2015 e così la Misura del PNRR nella Missione 2, danno un perimetro chiaro di azione. Per essere ancora più chiari: “La strategia nazionale delle Green Communities” individua il valore dei territori rurali e di montagna che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono, tra cui in primo luogo acqua, boschi e paesaggio, e aprire un nuovo rapporto sussidiario e di scambio con le comunità urbane e metropolitane, in modo da poter impostare, nella fase della green economy, un piano di sviluppo sostenibile non solo dal punto di vista energetico, ambientale ed economico nei seguenti campi:
  a) gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale, anche tramite lo scambio dei crediti derivanti dalla cattura dell’anidride carbonica, la  gestione della biodiversità e la certificazione della filiera del legno;
  b) gestione integrata e certificata delle risorse idriche;
  c) produzione di energia da fonti rinnovabili locali, quali i microimpianti idroelettrici, le biomasse, il biogas, l’eolico, la cogenerazione e il biometano;
  d) sviluppo di un turismo sostenibile, capace di valorizzare le produzioni locali;
  e) costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture di una montagna moderna;
  f) efficienza energetica e integrazione intelligente degli impianti e delle reti;
  g) sviluppo sostenibile delle attività produttive (zero  waste production);
  h) integrazione dei servizi di mobilita’;
  i) sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile che sia anche energeticamente indipendente attraverso la produzione e l’uso di energia da fonti rinnovabili nei settori elettrico, termico e dei trasporti.
Non solo green. I territori devono essere anche smart. Intelligenti, interconnessi, connessi. Il Piano Banda ultralarga che marcia troppo lento e con troppi ostacoli deve essere sbloccato. Il digital divide è un’emergenza nazionale che va risolta una volta per tutte, anche grazie alle risorse economiche previste nel PNRR. Servono infrastrutture – fibra ed FWA – che diano strumenti di azione veri. Finora troppe aree montane e interne dell’Italia soffrono per la mancanza di connessioni (tv che non si vede, internet lento, telefonia mobile che non prende). Uncem lo denuncia e chiede interventi efficaci. Per non lasciare le comunità indietro. Ecco perché le Strategie devono essere green e smart. Investire in sostenibilità e in innovazione. Senza quest’ultima la transizione è più difficile. E il patto culturale nella comunità richiede garanzia di adeguati “servizi e diritti di cittadinanza” che lo Stato porta ai territori, non solo con investimenti e spesa pubblica – necessaria, ma non esclusiva – bensì lavorando su livelli essenziali delle prestazioni (per i servizi) e sui contratti di servizio con le grandi imprese partecipate dallo Stato per le infrastrutture. Le Smart e Green Communities consentono di superare ogni gap, di vincere sperequazioni territoriali e disuguaglianze sociali. Anche in questo passo dobbiamo crescere fino in fondo. Lavoriamoci insieme.
Le risorse economiche – 135 milioni di euro – del PNRR sono motore della Strategia. Che poi avrà bisogno di essere ulteriormente alimentato. Non solo con altri finanziamenti che leggi di bilancio o implementazione dello stesso Piano di Ripresa e Resilienza devono prevedere. Le nostre aree montane sono quelle dove sperimentare e rendere strutturale la valorizzazione e il pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali (legge 221/2015, articolo 70). Dove avviare un nuovo rapporto tra chi produce e chi consuma i beni naturali, i beni comuni, tra chi prende e non restituisce. Vale anche per le grandi infrastrutture, viarie e ferroviarie che attraversano i territori, tra boschi, paesaggi delle aree montane. Quali servizi svolgono i territori sono da “valorizzare”? Li riconosce la legge stessa. Eccoli:
– fissazione del carbonio delle foreste e dell’arboricoltura da legno di proprietà demaniale, collettiva e privata;
– regimazione delle acque nei bacini montani; salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche;
– utilizzazione di proprietà demaniali e collettive per  produzioni energetiche;
–  interventi di pulizia e manutenzione dell’alveo dei fiumi e dei torrenti;
– l’agricoltura e il territorio agroforestale, il territorio gestito, remunerando gli imprenditori agricoli che  proteggono, tutelano o forniscono i servizi medesimi.E chi sono i beneficiari di questa valorizzazione? Lo scrive sempre la 221: “i Comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni”. Dando delle premialità ai Comuni – dunque uniti nelle Green Communities – che utilizzano, in modo sistematico, sistemi di contabilità ambientale e urbanistica e forme innovative di rendicontazione dell’azione amministrativa. Ecco il cambio di paradigma che si completa. Vogliamo crederci fino in fondo.
Territori dunque pronti per il bando del PNRR. Il 30 marzo 2022, la Ministra Gelmini ha presentato le prime tre aree italiane che avvieranno una Strategia sui loro territori con le risorse stanziate dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Sono la Green Community “La Montagna del latte” nell’Unione montana dell’Appennino Reggiano (Emilia Romagna), la Green Community Terre del Monviso (Unioni montane delle valli Po e Varaita, Piemonte) e la Green Community nel Parco Regionale Sirente Velino (Abruzzo). Dopo queste prime tre aree, verrà aperto un bando del Ministero degli Affari regionali per individuare altre 27 Green Communities in Italia. Complessivamente, sul PNRR vi sono 135 milioni di euro a disposizione. Risorse che permettono alle prime tre aree e poi alle 27 scelte con bando di dire come stanno nel futuro. Come affrontano le transizioni ecologica ed economica, lavorando in diversi ambiti, dandosi un piano, delle azioni, facendo bene investimenti. Ad esempio per la gestione forestale, attuando la Strategia forestale nazionale. Come fanno una comunità energetica, o agricoltura in aree fragili sui versanti. Oppure ancora come agiscono sulle risorse idriche e sui rifiuti, concertando la strategia con altri soggetti istituzionali, privati e pubblici. Quando Uncem costruì dal 2010 al 2012 la Strategia, vennero aperti percorsi virtuosi in molte regioni del sud italia, con investimenti su efficientamento di edifici e produzione di energia rinnovabile che hanno poi portato a politiche strutturate. Nel 2015 la Strategia delle Green Communities è andata in legge a braccetto con ‘oil free zones’ e con il ‘pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali’, anticipando contenuti della legge 158/2017 sui piccoli Comuni. Di fatto la Strategia delle Green Communities potenzia e rilancia (si affianca) la Strategia delle Aree interne, aggiungendo a riorganizzazione dei servizi e sviluppo locale, il pilastro della sostenibilità e dell’uso delle risorse naturali. Con il PNRR si dà ulteriore sostanza al percorso che dovrà continuare non solo nelle 30 aree, ma in tutte le zone montane italiane, passando per Comunità montane e Unioni montane, spingendo tutti gli Enti sovracomunali ad avere una strategia di ‘comunità verde’ proiettata al 2050.
ATTENZIONE: al bando del PNRR sulle Green Communities possono candidarsi anche Enti locali montani (Comuni associati, Comunità montane, Unioni montane di Comuni) che abbiano già ottenuto, negli ultimi anni, finanziamenti per la Strategia Aree interne. Le due Strategie non sono in contrasto tra loro, anzi si completano: quello che una non può fare, lo fa l’altra. Non ha alcuna logica dire che i territori che hanno beneficiato della prima, ora non possono partecipare alla seconda. Strategia delle Green Communities e Strategia Aree interne si completano. Nessun territorio si senta escluso dall’opportunità di partecipare al bando PNRR Green Communities. Costruire una Strategia d’area a valere sulla Strategia delle Green Communities (che non è un nuovo Ente locale o una nuova aggregazione di Enti, che non è un nuovo soggetto Istituzionale) è per tutti. Ed è fondamentale la concertazione, il dlalogo, la mobilitazione, l’animazione del territorio, la sensibilizzazione, nella fase di costruzione del dossier e anche dopo, nell’attuazione. Green Communities non è un elenco della spesa o una somma di progetti, di opere. Lavoriamo per comporre Strategia d’area efficaci che se anche non verranno finanziate dal PNRR, sono soluzioni importanti per dire cosa sono e cosa vogliono essere i territori. Territori ed Enti locali montani non devono fermarsi di fronte al riparto delle risorse del PNRR fatto per ciascuna Regione, che farebbe pensare che in ciascuna Regione ci stiano solo una, due o tre Green Communities e non altre. La Strategia è per tutti. È per tutti! È per tutte le aree che compongono un percorso e disegnano il loro futuro nella transizione ecologica, ambientale, energetica. Questo è il momento. Non possiamo perderlo.

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