Anniversari: 26 Dicembre 1946, Fondazione del Movimento Sociale Italiano

Ha un senso ricordare oggi il 60° anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano?  Per noi che viviamo immersi nel terzo millennio, che abbiamo voltato le spalle al secolo delle grandi ideologie e delle grandi tragedie, che sembriamo proiettati verso il trionfo delle tecnologie leggere e del pensiero debole, quale significato può avere ricordare la nascita di un movimento politico saldamente ancorato a una delle ideologie che avevano dominato il ‘900?

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Per rispondere a queste domande occorrerebbe analizzare a fondo la storia del M.S.I. e degli uomini che lo fondarono e lo diressero sino alla sua trasformazione in Alleanza Nazionale.

Senza avere la velleità di riassumere qui quanto la pubblicistica e la memorialistica hanno prodotto in questi ultimi dieci anni  (Tarchi, Ignazi, Baldoni, Rao, Accame, Romualdi, Anderson, per citare, non esaustivamente alcuni autori), alcuni concetti possono essere comunque fissati.

In primo luogo si può dare per assodato che fu conseguito il principale obiettivo di quel manipolo di reduci (qualcuno ancora in clandestinità) che si riunirono a Roma nello studio del rag. Arturo Michelini quel 26 Dicembre del 1946: inserire nella vita politica italiana quelle centinaia di migliaia di italiani, giovani e meno giovani, che erano accorsi in massa negli ultimi mesi della guerra nelle file della RSI.

La decisione presa da quel gruppo di uomini provenienti da esperienze culturali sociali e politiche diverse, ebbe come primo risultato quello di indirizzare verso la democrazia, intesa dapprima, forse, soltanto come metodo, ma poi, progressivamente, sempre più come valore in sé, una massa di giovani reduci che altrimenti avrebbero potuto subire la pericolosa fascinazione del ricorso alla lotta armata (anche se magari solo per autodifesa o per spirito di rivalsa).

Erano già nati i FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria) in quel 1946, che a Roma come a Milano avevano già compiuto alcune azioni rilevanti, anche se solo dimostrative, ma non era difficile prevedere che, anche a fronte di una probabile reazione violenta dello schieramento avversario (si noti che peraltro la “Volante Rossa” agì a Milano ancora nel 1947 e nel 1948 con gli omicidi del giornalista De Agazio e del generale Gatti: i “rossi” non avevano certo bisogno di molte provocazioni per scatenarsi!), si sarebbero potuti riaccendere i fuochi non ancora sopiti della guerra civile.

Ma la giovane democrazia italiana non aveva bisogno di ciò!

L’integrazione della “generazione che non si è arresa” (così fu definita quella massa di giovani che, a guerra chiaramente perduta, erano accorsi a combattere sotto i vessilli della RSI solo per l’Onore d’Italia contro quello che era ritenuto il “tradimento” dell’8 Settembre) nella vita democratica del Paese, è stato senza dubbio un risultato di cui va dato merito a quel gruppo di uomini che, convinti che fosse possibile – senza nulla rinnegare e senza nulla voler restaurare –  far vivere (o sopravvivere) idee e progetti dell’Italia Fascista nella nuova Italia democratica, fecero nascere il Movimento Sociale Italiano.

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Se ovviamente si parla dei Partiti rappresentati all’Assemblea Costituente, come dei fondatori della Repubblica Italiana, non si puo’ sottovalutare, dal punto di vista appena illustrato, il contributo del Movimento Sociale Italiano quantomeno al rafforzamento e al consolidamento delle Istituzioni Repubblicane.

‘E doveroso però riconoscere anche il contributo importante dato dal M.S.I. alla vita politica italiana, non solo perché i voti di quel partito furono determinanti per la nascita di alcuni governi o per l’elezione di  Presidenti della Repubblica o per il governo di molte e importanti città del centro sud, ma anche per il contributo importante dato dal MSI al dibattito politico sul tema ancor oggi irrisolto delle riforme istituzionali. Se in Italia si è parlato di repubblica presidenziale, di elezione diretta del premier, di riforma del bicameralismo, e se tali temi sono ancor oggi nell’agenda politica, lo si deve all’azione, al contempo di critica e di proposizione che il MSI fece, soprattutto con Almirante, dal 1970 in poi. Ed è anche questo un doveroso riconoscimento che va fatto agli artefici di quel 26 dicembre del ’46.

E che dire poi di quel singolare fenomeno per il quale migliaia e migliaia di giovani nelle scuole, ma anche nelle città e nelle campagne, attraverso le organizzazioni giovanili missine, che almeno fino ai primi anni 60 almeno nelle scuole superiori con la Giovane Italia erano le uniche presenti,  si avvicinarono alla politica alla ricerca di un progetto ideale di società: i dirigenti di allora di queste organizzazioni possono con orgoglio rivendicare come migliaia e migliaia di ragazzi erano chiamati a conoscere e studiare la filosofia di Gentile in contrapposizione a quella di Croce e di Marx, o la poesia di Pound e D’Annunzio, o l’architettura razionalista, in antitesi a quella cultura dominante che veniva percepita come una cultura estranea alla tradizione italiana. Studiavano, eccome quei ragazzi, perché dovevano confrontarsi, oltre che con i loro coetanei, con i professori, imbevuti tutti di cultura crociana o marxista.

Fu neofascista il MSI? sarebbe ipocrita il negarlo; anche se è difficile, scavando fra le varie anime che agitarono la vita di quel partito prima della sua estinzione in Alleanza Nazionale, individuare una linea unitaria, è pur vero che ognuno dei vari gruppi che si contesero dal ’46 al ’93 la guida del partito della Fiamma, si rifaceva indubbiamente a principi, a fatti, a figure del Fascismo storico. Così la cosiddetta “sinistra” si rifaceva alle dottrine del sindacalismo rivoluzionario del giovane Mussolini, come alle fascinazioni della corporazione proprietaria di Ugo Spirito ed alla socializzazione delle imprese varata nel periodo tragico della RSI, mentre la Destra era più propensa a ripetere i richiami ai principi della Tradizione, all’Impero, al Mediterraneo “mare nostrum” sulle cui sponde si era ricreato il mito della missione civilizzatrice di Roma Imperiale, mentre quello che potremo chiamare il Centro era più portato a sottolineare la grande modernizzazione del Paese  e la realizzazione sotto le consolidate istituzioni del regime mussoliniano della pace sociale e del ripristino della legalità (le bonifiche, il corporativismo e il prefetto Mori, per intenderci).

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‘E comunque sorprendente come ancora oggi, pur non esistendo più il MSI e pur essendosi l’erede principale del MSI, Alleanza Nazionale (1), dichiarata completamente fuori da quel filone (anche se per questioni affettive per i militanti o di marketing elettorale per i dirigenti, la Fiamma almirantiana vene conservata nel simbolo), non solo, fuori di A.N. esistono partiti e partitini che continuano a dichiararsi eredi del pensiero mussoliniano, non solo nella stessa A.N. molti tra i suoi quadri intermedi e fra i giovani militanti se ne sentono ancora i continuatori, ma soprattutto così la stessa A.N. viene  percepita dalla massa degli elettori che forse se ne tiene oggi lontana perché troppo sconcertata dalle aperture “liberal” del suo Presidente,  mentre  nel Novembre del ’93, ancora nel ricordo dello slogan “MSI: fascismo del 2000”, fatto proprio da Fini al congresso di Sorrento di qualche anno prima, avevano votato, senza remora alcuna, a Roma come a Napoli come in tante altre città italiane, liste e candidati sindaci missini con percentuali tra il 40 e il 50 %.

Ancora una riflessione, concludendo: in nessuno dei Paesi Europei che conobbero un loro Fascismo, né in Germania, né nella Romania di Codreanu o nella Spagna della Falange o nella Francia di Vichy e degli intellettuali fascisti come Celine, Drieu, Bardèche e Brasillach, ci è stato un così intenso e vasto fiorire di iniziative, di attività e movimenti, di uomini, di intellettuali, di militanti, di case editrici e di giornali, che si sono dichiarati neofascisti come in Italia.

Il Fascismo storico, compreso il periodo della RSI ebbe 26 anni di vita dal 1919 al 1945. Il neofascismo ne ha avuti 60, sempre all’opposizione, per molti anni emarginato e perseguitato, sempre comunque isolato.

Pur non essendo in grado di dare al riguardo alcun giudizio nè una spiegazione, non si può non sottolineare l’unicità di questo fenomeno.

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Aldo Rovito (aldo.rovito@libero.it

 

Bibliografia (non ragionata, molto personale e parziale):

Giuseppe Bessarione – Lambro-Hobbit. La cultura giovanile di destra, in Italia e in Europa. Roma, 1979

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Tarno Kunnas – La tentazione fascista. Napoli, 1982

Adalberto Baldoni – Noi rivoluzionari. La destra e il caso italiano. Roma, 1986

Giuliana De Medici – Le origini del MSI. Dal clandestinismo al primo congresso. Roma. 1986

Adalberto Baldoni e Sandro Provvisionato – La notte più lunga della Repubblica. Roma, 1989

Pino Romualdi – Fascismo Repubblicano. Milano. 1992

Gianni Scipione Rossi- Alternativa e doppiopetto. Il MSI dalla contestazione alla destra nazionale. Roma 1992

Pietro Ignazi – Postfascisti? Bologna, 1994

Marco Tarchi – Esuli in Patria. I fascisti nell’Italia Repubblicana. Parma, 1995

Marco Tarchi – Cinquant’anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo. Milano, 1995

Adalberto Baldoni – La Destra in Italia. Roma, 2000

Marco De Troia – Fronte della Gioventù. Una militanza difficile. Roma, 2001

Gianni Alemanno – Intervista sulla destra sociale. Venezia, 2002

Massimo Anderson – I percorsi della destra. Napoli, 2003

Luciano Lanna e Filippo Rossi – Fascisti Imaginari. Firenze, 2003

Gianni Scipione Rossi – Il fascismo e gli ebrei. Una storia italiana. Soveria Mannelli, 2003

Domenico Di Tullio – Centri sociali di destra. Occupazioni e culture non conformi. Roma, 2006.

Federico Gennaccari – Cronologia, personaggi, giornali. Roma, 2006

Nicola Rao – La fiamma e la celtica. Milano, 2006

Post Scriptum

Questo articolo e’ stato scritto e diffuso 15 anni fa in occasione del 60° Anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano. Lo ripropongo nell’identica formulazione, senza aggiunte o varianti – se non lanota sottostante- in quanto ritengo che sia, ancora oggi, completamente attuale.

NOTA

  • A 15 anni di distanza, rilevato che non esiste piu’ Alleanza Nazionale, sciolta anch’essa da Fini, per l’esperienza fallimentare della confluenza nel PdL e nella successiva nascita di Futuro e Liberta’, il discorso allora fatto e’ ancora valdo, sostituendo ad Alleanza Nazionale, Fratelli d’Italia. Da osservatore non disinteressato, voglio confidare che Giorgia Meloni, pur dovendo destreggiarsi nell’arduo compito di coniugare fedelta’ a principi e valori con rispetto delle regole democratiche, sapra’ evitare gli errori di Fini e tenere accesa quella fiaccola ideale che ancora scalda i cuori di tanti italiani, piu’ numerosi di quanto si possa credere. (guardate il successo ottenuto ripetutamente dai molti libri pubblicati su Benito Mussolini ancora l’annoscorso: uno fra tutti quello di Bruno Vespa).
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