Con la cultura non si mangia, trovati un lavoro vero (ricerca breve sulle professioni del futuro)

Il mondo del lavoro sta cambiando e  non è detto che si indirizzi verso un miglioramento, ma occorre prender atto che nei prossimi anni alcuni mestieri o professioni muteranno profondamente o addirittura spariranno; una eventualità tragica per chi non saprà accettare il futuro, ma è bene prender nota che alcuni mestieri o professioni si stanno già profilando, offrendo comunque buone opportunità di impiego o di libera professione tanto ai giovani, quanto a chi deve trovare una nuova collocazione lavorativa. Per fortuna molti di questi mestieri o professioni sono originati da precedenti figure lavorative, di cui alcune fanno parte del mondo della cultura, dello spettacolo o di quello della comunicazione. Credo sia interessante avviare una semiseria esplorazione, perché nell’ironia quasi sempre si nascondono delle verità.

Nuovi mestieri o professioni (1): SPIACENTE, MA UNA PREMESSA È NECESSARIA

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La frase “Trovati un lavoro vero”, accompagnata nel caso dall’illuminante “con la cultura non si mangia”, è sciocca e immotivata affermazione esibita da quanti per ignoranza o incapacità non possiedono gli strumenti necessari per svolgere un’occupazione nel campo culturale o artistico o della comunicazione.

Questi individui vivono nella convinzione che l’impegno in questi settori non presupponga preparazione, acquisizione di esperienze, talento ed a loro questi lavori non appaiono dignitosi, né faticosi.

Costoro neppure si domandano se sarebbero in grado di fare davvero qualcosa di buono in uno dei campi citati, spingendo talvolta il loro disprezzo autorappresentandosi in quel fasullo convincimento in cui si rifugiano i dilettanti, che operano in modo stocastico e stucchevole.

I lavori considerati normali sovente vengono considerati banali o poco interessanti, mentre invece si dovrebbe considerare la loro utilità sociale, esattamente come dovrebbe essere per i lavori insoliti.

Un lavoro, quando fatto bene e con diligenza ed onestà, anche intellettuale, non deve essere mai disprezzato.

Tuttavia, si deve registrare un inspiegabile risentimento verso chi immagina e attua il futuro, specialmente da chi non riesce a procedere oltre con la propria mente, che si affievolisce sino ad avvizzirsi quando in parte l’istinto animale che induce a ridicolizzare, ridimensionare, tacciare di arroganza, immaginare oscuri finanziatori o addirittura complotti dietro ad un progetto culturale o che appartiene al mondo dello spettacolo oppure a quello della comunicazione.

Nuovi mestieri o professioni (2): EDULCORATORE

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Colui che addolcisce, in senso strettamente letterario, ma la sua professionalità confina con quelle del semplice narratore di frottole e del millantatore, ma si produce per conto terzi agendo in presenza e per iscritto al fine di smussare asperità relazionali per ottenere versioni condivise, benché sciapite come quelle dell’ormai defunto “politicamente corretto”; nella versione meno nobile costruisce alibi e s’inventa biografie, che però deve poi sostenere in prima persona.

Nuovi mestieri o professioni (3): SPETTATORE, VERSIONI “ATTIVO” ED “ENTUSIASTA”

Quale sia la figura dello spettatore è nota, ma si sta profilando un’evoluzione che trova la sua ragion d’essere nello sviluppo forzato ed improvviso, causa pandemia, delle partecipazioni in remoto a lezioni, seminari, conferenze, incontri di lavoro, eccetera, eccetera; nel corso dei collegamenti tutti gli organizzatori hanno potuto avvertire il disagio provocato dallo strumento informatico, che non permette di guardare ben dritti negli occhi i vari interlocutori, così alle richieste “Avete domande? Volete fare dichiarazioni?” il silenzio produce smarrimento; ecco quindi la necessità di inserire in ogni contesto uno o due (a seconda delle disponibilità di bilancio) uno “spettatore attivo”, versione base che annuisce e non distoglie mai l’attenzione e può fare alcune domande (concordate, ovviamente), oppure (ma anche in aggiunta) un più interessante (e costoso) “spettatore entusiasta”, essendo questi in grado di intervenire sull’argomento trattato (in modo costruttivo ovvero a casaccio dipende dal prezzo d’ingaggio), ravvivando l’evento.

Nuovi mestieri o professioni (4): ORGANIZZATORE DI FESTE IN CASA

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Le malelingue vorrebbero far discendere questa specializzazione da quella degli organizzatori improvvisati di matrimoni e dei dilettanti raggrumati in scalcinate compagnie di provincia, senza tener conto che queste raffazzonate esperienze messe al servizio di una festa casalinga hanno la propria ragion (comica) d’essere proprio nella trasandatezza; l’assenza di aspettative tanto dal punto di vista organizzativo, quanto dal punto di vista dell’immancabile spettacolino messo in scena, produce ilarità negli ospiti ed un malcelato finto imbarazzo nei padroni di casa, che possono prodursi in tutt’altro che sincere scuse e sogghignare con evidente generale complicità, malignando all’indirizzo dell’organizzatore (e dei suoi assistenti), divenuto capro espiatorio.

Nuovi mestieri o professioni (5): INVENTORE DI FESTIVAL CULTURALI

Le buone idee dovrebbero essere patrimonio di tutti, una risorsa aperta, senza timore.

La differenza la fanno gli organizzatori, che sanno offrire il diverso grado di qualità nella realizzazione, nell’esecuzione, anche se versano in penuria di mezzi.

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Questa la pura e semplice realtà, che indubbiamente confligge amaramente con l’immaginario collettivo, capace di attribuire diversa di valore soltanto quando riceve degli abbagli.

Sono consapevole di vivere in un Paese che attribuisce un potere immediatamente transitivo delle capacità a quanti vengono delegati a svolgere una funzione, mentre negli altri Paesi europei accade esattamente il contrario ovvero quanti dimostrano di avere delle abilità, vengono quindi riconosciuti in un ruolo.

Insomma, nel mondo dell’organizzazione di eventi culturali c’è una nutrita folla di sedicenti, raccomandati, pupilli e trovate pure voi altri termini appropriati, insomma quella génia che sa far soprattutto danno (allegramente?).

A questi auguro ogni bene, purché stiano alla larga.

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A tutti gli altri, quelli che faticosamente s’ostinano ad essere “figli di nessuno”, offro in condivisione qualche breve spunto di discussione.

Questo perché di speranza nel futuro, non ce n’è mai abbastanza

  1. a) Festival di narrazione, itinerante

La soluzione è semplice, ma l’applicazione presenta indubbiamente molte difficoltà e forse potrebbe trovare felice riscontro nei grandi centri urbani.

Il meccanismo una volta sul luogo potrebbe essere quello del microfestival “Scrittura ad alta voce” (Alessandria, 2011-2019 al circolo culturale “L’Isola Ritrovata”), ma la sostanziale differenza sta nell’essere invitati dal pubblico ovvero dal padrone di una casa dotata di uno spazio, al chiuso o all’aperto a seconda delle stagioni, sufficiente per creare il luogo deputato per la bisogna.

Una insolita, fors’anche curiosa variazione con cui proporre una sorta di salotto culturale ed anche di spettacolo.

La parte negativa sta nell’impossibilità di fare una opportuna selezione del pubblico, perché si tratterebbe comunque di amici o conoscenti del padrone di casa, non necessariamente inclini a trascorrere una serata dedicata a poesia e letteratura essendo prevalenti gli interessi, che siano affettivi o d’interesse d’affari.

Difficile anche la scelta dei partecipanti, oltre a quelli presenti tra gli invitati del padrone di casa ovviamente.

Quasi certamente una delle richieste sarà quella di portare almeno un “nome noto”, così la serata prenderebbe una brutta piega, o meglio, rischierebbe di avviarsi attorno al nome di richiamo, sempre che il soggetto in questione voglia calarsi nei panni dello “specchietto per le allodole”.

Un tentativo divertente, da ripetere in luoghi sempre diversi.

  1. b) Festival dei paesaggi immateriali e no

L’invenzione del paesaggio è in stretta connessione con la pittura, che alla ricerca di un rinnovamento aveva considerato di disaggregare la visione la composizione dell’immagine, sviando l’attenzione dal contenuto alle figurazioni poste sullo sfondo.

La rinuncia alla centralità del soggetto, per puntare direttamente alla marginalità dei contorni, non ha affatto impoverito l’opera d’arte; anzi.

In altri termini, si tratta di spostare l’attenzione dall’autore all’opera, dallo sviluppo della storia all’ambientazione.

Esattamente il contrario di quel che accade in quei processi liturgici chiamati premi letterari.

Un’idea forse poco attraente per gli autori egocentrici e già sicuri d’aver scavato una nicchia di celebrità con le parole del proprio nome, che non nei neofiti alla ricerca di un afflato d’originalità.

  1. c) Festival sull’esistenza degli intellettuali

Il contesto in cui è maturata idea è tutt’altro che sereno, state la difficile situazione dal punto di vista economico e occupazionale, aggravata dalla crisi generale che sta flagellando l’Italia; fra i lavoratori, fra la gente si percepiscono rabbia, tristezza, una voglia di ribellione allo stato nascente, disorientamento…

C’è anche un assordante silenzio.

Incomprensibile.

Incomprensibile e percepito in scarsa misura dai più, forse perché giustamente concentrati su questioni contingenti, anzi urgenti.

Si tratta del silenzio degli intellettuali.

Qualcosa che al tempo presente può apparire di poca importanza, ma ritengo sia utile nei momenti di grave crisi cercare di far funzionare le menti più brillanti tanto per infondere fiducia nel futuro, quanto per attuare idee suscettibili di diventare concreti progetti di sviluppo.

L’immediato quanto modesto tentativo che ho messo in atto in breve è stato quello di divulgare, anche nel senso fisico del termine in forma di volantino distribuito direttamente, un appello e subito dopo un rinnovato appello agli intellettuali ed agli artisti per continuare a dire no al declino:

“Intellettuali e artisti sono le voci autorevoli che nei momenti di crisi debbono far sentire ben alta la propria voce non soltanto per dire no al declino, perché hanno il compito di scongiurare i segni infausti che preannunciano la lenta eutanasia sociale.

Alessandria in modo particolare ha necessità di azioni concrete, per amore, per intelligenza, per opportunità, per desiderio.

Confido che iniziative e spettacoli riusciranno a mantener viva la preziosa fiammella del buonsenso che annulla la depressione emotiva allo stato nascente.

Ancora una volta ribadisco che il luogo dove per scelta nostra o del caso ci troviamo a vivere ed a creare appartiene agli intellettuali ed agli artisti che non lo abbandonano, come appartiene con reciprocità alle nostre opere.

Un rapporto forte ed intenso con la città di quanti sono dotati di creatività artistica e no è senz’altro necessario per donare speranza nel futuro.

Intellettuali e artisti partecipano pienamente agli eventi lieti ed ai fatti tragici della nostra città, per quanto siamo inclini, anche per ragioni creative, a coltivare la solitudine, eppure loro rappresentano più di qualunque specie o sottospecie di “governante tecnico” l’autentica, preziosa e davvero rappresentativa forza d’urto e d’indirizzo della nostra società”.

L’assenza di risposte, soltanto da parte degli intellettuali, genera quella stessa tristezza che mi hanno causato le parole di Norberto Bobbio: “ogni discorso sulla funzione degli intellettuali mi è sembrato generico e sterile: non esiste una categoria di intellettuali di cui si possa dire che abbiano un compito specifico nella società” (sta in “Intellettuali e fascismo”, citato da Eugenio Garin nell’”Intervista sull’intellettuale”).

Dallo sconforto alla reazione, un passaggio che mi ha fatto scrivere e quindi divulgare un’appendice all’appello ovvero un avviso di scadenza:

“Si avvertono i possessori della qualifica di intellettuale residente o comunque praticante che per effetto della crisi locale e nazionale, la loro qualifica è in scadenza.

Il rinnovo è possibile con atti per iscritto (autocertificazione con ammonizione se mendace) entro e non oltre il 30 novembre 2022 (termine scelto a casaccio).

Poiché siamo in Italia il termine tassativo è automaticamente prorogato al 30 dicembre 2035 (per non fare brutta figura in Europa, attenzione però che la proroga sarà una soltanto).

Quanti risulteranno mancanti della certificazione di idoneità richiesta verranno derubricati da “Intellettuale” a “Secchione”, con quel che ne consegue.

Dal 1° gennaio 2022 (proroga automatica a piacere: sarà sufficiente piagnucolare e dire che non nessuno si era preso la briga di informarvi) sussisteranno due albi separati per “Intellettuali” e “Secchioni” e verranno scoraggiati i passaggi dall’una all’altra categoria (altrimenti dalla crisi rischiamo di non uscirne più).

Non sono valide le raccomandazioni”.

L’uomo di cultura, il letterato, la mente brillante ritengo debbano partecipare in modo attivo alla vita civile del proprio tempo, perché in caso contrario sarebbero come mutilati.

Tengo in buon conto le parole di Bobbio, tuttavia considero che sono molte le funzioni generiche esercitate in modo professionale nella società moderna: basti pensare ai cosiddetti consulenti che scorrazzano andando a zig-zag nei settori della cultura, della comunicazione, del turismo…

Creare una professione, nuova o ritrovata che sia, è abbastanza semplice; il difficile sta nel farsi pagare, soprattutto se non hai amicizie, molto influenti, nella politica.

Nel caso in cui gli intellettuali difettino, si possono sempre costruire e poi verificare quanto possono essere utili.

Questo libro è una nota di speranza per il futuro, dunque.

Forse anche l’illusione di riuscire a ripopolare un territorio diventato povero di sogni, anzi tutti quei luoghi dove le visioni del futuro si sono fatte cupe limitando così ogni sforzo fatto per rialzare la testa.

Una proposta fatta mantenendosi sempre sul filo dell’ironia perché gli intellettuali non vanno presi troppo sul serio o addirittura alla lettera.

Un poco come dovrebbe essere per i politici…

Che diamine.

Tutti e due non sono mica scienziati…

E neppure artisti!

(questa storia sulle nuove professioni non è affatto finita qui, anzi continua…)

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