dibattito in occasione delle celebrazioni della battaglia di Marengo: Napoleone venne assassinato a Sant’Elena?

nella fotografia lo storico David G. Chandler (1934-2004; autore fra l’altro de “Le campagne di Napoleone”) e Claudio Braggio (“ufficiale” del 44° Gran Belgiojoso con alcuni militi del reparto di ricostruzione storica), durante “l’occupazione austriaca” della Cittadella di Alessandria, domenica 16 giugno 1997, in occasione del Congresso dell’Intenational Napoleonic Society presieduta da Ben Weider (1923-2008)

La pandemia ha sconvolto l’organizzazione di tutti gli eventi culturali, ma è comunque possibile pensare a diverse forme di coinvolgimento senza lasciar decadere temi di grande rilievo su cui permane alto l’interesse generale, come nel caso delle celebrazioni della battaglia di Marengo, a cui sono da sempre connessi elementi di carattere più generale su un periodo storico in cui il corso del Mondo ha decisamente cambiato direzione.

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Si possono organizzare dibattiti usando gli strumenti del collegamento i remoto ovvero avanzare riflessioni e, perché no?, anche provocazioni intellettuali, come quella venne a suo tempo avanzata, con decisione e caparbietà, dall’indimenticato Ben (Benjamin) Weider (Montreal 1923-2008), fondatore dell’International Napoleonic Society (di cui ho fatto parte, avendo anche la possibilità di incontrare il Presidente), che avanzò e si diede molto da fare per comprovare la tesi dell’assassinio di Napoleone Bonaparte, relegato a Sant’Elena (5 maggio 1821).

Un’ipotesi che trova fondamento nell’imbarazzo che l’Imperatore dei Francesi ancora in vita sapeva suscitare fra le teste coronate dell’epoca, che peraltro non si erano rese conto (ed il nostro egualmente) che quell’uomo il Mondo l’aveva ormai de finitamente cambiato, che nulla sarebbe più stato come prima.

Ucciderlo anche a costo di creare un martire, perché qualche anno prima aveva dimostrato quanto entusiasmo sarebbe stato ancora capace di suscitare, come al ritorno dall’isola d’Elba, il primo esilio (sbarcò in Francia il 1° marzo 1815).

In modo costante ed appassionato, Weider non si limitò ad avanzare l’ipotesi, ma scrisse libri, interpellò esperti, fece fare analisi da alcuni capelli (sì, il marchio che porta il suo nome è impresso su moltissimi strumenti da palestra), e quindi propugnò la tesi che ci fu avvelenamento da arsenico propinato in piccole dosi, che peraltro era presente in molti medicinali dell’epoca.

Non c’è mai stato coro unanime di assenso nei confronti di questa spiegazione, a sfondo complottista, e non vi sono elementi sufficienti per indirizzare sospetti nei confronti di chi avrebbe potuto attuare materialmente l’omicidio, pur se gli abitanti della “piccola isola” non erano molti.

Tuttavia, tutto questo non è importante quanto piuttosto il vero regalo che ci ha fatto Ben Weider, con il suo modo appassionato di affrontare tutti i temi del periodo napoleonico ovvero quello di mantenere alto il livello di attenzione su temi i cui riflessi sociali sono ben evidenti ancora oggi.

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