Il coraggio di un romanzo immenso: le “Ferrovie del Messico” di Gian Marco Griffi.

Pochi giorni fa sono stato ad Asti, in un posto che è decisamente bello di suo, si chiama “Fuoriluogo”: sul suo sito web viene definito “una ‘casa della cultura’, dove scrittori, musicisti, giornalisti e creativi di ogni genere possano incontrarsi e confrontarsi con un pubblico finalmente protagonista degli eventi”. Mica male come inizio, no? In effetti è luogo appartato e davvero accogliente, ideale per parlare con calma di un libo come “Ferrovie del Messico” (Laurana Editore), che è immenso, fluviale, geograficamente portatore dell’incrociarsi di storie, viaggi e vicende.

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Poi conosco e faccio due chiacchiere con l’autore, Gian Marco Griffi (nato ad Alessandria, cresciuto a Montemagno, che lavora a Fubine e vive ad Asti), che è sorridente, rilassato, molto simpatico. Si rileverà sempre sorridente, autoironico, ma anche assai appassionato, durante il gioco delle domande e delle risposte dei due giornalisti: Aurora Faletti e Carlo Francesco Conti…lei più diretta e concreta, che non nasconde le difficoltà iniziali per “entrare” in un libro davvero molto complesso ed immenso, lui più attento alle molteplici citazioni e riferimenti letterari che stanno dentro il libro, da Joyce a Borges, per non dire dei tanti altri…e di uno di questi autori citati vi parlerò più avanti.

Ma lasciatemi aprire una piccola parentesi: la giornalista Aurora Faletti mi porge il suo biglietto da visita, dove si autodefinisce, stupendamente,  “coltivatrice letteraria” (sul biglietto ci son tre semini che rappresentano, mi dice, la volontà di spargere il seme della bellezza e della cultura)…con Griffi lo commentiamo assai colpiti…davvero un’idea originale e divertente!

E ora, per parlare di un libro così impegnativo, da dove inizio? Per non sbagliare inizio…dalla copertina. Una splendida copertina, un po’ gotica e parecchio enigmatica, che potete vedere nell’immagine sottostante, dell’Artista Grafica Silvia Perosino, che poi tra l’altro leggerà, durante la presentazione, vari brani del libro, con un suo stile caldo ed appassionato che mi è piaciuto moltissimo. Ora, che cosa significa esattamente questa splendida china, non lo so…faccio un’ipotesi: Santa Brigida, co-patrona d’Europa, santa svedese del ‘300, scrive di avere vissuto una straordinaria esperienza mistica, ricca di rivelazioni ricevute da Gesù, dalla Vergine Maria e da alcuni santi. Tali rivelazioni furono dettate ai suoi padri spirituali e raccolte in seguito in otto volumi. Oggetto delle rivelazioni sarebbero i disegni di Dio sugli avvenimenti storici. Forse è questo il riferimento, la chiave del romanzo? Mah?

E il titolo? Griffi ci spiega che il grande Proust giocava in borsa, e uno dei titoli sui quali scommetteva quello delle “Ferrovie del Messico”, e da lì è partita l’idea di questo immenso romanzo, che se non ha tante pagine come la Recherche proustiana, certo come dimensioni non scherza neppure lui…E la storia? Siamo nel 1944, ad Asti, e c’è un certo Cesco Magetti, della Milizia, che è ossessionato dai dentisti e dal mal di denti, tanto che mi pare questo mal di denti sia uno dei temi ricorrenti della complicata vicenda (e questo l’ho capito assai bene grazie alla lettura di Silvia Perosino, molto efficace). Cesco Magetti, per buona parte del romanzo, gira: di qua e gira di là, soprattutto per le vie della città di Asti, ma anche oltre. E la città di Asti, i suoi dintorni, ma pure il Monferrato, sono evidentemente molto più di uno sfondo, sono veri protagonisti. Poi c’è la donna da lui amatissima, Tilde, che si presenta nel libro con una magistrale girandola di definizioni fantasmagoriche eppure concrete, del suo nome, che la lettura di Silvia Perosino ci ha snocciolato con grande partecipazione (mi ha poi confidato che Tilde è un personaggio che ha amato e ama davvero moltissimo).

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Poi, ci narra Griffi, ci stanno molti altri personaggi e moltissime digressioni, in “Ferrovie del Messico”. Storie che si dipanano in Messico, in Sudamerica, in Germania, in Islanda, in Grecia, con personaggi in movimento, alcuni a piedi, alcuni in treno, altri a nuoto. E allora abbiamo a che fare con un romanzo geografico, un romanzo di mappe? Forse perché Magetti viene obbligato dai suoi superiori a trovare / disegnare, appunto, la mappa delle ferrovie del Messico?

Tra le tante digressioni, un dialogo surreale tra Adolfo ed Eva (chiaro chi siano no?) che Silvia e il suo compagno teatrale ci propongono con ottima immedesimazione…ma a dire il vero mi sono perso un po’, in tutte queste digressioni, e pensare che qui le abbiamo quasi solo accennate. Ma mi riprendo e mi ritrovo molto incuriosito quando Carlo Francesco Conti espone un’altra citazione, che fornisce una chiave di lettura decisamente fantascientifica, che mi attira moltissimo…il multiverso. Cita lo scrittore statunitense Murray Leinster, il quale pubblicò il racconto Bivi nel tempo nel 1934 su una rivista americana, inventando appunto il concetto di universi paralleli, con un espediente narrativo che diventò un classico soggetto fantascientifico.

Ma allora questo romanzo, che ha inizio nella realistica situazione di una guerra in corso nel 1944, con l’ossessione (a mio avviso un po’ kafkiana) di un mal di denti, in realtà è un romanzo quantistico sui bivi del multiverso? Siamo alla conclusione della presentazione, una conclusine decisamente buffa e paradossale, che lascia insoluti moltissimi enigmi. Insomma, in fondo Griffi e Conte condividono l’idea che questo romanzo fluviale forse narra un universo che non esiste…anzi, forse non esiste neppure l’autore!

Bene, siamo arrivati alla fine di questa cronaca letteraria un po’ complicata. Temo che dopo questo articolo, abbiate le idee un po’ confuse…non vi preoccupate, le ho anche io. Ed è assolutamente giusto, perchè abbiamo a che fare con un’opera narrativa davvero particolare ed originale! Però quello che ho capito, e che conta, è che Gian Marco Griffi ha avuto il coraggio di scrivere un romanzo immenso, decisamente non tradizionale, dove ha messo in gioco moltissimi temi, personaggi, digressioni e storie, cha non vivono una vicenda letteraria consequenziale (tipo, che so, “Guerra e pace”) ma formano una specie di labirinto dai mille sentieri incrociati, dove le storie si dipanano come nel delta di un fiume immenso e leggendario. E quindi? Quindi l’unico modo per capirlo davvero, questo straordinario, fantasmagorico romanzo è…leggerlo!

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