Piercarlo Fabbio fuori dal coro: “Abonante, il sindaco di una minoranza”

I giornali del grande circo mediatico sono d’accordo: schiacciante, strepitosa vittoria del centrosinistra ai ballottaggi. Magnificano il campo largo di Letta, che poi finisce per essere “PD+PD frammentato”, perché i 5 stelle, avendo perso la loro identità, in attesa di ritrovarla, funzionano un po’ come l’ala estrema di un PD targato sinistra DC. Il mainframe mediatico però non tiene conto dei numeri: vero, il centrosinistra ha vinto in sette capoluoghi, ma non ha trionfato, visto che il centrodestra ne raggiunge comunque sei. A ciò si possono aggiungere le vittorie al primo turno di Genova e Palermo, che da sole valgono più di tutte. Se volete possono cantare vittoria con il centromediano metodista a Verona, solo per l’harakiri del centrodestra, ma di più non c’è.

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Diversa la questione se le aspettative e se le situazioni precedenti inclinavano al centrodestra ed ora sono a marchio centrosinistra. Non siamo comunque alla vittoria magnificata, ma qualche posizione in più sullo scacchiere nazionale il PD ora la occupa. Come ad Alessandria, che passa da Cuttica ad Abonante. Il primo ha dovuto incarnare una parte non propriamente sua e ha perso; il secondo si è invece calato nella parte del pacato affabulatore, per niente essendolo, rassicurando però un elettorato che, uscito dai lockdown della pandemia ed entrato in una guerra dal futuro incerto, voleva essere tranquillizzato, piuttosto che incitato alla rissa.

Quest’ultimo è stato uno degli errori di impostazione che il centrodestra non poteva che compiere, ormai sbilanciato in una morsa in cui il Centro finisce per soccombere ad una visione più estrema e più caricata guidata da Lega e Fratelli d’Italia. Forza Italia ha banalmente seguito a ruota e l’UDC se ne è lamentata, ma in questa competizione, la sua voce è stata minoritaria. L’UDC e Democrazia Liberale hanno cercato di aggiustare il tiro comunicativo del secondo turno richiamando alla “pars costruens”, ma non sono riusciti a cambiare il trend scelto dalla coalizione. Servirà, alla futura opposizione, trovare equilibri fin qui solo discussi, ma non realizzati.

Altra questione che riguarda la composizione demografica e sociologica dell’elettorato: gli alessandrini e le alessandrine maturi e anziani sono largamente in maggioranza rispetto ai giovani e ai cosiddetti giovani adulti. Ne consegue che la valutazione che prima facevo su un elettorato poco propenso alla battaglia trova un buon bacino di accoglienza. Seconda questione: il ruolo della middle class, che da tempo condiziona la composizione delle assise municipali. Progressivamente si assiste ad un disimpegno della classe media, sfiduciata o attirata verso altri obiettivi di vita, nei confronti della politica. Ne consegue un più alto tasso di scontro ed una politica sempre più gridata. Sia per tutti da considerare il ruolo residuale dei corpi intermedi come il sindacato e le associazioni legate al lavoro come, ad esempio Acli e MCL.

Ora che si farà? Per il centrodestra sarà un nuovo cammino nel deserto, con una classe dirigente che dovrà rifarsi una dimensione votata all’opposizione e crearsi una nuova leadership. Con un’avvertenza, che a forza di buttare a mare classi dirigenti e dispregiare la propria storia, si finisce per perdere l’identità. Si diventa empirici cercatori di posti e non generatori di idee per rispondere alle esigenze dei concittadini.

Il centrosinistra gongola, ma dovrà scegliere cosa buttare del governo Cuttica e cosa tenere, oltreché impegnarsi in una rimonta sociale indispensabile. Il basso numero dei votanti definisce Abonante come il sindaco di una minoranza. La maggioranza astenuta potrebbe diventare una bomba politica, se non adeguatamente richiamata alla vita partecipativa.

Piercarlo Fabbio

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