La narrazione di sé come strumento di cura

ALESSANDRIA – La musica, gli spazi verdi, l’arte. I disegni esposti sulla bacheca di un reparto che raccontano storie di persone «che sanno fare tante cose, dipingere, esprimere aspetti quasi insospettabili della personalità». Quella cui ci si trova di fronte in Psichiatria è una dimensione complessa, delicata, dove ancora oggi si mescolano tecniche antiche e procedure innovative per gestire i pazienti, affiancate da iniziative volontaristiche degli operatori stessi che sono nella tradizione dei grandi maestri, il Dr Muti fratello del maestro Riccardo e il Dr Piantato, entrambi antesignani delle arti espressive in salute mentale. Molti aspetti di questa complessità sono sviluppati oggi nel campo della salute mentale grazie a Patrizia Santinon, psicoanalista e psichiatra dell’Azienda Ospedaliera, e Anna Pacchioni, infermiera decana della Psichiatria dell’Azienda Ospedaliera e membro della commissione di ricerca arti espressive e engagement e empowerment del paziente del Centro Studi Spedalità Cura e Comunità per le Medical Humanities (CSCC).

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La prospettiva delle Medical Humanities tende allo studio di tutte le forme che definiscono il rapporto fiduciario tra medico e paziente. La buona cura si realizza in primis attraverso una relazione efficace con il paziente, fatta di ascolto del suo mondo, della vita e dei significati che lo stesso attribuisce agli eventi (malattia, trauma, crisi) che gli accadono attraverso l’integrazione con l’Evidence Based Medicine (EBM), per arrivare a recuperare la dimensione umana, il ruolo della personalità, la sensibilità, la spiritualità del malato. Il Centro Studi afferisce al Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione, diretto da Antonio Maconi. Un approccio trasversale che si sposa con le attività realizzate in Psichiatria, consolidate e avviate, a partire dalla collaborazione iniziata nel 2018 con il Conservatorio Vivaldi di Alessandria per la realizzazione di laboratori di musicalità e interventi di musicoterapia nell’ambito della salute mentale nelle diverse sedi dipartimentali. Il lavoro con i colleghi del conservatorio, Prof Marzia Zingarelli e Prof. Silvana Chiesa, direttore del Dipartimento di Didattica della Musica, ha allenato gli operatori a trovare un linguaggio comune, ad esplorare connessioni e divergenze tra musica e psichiatria passando principalmente attraverso l’ascolto, l’interpretazione, l’improvvisazione, il vuoto.

Dalla musica al verde: all’interno del giardino la cura di alcune piante è stata affidata ai pazienti ricoverati nel reparto di Psichiatria, seguiti da Anna: «Il progetto di riqualificazione degli spazi verdi, cuore dell’ospedale, ha permesso l’avvio di esperienze innovative nell’ottica dell’inclusione e della ridefinizione di un dialogo tra l’interno e l’esterno, tra l’intrapsichico e l’interpsichico, tra l’ospedale e il territorio».

In questo contesto si inserisce la ricerca: Solidal per la Ricerca ha avviato su proposta della dott.ssa Santinon uno specifico percorso che teso a costruire uno spazio di ricerca autoetnografica. Il metodo innovativo dell’autoetnografia analitica mette al centro il contributo delle soggettività con un approccio di ricerca e un modo di scrittura che intendono descrivere e analizzare sistematicamente le esperienze personali allo scopo di contribuire alla comprensione delle esperienze culturali in cui sono collocate: la narrazione di sé come strumento di cura. Concetto che si coniuga con le Medical Humanities che aiutano perché «sono il luogo in cui la medicina non solo rafforza i propri rapporti con le scienze sociali e comportamentali (sociologia, psicologia, diritto, economia, storia, antropologia culturale), ma rappresentano il dialogo con la filosofia morale (bioetica e teologia morale) e con gli apporti delle arti espressive». L’approccio è anche in questo caso multidisciplinare per fornire alla medicina e a tutti i professionisti coinvolti nella cura «gli strumenti necessari per comprendere tanto le malattie, quanto la salute, in un contesto sociale e culturale sempre più esteso, al fine di favorire una maggiore comprensione empatica di sé, dell’altro e del processo terapeutico».

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