Un altro Natale

In questi giorni natalizi, mentre tutti ci lamentiamo delle restrizioni (alcune, peraltro cervellotiche) prese dai vari governanti dei nostri Paesi per fronteggiare la crisi del Covid-19, non a scopo consolatorio, ma per riflettere sui veri valori e il vero significato della vita, della morte e del Natale, mi e’ venuta in mente una canzone composta a meta’ degli anni ’40 dal cantante folk americano Woody Guthrie: ” Non ho mai visto una cosa così terribile / Portammo i nostri bambini su, accanto al loro albero di Natale / i poco di buono di fuori ancora ridevano / e gli immigrati che morirono furono settantatre”.

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La canzone si riferisce ad un episodio realmente avvenuto, appunto, nel 1913 a Calumet, Michigan, dove morirono 73 immigrati, tra cui 57 bambini. Questo episodio, dimenticato dalla storia, vive ancora nei versi di Guthrie e, con la sua canzone,proviamo a ricostruirlo per ricordare quei poveri bambini uccisi dalla “avidità di denaro“, come dice Guthrie, e per riportare alla nostra mente il ricordo della finlandese Sylvia Aaltonen morta a 3 anni, dell’italiana Jenny Giacoletto morta a 9 anni, della croata Rosie Jesic morta a cinque anni.
Iniziamo, con Guthrie, la nostra operazione-ricordo: “Fate un viaggio con me nel 1913 / a Calumet, Michigan, nel paese del rame“. Calumet, che si trova nella parte meridionale della penisola di Keweenaw protesa sul lago Superiore ai confini tra il Michigan e il Canada, era allora una cittadina che, dopo la scoperta di ricchi giacimenti di rame, era diventata in pochi anni uno dei centri più importanti del mondo per l’estrazione e il commercio di quel metallo.
Calumet era vorticosamente cresciuta fino a raggiungere i 60.000 abitanti. Vi erano minatori arrivati da tutta Europa: sloveni, croati, svedesi, russi, italiani, finlandesi.
Gli italiani, che erano la maggioranza degli immigrati, avevano costruito coi loro risparmi e mattone dopo mattone un edificio che funzionava da luogo di riunione e divertimento. La costruzione al piano terra aveva un bar, mentre al piano superiore vi era un salone dove si tenevano dibattiti, riunioni sindacali, conferenze, ma anche feste e balli. L’edificio, anche se veniva chiamato dagli abitanti di Calumet Italian Hall, era frequentato da immigrati e minatori di tutte le nazionalità.annie

La vita dei minatori di Calumet, a quel tempo, era dura, molto dura. Dieci dollari alla settimana di salario, dodici ore al giorno sottoterra, incidenti in miniera spesso mortali, in un’America così disinteressata alla sicurezza del lavoro che, come testimoniano foto dell’epoca, i costruttori edili imponevano a chi voleva essere assunto come muratore di camminare in equilibrio su una trave posta a decine di metri di altezza tra due palazzi.
Disperati, per le loro condizioni economiche e sociali, nel luglio 1913 i minatori di Calumet decisero di entrare in sciopero. Come leader avevano una donna, la croata Annie Clemenc, così combattiva da guadagnarsi l’appellativo di ‘Big Annie’.

Obiettivi dello sciopero erano tre dollari al giorno di salario e la riduzione a otto ore quotidiane di lavoro. Sciopero d’altri tempi, duro, frontale. I proprietari delle miniere rifiutarono qualsiasi concessione. Anzi, fecero intervenire contro le manifestazioni e i cortei dei lavoratori le truppe a cavallo della Guardia nazionale. Cominciato lo sciopero a luglio e sorretti solo dai magri risparmi e dalla solidarietá di parenti e amici, i minatori arrivarono a Natale stremati e senza nessuna prospettiva per l’inverno, il lungo, nevoso e gelido inverno del Michigan.

I minatori non vollero, però, rinunciare ad una festa di Natale per i loro figli. Una festa povera per bambini poveri: qualche nastrino colorato, un po’ di torte fatte in casa, alcuni cestini di frutta secca, una piccola orchestrina. Appuntamento al pomeriggio della vigilia di Natale nel salone della Italian Hall.

Le finlandesi Hilja Lanto (5 anni) e Ella Mantanen (10 anni), la croata Katarina Klarich (7 anni) si erano messe il loro vestitino più bello e un fiocco nei capelli, per quella festa di Natale. E come loro avevano fatto gli altri bambini.

Quei bambini, immigrati dall’Europa o nati in America, erano felici di potere per qualche ora dimenticare gli stenti e le privazioni quotidiane giocando e ballando, magari in modo un po’ goffo come fanno i bambini di tutto il mondo.

Fu in quel momento di serenità e di gioia, mentre una ragazzina suonando il pianoforte intonava una canzone natalizia che, come dice Guthrie, “gli scagnozzi dei boss del rame ficcarono la testa nella porta e uno di loro urlò: C’è un incendio! / Una donna gridò: “Non c’è niente del genere / continuate la festa, non c’è niente del genere“.

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Tutto inutile: presi dal panico gli orchestrali abbandonarono gli strumenti musicali, i genitori afferrarono i figli per precipitarsi fuori, i bambini si misero a piangere ed urlare terrorizzati. Ma quando le prime persone raggiunsero le uscite, trovarono le porte sbarrate dall’esterno. Nella Italian Hall si scatenò l’inferno. “E’ uno scherzo, è solo uno stupido scherzo”, urlava a squarciagola chi aveva capito cosa stava succedendo.

Continua la canzone: “Gli energumeni ridevano per il loro scherzo criminale / mentre i bambini venivano calpestati a morte sulle scale vicino alla porta”. Quando il terrore terminò e le porte furono finalmente spalancate e la folla accecata dall’angoscia e dalla paura fu fuori, sudata e -nello stesso tempo- infreddolita nella neve, cominciò la conta dei morti.

Fu un conteggio interminabile, con le mamme e i papà che risalivano le scale della Italian Hall chiamando disperati i nomi dei loro bambini e cercando i loro corpi tra i mucchi di cadaveri.
Le vittime furono 73: sloveni, croati, italiani e ben 49 finlandesi. La vittima più piccola aveva due anni. Quasi tutte le vittime avevano meno di dieci anni.

Lo sciopero finì nell’aprile 1914 con la completa disfatta dei minatori. Adesso, a parte la canzone d’ira e di dolore di Woody Guthrie, di quel massacro resta poco o niente. Calumet, finita l’era del rame, si è ridotta ad essere un villaggio dieci volte più piccolo di quello che era. L’Italian Hall è stata abbattuta una ventina di anni fa. Una sottoscrizione tentata per salvare l’edificio fallì. Resta, in mezzo ad un prato, come uno spettrale arco di dolore, il portone d’ingresso dell’edificio della strage. Restano delle foto terribili. Con i bambini morti stesi su un tavolo e coperti da un lenzuolo. Restano i nomi dei 73 morti del massacro del 1913 a Calumet, Michigan, Stati Uniti.
Inutile dire che non ci fu un processo e che nessuno pagò per il massacro della notte di Natale. In Italia in quell’epoca (l'”Italietta” di Giolittiana memoria), nessuna reazione.
Non è stata sicuramente la prima volta che una comunità italiana in un Paese straniero subisce violenze efferate senza che le autorità del luogo prendano provvedimenti. Come era accaduto a New Orleans nel 1891 quando la folla aveva massacrato una decina di italiani che non c’entravano niente con l’assassinio di un poliziotto locale. Come era accaduto nel corso di altri linciaggi come quelli di Tallulah in Luisiana nel 1899, di Aigues-Mortes in Provenza (1893), di Kalgoorlie in Australia (1934), solo per ricordare i maggiori.

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“Guardate che ha fatto la vostra avidità di denaro” cantava Woody Guthrie cogliendo bene la radice dei fatti.40 anni dopo. Di lì a pochi anni, un altro Americano, un Poeta, un grande Poeta, che contro ” l’avidita’ del denaro “, da Lui definita “USURA”, aveva scritto belle pagine di poesia(1), sarebbe finito, proprio per questo, prigioniero in un manicomio criminale negli USA.

(1) “With usura” ( Con Usura) Canto n. XLV di Ezra Pound

Con usura nessuno ha una solida casa
di pietra squadrata e liscia
per istoriarne la facciata.
con usura
non v’e’ chiesa con affreschi di paradiso
arpe e liutri,
e l’Annunciazione dell’Angel
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vededei Gonzaga eredi e
concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro
natura,
il tuo pane sara’ staccio vieto
arido come carta,
senza segala ne’ farina di grano duro,
usura appesantisce il tratto,
falsa i confini, con usura
nessuno trova residenza amena.
Si priva lo scalpellino della pietra,
il tessitre del telaio

CON USURA
la lana non giunge al mercato
e le pecore non rendono
peggio della peste e’ l’usura, spunta
l’ago in mano alle fanciulle
e confonde chi fila. Pietro Lombardo
non si fe’ con usura
Duccio non si fe’ con usura
ne’ Piero della Francesca o Zuan Bellini
ne’ fu “la Calunnia” dipinta con usura.
L’Angelico non si fe’ con usura, ne’
Ambrogio de Praedis,
nessuna chiesa di pietra viva firmata:
“Adamo me fecit”.
Con usura non sorsero
Saint Trophine e Saint Hilaire,
usura arrugginisce il cesello
arrugginisce arte ed artigiano
tarla la tela nel telaio, nessuno
apprende l’arte di intessere oro nell’ordito;
l’azzurro si incancrena con usura; non si
ricama
in cremisi, smeraldo non trova il suo
Memling
usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane amante
cede il letto a vecchi decrepiti,
si frappone tra giovani sposi

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CONTRO NATURA
Ad Eleusi han portato puttane
carogne crapulano
ospiti d’usura.

Riproduciamo di seguito il testo della canzone di Woody Guthrie nella traduzione italiana:

IL MASSACRO DEL 1913

Vieni insieme a me nel 1913
A Calumet, nel Michigan, la terra del rame.
Ti porterò in un posto chiamato “Casa Italiana”
Dove i minatori stanno facendo la loro gran festa di Natale.

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Ti farò passare per una porta, e in cima a uno scalone
Si sente dappertutto cantare e ballare.
Ti farò stringer le mani alla gente che vedi,
E guardare i bimbi che ballano attorno al grande albero di Natale.

Poi chiedi del lavoro, chiedi dei salari,
Ti dicono che prendono meno di un dollaro al giorno
Lavorando per soddisfare le richieste di rame, rischiando la vita,
E allora è così bello passare il Natale con le mogli e i figli.

Si parla, si ride, risuonano canzoni
C’è lo spirito natalizio, là, in ogni parte.
Prima ancora di saperlo sei già amico di noi tutti
E ti metti a ballare e a girare nella sala.

Beh, una bimba si siede vicino all’albero di Natale illuminato
A suonare il piano, e allora devi stare zitto.
E in mezzo a questa gioia non immagineresti proprio
Che gli sgherri assassini dei minerari, là fuori, stanno tramando qualcosa.

Gli scherani dei minerari s’intrufolarono attraverso la porta
E uno di loro gridò a squarciagola: “Al fuoco! Al fuoco!”
Una donna allora urlò: “Ma non c’è proprio un bel niente!
Continuate a far festa, non c’è proprio un bel niente!”

Qualcuno si precipitò fuori, ma erano solo in pochi:
“Sono solo gli sgherri e i crumiri che vi prendono in giro!”
Un uomo afferrò sua figlia e la portò giù di sotto,
Ma gli sgherri tenevano la porta e non poté uscire.

E poi arrivano altri, un centinaio e più,
E quasi tutti rimasero a terra.
Gli sgherri ridevano di quel loro scherzo assassino,
Mentre i bimbi soffocavano sulla scala vicino alla porta.

Una scena così terribile non l’ho mai veduta.
Riportammo su i nostri figli, al loro albero di Natale.
Là fuori gli sgherri ancora ridevano del loro tiro,
E i bambini che morirono furono settantatré.

Il piano suonava una lenta marcia funebre,
E la città era illuminata da una fredda luna di Natale.
I genitori piangevano, e i minatori singhiozzavano:
“Guardate che ha fatto la vostra avidità di denaro.”

Potete ascoltare la canzone di Woody Guthrie con le immagini del massacro in: http://www.youtube.com/watch?v=axCfNv8PFDg
Altre immagini di Calumet 1913 in: http://www.youtube.com/watch?v=Fx4QVNDm1ts
FONTI: 1) Giancarlo Restelli, in: restellistoria.altervista.org/author/admin/ 2) www.linterferenza.info/lettere/1913-usathe-italian-hall-massacre/.

Aldo Rovito

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