come e perché raccontare il mondo dell’arte (3) Il Giusto Valore dell’arte

(tratto dall’ArtFanZine “Come difendersi dall’arte”, stavolta pubblicato allo scopo di ricordare che gli artisti non sono dei privilegiati, anzi patiscono ora la gravità del momento e anche nel futuro subiranno difficoltò; in Piemonte vi sono migliaia di piccole attività, individuali (85mila) ovvero imprenditoriali (11mila), senza dimenticare circoli e le associazioni che vivono, anzi sopravvivono eppure offrono arte, spettacolo, intrattenimento di qualità e di cui abbiamo tutti quanti necessità sia per tener alto il morale, sia per rinsaldare i legami sociali)

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Comunque sia, l’arte è una popolare opportunità di investimento alternativa e fonte di libera espressione di idee, concetti, desideri in grado di creare ricchezza non soltanto in termini economici a lungo termine, grazie alla sua capacità di dar vita al buono ed al bello.

Perciò gli eventi culturali sono strategici, con ricadute positive concrete ed immediate per il ritorno di immagine che incrementa la reputazione delle aziende e delle istituzioni, meglio e con maggior accortezza rispetto alla semplice pubblicità.

Le forme di sostegno all’arte ed alla cultura producono sempre un impatto economico sui territori, con benefica mescolanza fra ritorni immateriali ed effetti economici, che può essere amplificata passando dalla sola contribuzione a sostegno delle spese alla compartecipazione all’offerta di servizi adeguati o addirittura alla co-organizzazione di eventi e manifestazioni.

Il valore dell’arte non lo fa il prezzo, come si potrebbe a pensare, bensì la sua collocazione nella storia e soprattutto nel presente di chi la osserva, in quanto bene collettivo e identitario meritevole di tutela e valorizzazione.

Difficile misurare il valore dell’arte, come pure definire un modello di valutazione, ma si è osservata la sua grande capacità di reagire alle crisi economiche, anche se il mercato dell’arte è per sua natura liquido, con livelli di rischio difficili da monitorare, alimentato da informazioni privilegiate o fasulle e conflitti d’interesse, talvolta mosso da una cerchia ristretta di persone.

Quindi il suo valore è determinato da vari fattori quali sono l’autore, il periodo storico dell’opera, la sua unicità, il soggetto, le dimensioni, lo stato di conservazione, le eventuali attribuzioni nei casi controversi, la provenienza, le pubblicazioni e la critica, senza dimenticare la certificazione museale e quegli elementi esterni fortemente variabili come la piazza d’offerta, la velocità di scambio, le modalità di vendita, la regolamentazione fiscale, il diritto alla circolazione, il gusto del momento, la liquidità sui mercati finanziari…

Tuttavia, l’arte contemporanea e le sue istituzioni possono talvolta entrare in contrasto con un pubblico che non le ritiene capaci di condividere i valori ampi della cultura popolare, generando scetticismo oppure rifiuto.

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Risposte non gradite all’artista, ma pur sempre legittime e ragionevoli, specialmente quando l’opera è troppo dipendente da spiegazioni verbali in forma di discorso teorico.

Il ruolo dello spettatore come partecipante ai fatti dell’arte emerge con forza tra gli anni Sessanta e Settanta in quanto conseguenza del processo di coinvolgimento attuato dalle istituzioni museali, forti della capacità di poter glorificare ogni opera elevandola dalla cronaca alla Storia.

Un passaggio che richiede una sorta di intervallo sacrale, un vuoto che solamente attuando un percorso liturgico è possibile superare favorendo la comprensione ovvero aggirando l’ostacolo mediante la creazione di miti.

L’opera non deve più essere confinata in luoghi deputati regolati da modalità convenzionali, ma può spaziare su nuovi terreni favorendo l’incontro con lo spettatore al fine di attuare una condivisione con l’artista, il quale opera con il linguaggio specifico dell’arte tentando di ribaltare ogni frammento in progetto di trasformazione della realtà.

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Così si assottiglia, fino a scomparire, la distinzione tra autore e fruitore.

Ciascuno di loro contribuisce ad alimentare un processo in cui viene esibita la maggior forza con cui le istituzioni propongono opere contemporanee, perché capaci di catalizzare l’attenzione.

L’arte come modello di comportamento alternativo, talvolta partecipato.

Una partecipazione estetica come vera e propria esperienza corporea che precede quella intellettuale, che genera divorzi oppure sostanziale indifferenza verso l’opera a causa dello sforzo teso ad intercettare la grande varietà dei possibili destinatari a cui ci si vuol rivolgere.

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(continua)