Agitu Gudeta: dagli altipiani d’Etiopia alle Montagne del Trentino

LA TRAGICA VICENDA DI AGITU GUDETA

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“Io sono felice, sì” . Così  aveva risposto a Gian Luca Gasca, nell’intervista pubblicata il 17 settembre 2018 su www.montagna.tv, l’imprenditrice etiope  Agita Ideo Gudeta, assassinata in modo atroce la scorsa notte nella sua casa a Maso villalta  di Frassilongo nel Trentino. E ne aveva ben donde. Venuta in Italia dalla natia Etiopia, si era laureata in Sociologia a Trento; ritornata in Etiopia, aveva cominciato a interessarsi di progetti di agricoltura sostenibile, lavorando col padre, tra i pastori nomadi degli Altipiani.
Per queste sua attivita’ era entrata in contrasto con le autorita’ etiopi, le cui politiche a favore delle grandi multinazionali (sopratutto cinesi) cghe, con la promessa di sviluppo di un’agricoltura moderna, acquistano, a prezzo vile, grandi estensioni di terrino da adibire a coltivazioni intensive, a discapito delle popolazioni locali scacciate dalle terre degli avi e della difesa dell’ambiente e delle coltivazioni e della fauna autoctone. Da qui all’emissione di un mandato d’arresto per propaganda sovversiva, alla fuga in Italia nel 2010 il paso fu breve. In Italia ritorna nel Trentino, dove riprende ben presto , mettendoli in pratica, i suoi progetti di agricoltura ecosostenibile, dedicandosi all’allevamento  della capra “Mochena”, una specie autoctona minacciata dall’estinzione.Come lei stessa raccontava nella citata intervista, comincio’ con 15 capre “Mochene”, trovate su per i monti; “erano disperse,sono andata a prenderle con il sale.
Dopo ho cominciato a mungerle e a fare i formaggi ottenendo piccoli ricavi con cui ho finanziato l’azienda”. Gli inizi pero’ sono duri e per alcuni anni Agitu continua a .lavorare come barista per mantenere se’ e le sue caprette. Nel 2018, quando rilascia l’intervista, le difficolta’ iniziali sono state superate, l’azienda e’ cresciuta: delle 15 capre iniziali, si e’ giunti a 180 capre. L’azienda, denominata “La Capra Felice” produce formaggi di vari tipi, ricotte, formaggi erborinati, e yoghurt, prodotti che vengono venduti esclusivamente in Regione e senza intermediari, per legare di piu’ il consumatore al prodotto. Vuole Agitu fare il contrario di quello che hanno fatto le multinazionali in Etiopia, dove gli interessi economici hanno portato a espropriazioni di terreni, allo sfruttamentro della manodopera, alla distruzione dell’ambiente naturale; recupera terreni incolti, salva dall’estinzione animali autoctoni, rianima un territorio. Nel 2019, a giugno in piena emergenza Covid-19, Gudeta rilancia la sua sfida e apre a Trento la “Bottega della Capra Felice”.
E’ ancora felice questa ragazza venuta da lontano a difendere un territorio dall’abbandono e dallo spopolamento. Poi ieri il dramma che ha spento per sempre il sorriso di Agitu; un dipendente, un ghanese di 32 anni, tratto in arresto dopo la scoperta del cadavere da parte di alcuni vicini, allarmati perche’ Agitu, sempre puntuale, non si era presentata a un appuntamento, ne’ rispondeva al telefono, ha confessato di averla uccisa a colpi di martello e di averla poi violentata ancora agonizzante.
A giustificazione dell’efferrato gesto avrebbe addotto il mancato pagamento di una mensilita’ di salario. Il fatto ha provocato una forte impressione nel Trentino, ma anche fuori dalla Regione, in quanto Agitu era molto conosciuta per le sue battaglie in difesa dell’agricoltura sostenibila e della biodiversita, per i suoi interventi in trasmissioni televisive e per le sue interviste giornalistiche con la quale non si puo’ convivere’.
Nella serata di ieri una fiaccolata si e’ svolta nella Citta’ di Trento in omaggio alla sua figura. All’unanime cordoglio per la sua tragica sorte e alla solidarieta’ ai suoi familiari e alla comunita’ etiope in Italia.vorremmo si aggiungesse l’impegno delle tante Autorita’, enti, associazioni, politici, sindacati, ecc. a continuare il sogno di Agitu, per dimostrare che in Italia  chi ha un sogno e vuole lavorare e sacrificarsi per realizzarlo, puo’ farlo, senza dover fuggire all’estero. Il sacrificio di Agitu non deve essere vano.
Si trovi il modo o di aiutare i familiari a gestire l’azienda o si costituisca una fondazione ad hoc, o si trovi qualche altra modalita’. Non posso concludere l’articolo, senza alcune considerazioni e una domanda finale.. In questo caso non si puo’ ridurre il tutto a una questione di femminicidio o di maschilismo: bisogna uscire da questo schema. La vicenda, nella sua tragicita’ ci insegna che c’e’ una buona emigrazione che bisogna aiutare e sorreggere, ma che c’e’ una cattiva emigrazione. Agitu era una vera rifugiata, aveva un sogno da realizzare e una battaglia da combattere, in Etiopia le era stato impedito di farlo ed era riuscita, con sacrifici e lavorando duramente, a realizzarlo in Italia, in una terra dura e difficile come sono tutte le terre di montagna. Il suo assassino, venuto dal Ghana (un paese che non e’ in guerra con nessuno, che non e’ afflitto da conflitti interni, ne’ religiosi ne’ tribali, e che per di piu’ e’ tra i paesi africani a piu’ elevato tasso di sviluppo economico), da cosa era fuggito?

Aldo Rovito

Fonti: www.montagne.it, ANSA.it,, ilgiornaledivicenza.it

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