I dramma dei profughi in fuga dall’inferno dell’Ucraina nelle parole dell’arcivescovo slovacco di Kosice, Cyril Vasil

Nell’attuale drammatico momento che sta attraversando l’Europa Orientale con la guerra in corso, i riflettori sono stati puntati frequentemente sulla fiumana di profughi in fuga dall’Ucraina, soprattutto donne e bambini, che hanno come prima meta la Polonia e la Romania. Quasi mai si parla della Slovacchia, che confina con l’Ucraina nella sua parte orientale, sia pure per un tratto non lungo. Quella Slovacchia che Avvenire titolò come ‘Sentinella d’Europa’ nel 2003 in un’intervista all’allora presidente della repubblica Rudolf Schuster. Nei giorni scorsi l’arcivescovo ed eparca di Kosice, Cyril Vasil, già segretario della Congregazione delle Chiese Orientali era in Monferrato. Nel giugno del 2021, infatti a Crea, è strato siglato il gemellaggio tra il Santuario di Crea e quello di Klokociov, appartenente alla Diocesi di Kosice,  di rito greco – cattolico . Inoltre Casale Monferrato è gemellata da anni con Trnava a dimostrazione del legame che c’è con la Slovacchia e una delegazione guidata dal rettore di Crea, monsignor Francesco Mancinelli e dal sindaco di Casale Monferrato ha portato recentemente aiuti per i profughi ucraini che arrivano da quel tratto di confine dell’Unione Europea. Abbiamo incontrato l’arcivescovo di Kosice a Crea, per un colloquio proprio nella sala che vide lo storico incontro dopo la fine della seconda guerra mondiale tra Alcide De Gasperi ed il ministro francese Bidault.

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Monsignor Vasil, in questo momento la Slovacchia è ancora sentinella d’Europa ?

Non voglio né idealizzare, né minimizzare il mio Paese. Siamo stati criticati per l’ostilità nell’accogliere chi arrivava dal Terzo Mondo. Adesso stiamo affrontando la crisi umanitaria della ‘porta accanto’. Ero già stato in altri Paesi teatro di guerra, in Siria, in Iraq, in Libano, in Eritrea, ma una fiumana del genere di persone in fuga dalla guerra non l’avevo e non l’avevamo mai vista di queste dimensioni. Per la gente, visti i rapporti di vicinanza è stato più naturale essere aperti, essere generosi con chi fuggiva. Certo c’è stato l’impegno notevole nei primi giorni nel dare loro aiuto ma dobbiamo pensare anche al prossimo futuro, a quelli che potranno essere i problemi del caro-vita, degli alloggi, ad una convivenza e fare attenzione ad una propaganda strisciante russa che lavora da decenni. C’è una corrente di pensiero che guarda in quella direzione non tanto perché filo russa quanto di sfiducia verso l’Occidente. Nell’insieme, però, possiamo registrare un grande senso di solidarietà verso chi arriva.

Come mai i riflettori di media in questo frangente sono poco puntati sulla a Slovacchia ?

La Polonia ha avuto oltre due milioni e mezzo di profughi, la Romania quasi 50’mila, da noi ne sono passati 300mila circa e 60mila si sono fermati. E’ anche questione di numeri. Con l’Italia, poi, il rapporto è soprattutto attraverso la Chiesa. Gli slovacchi quando si recano all’estero vanno in Germania, Gran Bretagna. In Italia vengono soprattutto per  vacanza. Come dicevo i nostri rapporti con l’Italia hanno un veicolo nella Chiesa. Parecchi nostri sacerdoti hanno studiato a Roma. A tal proposito vorrei ringraziare la Diocesi di Casale Monferrato, il Comune di Casale Monferrato, il vostro volontariato, i cittadini per la mole di aiuti concreti che ci hanno fatto pervenire.

Come si è mosso lo Stato in questa emergenza ?

Lo Stato si è mosso dopo la Chiesa che ha subito il primo impatto, ma sta reagendo bene. Forze politiche, imprenditori, volontariato, sono ‘sul pezzo’, il parlamento ha approvato una legge per l’emergenza dei profughi con cui offre garanzie sociali, posti di lavoro. Gli ucraini sono gente laboriosa per cui occorre trovare loro occasioni di lavoro, perché lavorare contrasta la depressione, aiuta a non pensare all’inferno che si è lasciato alle spalle. E comunque sono persone attive: una signora ucraina, una manager, è venuta da noi è insieme ad alcuni ragazzi ucraini, anche russofoni, appena arrivati ha messo in piedi un servizio di volontariato per i nuovi arrivati.

Per molti di loro è un addio definitivo alla loro Patria ?

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La prima ondata ha visto molte donne e bambini che avevano i mariti che lavoravano già nella Repubblica Ceca o in Slovacchia. Già prima della guerra da noi c’erano diversi infermieri, almeno 500 medici. Ed è pensabile che, si fermeranno ricongiunta la famiglia. Altri adesso arrivano da località che sono state completamente distrutte dalla guerra, con storie terribili alle spalle.

Prima ha citato il volontariato; quale la dimensione dell’impegno dei volontari ?

Grande, posso dirle che abbiamo circa 1000 volontari coordinati dal sacerdote che si occupa della Pastorale Giovanile. E vorrei anche citare il fatto di un mio sacerdote che dopo essere stato sul pezzo giorno e notte, senza soste, ha perso i sensi mentre era all’opera. Gli ho imposto di stare a riposo per qualche giorno prima di riprendere l’attività. E come lui sono in tanti.

Il vostro rapporto con l’Unione Europea ?

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“Ci sentiamo parte di essa, la percepiamo, siamo un Paese al Centro dell’Europa”.

 

Massimo Iaretti

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