La sorgente sfuggente: viaggio dove nasce il Po.

Eccomi qui, con un vecchio amico, Pierluigi, che mi invita ad un viaggio tutto piemontese. Mi dice: dai andiamo, approfittiamo della bella giornata limpida e assolata. E dove? dico io. A cercare…qualcosa che sfugge…è la sua sibillina risposta. Ma mi fido ciecamente, perché mi fido e sicuramente mi porterà in qualche luogo bellissimo ed emozionante di questa terra complicata e magnifica che è il Piemonte.

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Partenza da Torino, e andiamo verso sud, superiamo Savigliano, ed ecco lo sguardo sul Monviso: Certo, è impossibile ignorarlo. Ed è altrettanto impossibile sottrarsi al carisma che quella sua punta eccelsa, subito affiancata sulla destra da quell’altra, meno ardita, che quasi in atteggiamento di vassalla sembra messa lì apposta a ribadirne la supremazia, irradia su una larga fetta del Piemonte. Parliamo del Monviso e del suo minor vicino, il Visolotto: e chi è di queste parti, sia abitante della pianura sia figlio della più aspra ma fascinosa Langa, neppure riuscirebbe a immaginare come sarebbe la vita senza la duplice, familiare presenza che ne segna l’orizzonte.

E mentre ci avviciniamo a Saluzzo, capisco una cosa semplice ma mai capita prima: chi guarda Saluzzo la deve guardare arrivando da Nord…perché più ti avvicini a Saluzzo più ti accorgi che il monte è perfettamente complementare al quadro urbano che da secoli connota l’antica città piemontese. Certo, in effetti quel suo profilo di nevi e pietre sembra quasi condividere lo stesso slancio ascensionale della quattrocentesca torre civica o dei campanili di San Giovanni e della cattedrale: è un po’ come se anche il monte stesso fosse opera dell’uomo, chiamato a far parte d’un unico svettante concerto di bellezze artistiche.

Ma non è Saluzzo la nostra meta, ma qualcos’altro: dopo Saluzzo prendiamo decisi la Valle del Po. E improvvisamente capisco: andiamo alla sorgente del grande fiume, ovvero lassù, verso il punto dove il maggior corso d’acqua d’Italia non è che una polla gorgogliante tra due pietre del gigante Monviso, e ogni semplice dato geografico sembra assumere risonanze mitologiche ed epiche.

Dovendo infatti scegliere tra le due valli d’accesso al Monviso, ci si trova da un lato la Val Varaita, così flessuosa, dolce e invitante con i suoi paesi e paesaggi dove ancora oggi è forte la cultura occitana, e dall’altro la più stretta e incassata valle Po. Il richiamo di quest’ultima è prevalso, soprattutto per il desiderio di salire con accanto il respiro del fiume, di costeggiarne il solco. Certo, a dire il vero il Po da queste parti grande non lo è affatto, trattandosi di un torrentello di montagna che scorre vorticosamente. Saliamo, attraversiamo borghi e borgate: Revello e Rifreddo e Sanfront, e già si respira aria di montagna, mentre il Po, lambisce sulla destra la sagoma massiccia del Monte Bracco. È una grandiosa formazione geologica tuttora avvolta, nei ricordi dei nativi, da un infernale sentore di leggende stregonesche…eh sì: ognuno di questi luoghi ha storie che potrebbero consentirmi di scrivere molti racconti.

Ma andiamo avanti: superiamo Crissolo, e lì la strada, pur sempre asfaltata e dal solido tracciato, si fa più stretta, tortuosa, e a tratti priva di barriere protettive. Se malauguratamente si dovesse incrociare un’altra vettura, occorrerebbe accostare alla parete scoscesa, con attenzione ad eventuali assalti di vertigine. Ma ora raggiungiamo la meta: la scritta dice Piano Del Re – Metri 2020. Ma…e la sorgente dov’è? Perché qui pare che le sorgenti si siano moltiplicate: cento, mille ruscelli d’acqua che sgorgano dalla montagna!

Ed ecco venire verso di noi, in una sorta di viaggio nel tempo, forse donatoci dalla magia di quei luoghi, due persone: sono, incredibilmente, Mario Soldati, con l’amico Tino Richelmy. Soldati ha negli occhi lo stesso mio sguardo perplesso. E Richelmy paziente gli spiega: «Chiunque, scegliendo e indicando uno qualunque dei ruscelli qui intorno, può dire: ecco, il Po è questo, è quello, nasce da qui, nasce da lì… Del resto, è così anche dopo: per centinaia di chilometri il Po riceve continuamente acqua fino al mare, e ciascuna di quelle acque ha un nome, ma ciascuna, dove nasce, è più o meno come questa. I fiumi sono parole. Oppure… oppure, anche, poesia».

Guardo perplesso la mia guida, che mi fa osservare un punto in particolare: “Oggi, sì, tutto appare molto più semplice: dal 1986 una lastra di pietra, appostavi dal Club alpino italiano e dal comune di Crissolo Po, avverte categorica: QUI NASCE IL PO. E lì ci sono i due massi accostati, c’è la polla argentina che sembra sussurrare implacabile: «Io sono il Po… Io sono il Po…»

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Ma tutti gli altri cento e cento ruscelli? Ed ecco che lo smarrimento che fu di Mario Soldati sono ora io a provarlo, malgrado la funzione rassicurante della scritta. Poi, guardando la piramide del Monviso, che mai ho sentito così prossima e incombente, a un tratto mi accorgo che il problema non ha ragion d’essere: che qui, in fondo, tutto è Po, e tutto è Monviso. E, aggiungerei: tutto è bellezza! Ogni sasso e zolla e pozzanghera che intride l’erba partecipano di quest’unica, totalizzante realtà di stupore e bellezza. E le parole possono solo tentare, vanamente, di esprimerla.

Nota: ringrazio i grandi scrittori piemontesi Pier Luigi Barbotto e Mario Soldati, di cui intendo riparlare nei miei articoli dedicati a libri e cultura, che sono stati le mie guide nella stesura di questo articolo: loro si che hanno saputo descrivere con bellissime parole quello che io ho cercato, in questo scritto, di condividere con voi.

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