Grande Jazz nella notte alessandrina: Javier Girotto e Vincenzo Abbracciante all’Alessandria Jazz Festival.

Posso iniziare un articolo con una considerazione un poco malinconica? Ieri sera, mentre attendevo l’inizio di quello che si è poi rivelato uno splendido concerto, riflettevo che a Casale Monferrato è in pieno svolgimento il Monfrà Jazz Festival, con un incredibile serie di concerti, a volte anche 2 o tre al giorno, dall’11 giugno all’11 settembre (pochi giorni fa vi ho parlato del travolgente concerto di Tullio De Piscopo), mentre qui ad Alessandria, solo 3 concerti Jazz in tutta l’estate…un po’ pochino, direi. Ma tant’è, accontentiamoci, pur ricordando il brano di Ligabue che ci ammonisce: “Chi si accontenta gode…così così…”.

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E dopo questa nota un po’ triste di uno che, semplicemente, vorrebbe vivere in una città molto più viva e vivace musicalmente e culturalmente, lasciatemi dire non bene ma benissimo del concerto di ieri sera. Intanto la risposta del pubblico, che ha riempito la piazzetta antistante la Biblioteca Civica “Francesca Calvo”, che, rischiarata all’interno, offriva uno sfondo davvero suggestivo, unitamente al luminoso ricordo di Umberto Eco che giustamente è stato apposto sulla sua facciata, che sembra quasi volerci ricordare quanto sia importante la cultura per la vita di una città. Una risposta caldissima ed estremamente vivace, con convinti e calorosi applausi ad un duo Jazz non certo “leggero”, ma davvero straordinario e stimolante.

Conoscevo bene lo stile di Javier Girotto, che è nato a Córdoba, in Argentina, ma di origini pugliesi. Ha suonato e vissuto tantissimo in Italia, suonando in un’infinità di collaborazioni e con molti dischi incisi. Io ne possiedo diversi, di suoi CD, sia con il gruppo degli “Aires Tango” che con altri compagni di viaggi musicali. Suona magnificamente il sax soprano, con uno stile estremamente avanzato, che potrei definire post-coltraniano, ma non esente da una notevole poesia melodica.

Invece non conoscevo affatto, mea culpa, Vincenzo Abbracciante, fisarmonicista pugliese, che pur essendo parecchio più giovane di Girotto, si è rivelato assolutamente un partner all’altezza della situazione, sia dal punto di vista interpretativo che dal punto di vista compositivo. Eh sì, perché entrambi i musicisti esibiscono sia una tecnica virtuosistica davvero fantastica, che consente loro di estrarre dal proprio strumento suoni inauditi, con una limpidezza ed una velocità che davvero lasciano a bocca aperta, ma hanno anche uno straordinario talento che vorrei definire “poetico”, di grande impatto melodico, che affascina, e ha in sé una capacità notevole di ammaliare l’attenzione del pubblico, che fa restare l’ascoltatore letteralmente con il fiato sospeso.

I due hanno poi creato una situazione davvero rilassata e rilassante, presentando i vari brani, a volte in modo molto divertente: Vincenzo Abbracciante ci ha proposto uno dei suoi primi pezzi, un tango jazz che, dedicato al padre, che ha intitolato “Pango”, poi ha aggiunto: “…se ora qualcuno volesse sapere come ho intitolato il brano dedicato a mia mamma, sappia che non l’ho intitolato “Mango!”, il tutto fra i sorrisi e gli applausi del pubblico. I due hanno alternato per tutto il concerto brani di uno o dell’altro: ci hanno dimostrato così intanto le notevoli qualità (e nello stesso tempo le differenze) compositive di entrambi, ma anche che il miracolo del Jazz è proprio quello di riuscire a produrre grandissima creatività nel fantastico “interplay” fra i musicisti, in questo caso con un sempre tesissimo e limpido dialogo anche nell’improvvisazione più sfrenata.

Ma ci sono stati momenti davvero di grande dolcezza musicale, come quando Girotto, appena supportato armonicamente dalla fisarmonica di Vincenzo, ha suonato sul flauto diritto (proprio quello che a scuola ci hanno insegnato a chiamare flauto dolce, si) una sorta di lenta ninna nanna, con un pubblico che ascoltava con estrema partecipazione. Unico brano non composto da uno dei due è stato uno stupendo pezzo di Luis Bacalov, il grande musicista ed ideatore di indimenticabili colonne sonore (avete presente “Il Postino” del compianto Massimo Troisi?). Il brano è stato tratto dalla colonna sonora di un film del 1973, regia di Maurizio Lucidi, dal titolo “L’ultima chance”: non conoscevo né il film né la colonna sonora, quindi si è trattato di una vera sorpresa, un esempio limpido di grande musica da film, un brano lento e malinconico, meravigliosamente interpretato da questi due splendidi musicisti, che hanno concluso la serata fra applausi davvero convinti ed entusiasti.

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E allora non posso non terminare con un immenso grazie all’ Alessandria Jazz Club, organizzatore di questa stupenda notte Jazz, ma anche di quella che l’ha preceduta e di quella di stasera, e a Giorgio Penotti, vicepresidente (così risulta dalla pagina fb del Club), che ha introdotto brevemente la serata, senza perdersi in parole retoriche, ma con appassionata partecipazione.

 

 

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